La pubblicazione del trailer del film su Maometto “Innocence of Muslims” su Youtube ha scatenato, come si sa, una violenta reazione in alcuni paesi arabi. Il trailer del film dura solo di 14 minuti, su un totale di due ore, ma è bastata quell’anticipazione su YouTube per infiammare il mondo islamico.
La vicenda suggerisce alcune riflessioni.
I sistemi di condivisione dei contenuti come Youtube svolgono oggi un ruolo che si pensava potesse appartenere a media più tradizionali e con una velocità che appare oggi del tutto impensabile solo qualche anno fa, determinando però conseguenze che appare difficile prevedere.
I fatti di questi giorni ci dicono che i giovani di Tripoli, di Bengasi, del Cairo, di Damasco, tra i quali si confondono anche integralisti dalle intenzioni non chiare, possono non sapere nulla dei media occidentali e a volte nemmeno dei grandi canali satellitari panarabi, ma sanno perfettamente visualizzare un video su Youtube e accendere in pochi secondi la scintilla della rivolta.
Si ricorderà che gli scontri del 2005 relativi alle immagini satiriche su Maometto erano iniziati per la pubblicazione delle vignette su un giornale danese e le reazioni erano arrivate qualche giorno (addirittura mesi) con l’ulteriore contributo “intelligente” dell’On Calderoli, che si era pavoneggiato in tv con una eloquente maglietta.
Oggi gli scontri relativi al film satirico su Maometto sono iniziati pochi secondi dopo che si è diffuso il video su Youtube, e, a farne le spese, probabilmente, è stato in pochissime ore anche l’ambasciatore americano in Libia, innescando un meccanismo perverso a cui si è tentato di porre rimedio limitando precipitosamente la visione del trailer solo nei paesi Arabi. E qui, nonostante i buoni propositi (tardivi) si innescano ulteriori riflessioni in quanto il meccanismo di segnalazione e rimozione dei contenuti presenti sul portale pare fare acqua da tutte le parti, se è vero, come è vero che a farne le spese sono spesso coloro che violano (si fa per dire) il copyright per scopi lontani da qualsiasi logica commerciale.
Invece, contenuti in grado di scatenare una rivolta inavvertitamente (inavvertitamente?), oltretutto prodotti nello stesso paese del gestore del portale, in una sorta di nemesi tecnologica, passano tranquillamente le maglie della censura preventiva del portale. In questi mesi si è assistito ad una lunga sequela di errori, scaturita dalle segnalazioni di violazione del copyright.
Per fare un esempio Michelle Obama è stata lasciata in sospeso, proprio nel bel mezzo del discorso alla Convention Democratica, gli Hugo Awards, gli oscar della fantascienza, sono stati bloccati poco prima del discorso di Neil Gaiman. E persino il tanto atteso atterraggio di Curiosity su Marte è stato interrotto.
Si dirà, è la libertà di espressione che consente tutto ciò e che Google può decidere quali sistemi posizionare e quali diritti privilegiare nella rimozione dei contenuti.
Non è cosi, perché la libertà di espressione non può essere a due velocità (la difesa del copyright contro tutto il resto) né essere rimessa esclusivamente e discrezionalmente alla volontà di Google, che la esercita a seconda dei paesi e delle priorità di rimozione dei contenuti, non fosse altro perché le conseguenze di questo sistema, con il triste seguito di vite umane, sono sotto gli occhi di tutti.
I sistemi di rimozione del gigante statunitense, che ha annunciato nei mesi scorsi con grande clamore l’utilizzo di sistemi ipertecnologici di controllo delle violazioni di copyright, sembrano essere invece inadeguati, e forieri di errori e valutazioni tardive che appaiono sempre più errate o appiattite sul ruolo e sulla forza di chi segnala la violazione di copyright.
Il comune cittadino di fronte a fatti come questi, ma anche a frequenti episodi di rimozioni ingiustificate di video su Youtube, si chiede sempre più quali siano le regole che presiedono realmente al caricamento di contenuti e alla successiva rimozione, al di là delle regole formali del notice and take down a cui dice di attenersi Yotube, e che il navigatore non è in grado non solo di sindacare, ma a volte nemmeno di comprendere.
In definitiva il nuovo ruolo di Youtube come media onnicomprensivo in grado di sostituirsi rapidissimamente a qualsiasi fonte informativa dovrebbe consigliare al portale mondiale di condivisione una trattazione più approfondita e meno superficiale del sistema di segnalazione e di rimozione dei contenuti.
Il sistema dovrebbe essere in grado di impedire che asserite violazioni di copyright (che violazioni non sono) godano di una priorità assoluta, tecnologica ed umana, ed essere altresì in grado di privilegiare un sistema di rimozione (e di regole connesse) dei contenuto a tutela dei reali diritti dei cittadini e, in qualche caso della stessa vita umana.