Sette attivisti avevano protestato in Provincia dov'era in programma un'iniziativa di CasaPound: il tribunale ordina una settimana di carcere. La stessa Procura aveva archiviato gli esposti sul Movimento fascismo e libertà
“L’antifascismo non è un optional – scrisse alcuni anni fa Antonio Tabucchi, in una lettera inviata all’allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi – bensì un valore fondante della nostra Repubblica, al quale non si può rinunciare”. In quell’occasione lo scrittore (scomparso lo scorso marzo) espresse anche i timori per la deriva fascista, in cui il nostro Paese sarebbe potuto precipitare. Una paura, oggi – e probabilmente anche ieri –, tutt’altro che incomprensibile, se si pensa a qualche nostalgico presente sui banchi del Parlamento, alle cerimonie per la celebrazione di gerarchi fascisti o alle continue e impunite spedizioni squadriste.
E l’antifascismo? Si combatte. Proprio così. E’ quello che sta avvenendo in questi ultimi tempi. Come ad esempio ad Isernia, dove il 29 ottobre dello scorso anno, un gruppo di militanti antifascisti si permise di contestare l’iniziativa culturale – la presentazione di un romanzo su CasaPound – organizzata dai sedicenti “fascisti del terzo millennio” in una sala della Provincia. Nei giorni precedenti, proprio per quella concessione di uno spazio dell’edificio istituzionale, decine furono le associazioni che protestarono. Poche settimane fa – a quasi un anno di distanza – per sette degli attivisti del comitato antifascista del Molise, che parteciparono a quella manifestazione, è arrivato un decreto penale di condanna: una settimana di carcere, tramutata in una pena pecuniaria di 1.350 euro per ognuno di essi.
Il Tribunale di Isernia, sulla base di un Regio decreto, emanato durante il fascismo (773/1931), ha contestato ai sette antifascisti l’“allontanamento dal luogo dove si sarebbe dovuto tenere il sit-in preannunciato”. Ma a lasciare perplessi è il prosieguo della motivazioni della sentenza di condanna: “(…) e avendo raggiunto via Graziani, in prossimità del palazzo della Provincia (dove appunto si stava tenendo l’iniziativa culturale di CasaPound, ndr), gridando slogan del tipo “il Molise è antifascista” ed intonando la canzone “Bella ciao””.
Il motivo simbolo della Resistenza al nazi-fascismo probabilmente turbò gli animi delle “tartarughe nere” e forse anche di qualcun altro – ultimamente quello stesso brano, eseguito da Bregovic alla Notte della Taranta, ha suscitato anche le proteste del centrodestra pugliese. “Quello di Isernia – ricorda Italo Di Sabato, segretario regionale di Rifondazione Comunista in Molise – è lo stesso Tribunale che archiviò gli esposti contro la riorganizzazione e l’apologia del fascismo”, presentati quando sul territorio isernino iniziò a prender piede il Mfl (Movimento fascismo e libertà). Ad oggi ancora attivo.
Ma la stessa sorte adesso potrebbe toccare anche ad un altro militante antifascista che, lo scorso 7 gennaio, dopo essersi radunato insieme ad altre duecento persone davanti la sede del comitato antifascista del quartiere romano dell’Alberone, iniziò come gli altri ad intonare alcuni slogan di protesta. A poche centinaia di metri, davanti alla sede dell’ex Msi di via Acca Larentia, si stava infatti tenendo – come ogni anno – la manifestazione organizzata dall’estrema destra, per ricordare l’assassinio di tre militanti del Fronte della Gioventù. Un vero e proprio tripudio di saluti romani, bandiere nere e croci celtiche.
Ma a differenza della manifestazione dei “camerati”, il presidio antifascista – “indetto ogni anno, anche per difendere la nostra sede da raid come quelli registrati in passato”, dicono i promotori – non era autorizzato. Forse non lo è mai stato, anche se in qualche modo veniva “tollerato”. Ma non quest’anno. Davanti alla sede del comitato, le forze dell’ordine – infiltrandosi in borghese tra i manifestanti che continuavano a gridare slogan antifascisti – scattarono alcune foto. Dall’esame delle immagini, di quegli oltre 200 manifestanti – tra i quali anche ex consiglieri comunali e rappresentanti cittadini di partito – ne venne riconosciuto soltanto uno.
E subito denunciato per “manifestazione non autorizzata” – reato contemplato dallo stesso decreto regio, rispolverato dai giudici di Isernia – e per aver gridato quegli slogan. Il procedimento è andato avanti, fino alla fine. E nei giorni scorsi il giovane militante antifascista si è visto notificare l’atto col quale la Procura gli ha chiesto di presentare una memoria difensiva e comunicare il nome del suo legale di fiducia. La condanna dunque potrebbe presto arrivare anche per lui. Ma a Roma, come in altre città, le bandiere nere continueranno a sventolare indisturbate.