Ritengo che dopo la querelle Ingroia e Napolitano sia necessario ritornare a parlare, realmente, di giustizia. Quella vera, quella che colpisce i ceti sociali che una volta venivano definiti “subalterni”. Quella giustizia che vede, in carceri vergognose, il 42% dei detenuti in attesa di giudizio (28.000 detenuti).
Se i giornali, tutti, dedicassero anche solo un decimo dello spazio dedicato alle intercettazioni presidenziali al fatto che di quel 42% di carcerati una fetta consistente andrà assolta, si riuscirebbe a comprendere come il “ben altrismo” , in questo caso, deve essere rivolto a coloro che si dedicano allo scontro tra istituzioni dello Stato. Che esiste, che è persistente, intendiamoci, ma marginale rispetto al tema Giustizia, processo penale (tralasciamo quello civile, per carità di patria), garanzie.
Da venti anni a questa parte, il tema Giustizia, è stato assorbito interamente dal conflitto tra magistratura e politica. Si tralascia il fatto che entrambe, unitamente ad altre categorie (prima tra tutte, l’avvocatura), sono parte in causa di una sofferenza che investe decine di migliaia di persone. E, con buona pace di tutti coloro a cui schiumano le labbra quando si parla di carcerati, sono migliaia le persone (assolte successivamente) la cui unica, vera disgrazia, è quella di vivere in Italia, di confrontarsi con una politica inetta, una avvocatura affarista, una magistratura egoriferita.
I principi costituzionali, in tema di giustizia, sono calpestati quotidianamente. Ma, in questo caso, nessuno della società degli onesti, si erge a denunciare questo calpestio. Non ne vale la pena perché questa macelleria giudiziaria ha nelle categorie professionali sopra menzionate i protagonisti attivi, e nella opinione pubblica (il narcotizzato popolo) i referenti passivi.
Ma se si riduce la questione Giustizia ad una osservazione dal buco della serratura degli interesse di una o dell’altra categoria professionale, non se ne esce. Se si svia l’attenzione dalla considerazione che la Giustizia è, forse, il settore più disastrato di questa Repubblica (ben più della Sanità e della Istruzione), e che riguarda milioni di individui (3.400.000 processi penali pendenti nell’anno 2011), ogni sforzo teso a rinvigorire il senso etico dei cittadini si tramuterà in un sempre più evidente desiderio di vendetta.