Le primarie del Pd incominciano a farsi interessanti. I candidati sono diventati tre. E altamente simbolici. Prima c’erano, come in un film western, “Il giovane e il vecchio”. Adesso c’è anche “la donna”, Laura Puppato. E non se ne sta nel saloon a occuparsi del riposo del cowboy, bensì sul campo, pronta a combattere lealmente. S’è notata poco, Laura, finora. Fa il sindaco da dieci anni. Non è vistosa, non si nutre di visibilità, non ciancia di alleanze e di veti, non lancia scomuniche. Lavora. Trionfa così nel nord-est, leva spazio ai leghisti perché cura con minuzia ecologista il territorio. Leva spazio ai grillini perché non è ammuffita, non inciucia, non parla una lingua morta.
Ha 55 anni, che per fare la patatina di contorno sono troppi, ma per fare il segretario (parola che declinata al femminile cambia senso) di partito vanno benissimo. Ha una bella faccia tonda, i capelli come le pare e due franchi occhi azzurri. La sua voce ha un timbro diverso. Concreto però alto, duro eppure inclusivo. Per le decine di migliaia di stanchi della sinistra, ma psichicamente dipendenti dal bisogno di votarla ancora, potrebbe essere un incentivo a uscir di casa e recarsi alle urne. Per le donne si tratta di acquisire un automatismo urgente: Votiamone una per piazzarne mille. Cogliamo ogni occasione. Adesso!
Il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2012