Proprio come Olly Jones, in arte Skream, anche Adegbenga Adejumo aka Benga viene da Croydon, South London, laddove il dubstep è nato e si è sviluppato nel solco di ciò che Simon Reynolds ha definito “hardcore continuum”: oltre vent’anni di cultura musicale elettronica emersa dalla scena rave inglese che, assimilando di volta in volta differenti influenze, ha condotto nel corso del tempo a molteplici nuove forme riconducibili tuttavia ad una matrice comune, dalla jungle al 2step, dallo UK garage al grime, dalla drum ‘n’ bass al dubstep. Inutile dire quale importanza decisiva abbiano rivestito la house, la techno, l’hip hop e la musica dub, reggae, dancehall nel forgiare e modellare di volta in volta questi stili. Non è un caso se il dubstep è stato generato proprio nelle aree metropolitane londinesi in cui più alti sono la concentrazione ed il numero di persone di origini giamaicane.
Tutte queste musiche in cui le basslines e le ritmiche assumono un ruolo centrale discendono appunto dagli esperimenti dei grandi padri caraibici come Lee Scratch Perry, King Jammy, King Tubby, U-Roy, Scientist, per citarne solo alcuni. A tal proposito Dub Echoes è un bel documentario di Bruno Natal, prodotto dalla Soul Jazz Films, che racconta la storia della dub music, dalla sua nascita a Kingston sul finire dei Sessanta fino all’influsso decisivo su tutta la moderna elettronica fino a Kode9 e Roots Manuva. Per inciso: dovremmo forse altresì ricordare che alcuni dei capolavori del post-punk inglese, da Sandinista dei Clash a Metal Box dei P.I.L., da Cut delle Slits a Y del Pop Group non sarebbero probabilmente mai stati concepiti senza l’immigrazione caraibica nelle periferie delle città inglesi, laddove la Union Jack, la bandiera britannica, lascia talvolta il posto al giallo, rosso e verde dei rastafariani. Nemmeno tutto lo ska revival dei Madness, Specials e compagnia, se è per questo, ma qui rischiamo seriamente di andare off-topic.
Insieme a Horsepower Productions ed altri, El-B è stato uno dei precursori, una dozzina d’anni fa, nella fase germinale e di passaggio che sfocerà in quello che possiamo connotare come il decennio del dubstep. In un’intervista contenuta in Londra Zero Zero, sottotitolo “strade bastarde musica bastarda”, l’interessante libro di Lorenzo Fe pubblicato da Agenzia X, il produttore inglese spiega che “se vuoi fare musica il sud è un ottimo posto per crescere. Metà della gente che faceva jungle veniva dalle mie parti mentre il resto stava a est, moltissimi erano proprio di Hackney. Se guardi una mappa di South London c’è tutta una linea che passa per Peckham, Camberwell, Brixton e Streatham, e questa striscia di terra contiene una concentrazione incredibile di produttori. E fanno tutti musica cupa, come la nostra zona.”
Ecco, scendete ancora un po’ più giù verso sud e c’è Croydon, il quartiere in cui sono cresciuti alcuni dei nostri più apprezzati beniamini, dai Digital Mystikz, la coppia di produttori composta da Mala e Coki, a Greg Sanders aka Distance. E a Croydon c’era il negozio di dischi Big Apple Records di DJ Hatcha, uno dei punti di ritrovo della pionieristica scena dubstep: qui si incontrano appena quindicenni Benga e Skream. Ed è subito amicizia e sodalizio artistico. Sarà che i giovani inglesi sono precoci, basta dare un occhio all’età media dei nuovi producers, sta di fatto che sbarbi e non ancora maggiorenni i due pubblicano alcune perle precorritrici dei tempi. Skank, primo singolo di Benga nel 2002, è già imperniato su un bassone “wobble” memorabile mentre l’anno successivo arriveranno due EP frutto della collaborazione delle loro brillanti menti, The Judgement ed Hydro / Elektro.
Le carriere proseguiranno poi più o meno parallelamente nel corso del decennio, perlomeno sino al debutto del nuovo trio allestito insieme ad Artwork, Magnetic Man: con questa ragione sociale uscirà il loro album omonimo nel 2010, disco che incarna il definitivo sdoganamento commerciale del dubstep in direzione del riconoscimento mainstream di un suono omogeneizzato da dare in pasto alle grandi folle. Avendo assistito alla prima mondiale del suo nuovo live lo scorso giugno al Primavera Sound di Barcellona posso confermare che sono queste, al momento, le scelte artistiche e la dimensione di Benga: ascoltando il nuovo singolo Pour Your Love ft. Marlene non si può non cogliere che la strada imboccata dall’afro warrior è quella della monetizzazione, in un’epoca in cui il dubstep, nelle forme in cui storicamente l’abbiamo conosciuto nello scorso decennio, ha già da tempo raggiunto l’apice e parzialmente esaurito la propria forza propulsiva. Del resto basta dare un’occhiata ai commenti postati da alcuni fans sulla sua pagina facebook, cose del tipo “Dov’è il vecchio Benga? Questo non è Benga!” e “Fa schifo se paragonato alla roba vecchia!” e poi “E’ deprimente… sei alla disperata ricerca di soldi oppure l’etichetta ti ha preso per le palle?” ed ancora “Spero che con questa roba tu faccia abbastanza soldi da poter tornare a fare i pezzi che spaccano!”. Mi dispiace enormemente dover convenire con tutte queste critiche, peraltro tutte molto appassionate ed ironiche, mai sprezzanti, che lasciano trasparire amore genuino per la sua musica.
Anche se i segnali sono questi speriamo ovviamente di essere smentiti perché Adegbenga Adejumo ha pubblicato tra 2006 e 2008 due album splendidi come Newstep e soprattutto Diary of an Afro Warrior (uscito su Tempa, l’etichetta regina del dubstep) ma anche altri singoli ed EP spintissimi, strepitosi e molto hardcore come ad esempio Phaze:One, sempre su Tempa, soltanto un paio d’anni fa. Passeggiavi per Londra e dalle macchine in corsa uscivano a tutto volume i bassi killer e la melodia malata di Night, il capolavoro del guerriero del dubstep.
Con Benga e Youngman, anch’egli proveniente dal Regno Unito, si apre sabato 15 settembre la stagione del Kindergarten. E’ la prima delle serate denominate Garage e dedicate a dubstep, bass, techno e house. Nella notte si esibiranno anche il bravo Cixxxj, Kappasaur nonché i Garage Djs in fase di warm up.