Non si tratta dell'ultima trovata radical-chic per spillare soldi alle cucine più ricche o alle sciure più modaiole, ma di una tradizione antichissima di origine mediorientale che già in tempi antichi è sbarcata in Asia e si è poi sviluppata nel mondo anglo-sassone. In Italia si è diffusa soprattutto al Nord
Assaggiare un profumo, degustando un fiore. Rosa, lavanda, violetta, nasturzio, erba cipollina, “soffioni” trasformati in marmellate, ingredienti da insalata, mousse, flan e dolci. Più che la leggerezza del “Pane e tulipani” raccontata da Silvio Soldini, la delicatezza di una crema ai tulipani da spalmare su un panino. In pratica, cibarsi di fiori.
Non si tratta dell’ultima trovata radical-chic per spillare soldi alle cucine più ricche o alle sciure più modaiole, ma di una tradizione antichissima di origine mediorientale che già in tempi antichi è sbarcata in Asia e si è poi sviluppata nel mondo anglo-sassone. La novità è che adesso in Italia non solo si diffonde la coltivazione dei fiori ad uso alimentare, ma vantiamo produttori che hanno innovato il disciplinare tradizionale diventando maestri anche all’estero. Così oggi i fiori finiscono in tavola, e sempre più spesso non solo come decorazione. Come racconta Viviana Zaltieri, che confeziona questi prodotti a Gazoldo degli Ippoliti (Mantova): «Da circa cinque anni abbiamo introdotto alcune portate con fiori commestibili. Ad esempio, prepariamo un risotto con il nasturzio indiano, una pianta semi rampicante con le foglie dal sapore un po’ piccante, che possono anche sostituire l’aceto». E poi insalate con la calendula e fiori rossi della salvia ananas, utilizzati anche per accompagnare dolci come la panna cotta.
La produzione e la lavorazione dei fiori ad uso alimentare si è diffusa soprattutto al Nord. E lombardo è anche il primo produttore nazionale Giovanni Bazzano, titolare dell’azienda agricola pavese “I Dossi” a Remondò di Gambolò.
Perché dedicarsi ai prodotti alimentari derivati dai fiori?
Ho frequentato la “Scuola di Minoprio”, il più prestigioso centro formativo italiano di floro-orto-frutticoltura. E poi vengo da Milano, dove i miei genitori possedevano la pasticceria “Fugazza”, una delle più note in città. Così ho fuso queste due competenze: l’imprinting di alta pasticceria e le conoscenze botaniche, e sono nati i nostri prodotti.
E quali sono quelli che vanno per la maggiore?
Lavoriamo principalmente quattro fiori: la rosa rugosa, il fiore del tarassaco (il “soffione”), i fiori di robigna e il fiore dell’erba cipollina. Da questi prepariamo confetture per prodotti d’abbinamento gastronomico, per dolci e formaggi, e anche preparati che finiscono sott’olio e sott’aceto.
Non si tratta esattamente di generi di prima necessità: chi sono i vostri principali clienti e quanto pagano?
Sicuramente le cucine di alta qualità, i ristoranti più raffinati e le gastronomie. Poi ci sono i privati: in ogni caso la nostra produzione annuale è sempre tutta esaurita. Il prezzo? Prendiamo le confetture: diciamo che costano un 25% in più di quelle a base di frutta di qualità. Ma noi coltiviamo la materia prima, che rappresenta l’80% di quello che è contenuto nelle nostre confetture.
Quali sono le proprietà di questi alimenti? Insomma, fanno bene? Sono buoni?
Prendi il tarassaco, che è un diuretico per eccellenza. Oppure i frutti di sambuco dal grande potere antiossidante. Anche se sono sicuramente meno ricchi di elementi nutrienti rispetto ai frutti freschi. Per quanto riguarda la loro percezione sensoriale, tutti i nostri prodotti conservano il profumo del fiore, il colore (senza uso di coloranti) e il sapore: qual è quest’ultimo? Immaginate di assaporare un profumo. Inoltre c’è la consistenza del prodotto finale: ad esempio, il sambuco di una certa densità è usato per accompagnare il gelato o la grappa. Lo stesso fiore, ma di diversa consistenza, può accompagnare alcuni formaggi.
Ma questo è un business che funziona? Ed è vero che ricevete richieste dall’estero?
Sì, principalmente dal Medio Oriente: in particolare da Dubai, dalla Turchia, dal Marocco e da Israele. Ma la domanda interna soddisfa la nostra produzione: tanto per dare una dimensione, noi produciamo 5 quintali petali di rosa l’anno da cui traiamo prodotti alimentari. E le richieste italiane esauriscono la nostra produzione. Funziona? Direi di sì: il nostro è un business in crescita, basti pensare che negli ultimi 7 anni il nostro volume d’affari è cresciuto mediamente del 27% ogni dodici mesi.
Il segreto del vostro successo?
Aver combinato la produzione tradizionale dei fiori ad uso alimentare con le tecniche di alta pasticceria, creando nuove combinazioni e suggestioni gastronomiche inedite.
di Gianluca Schinaia