Finisce il decennio di Alberoni al Centro Sperimentale di Cinematografia: finalmente una buona notizia per il cinema italiano. E’ una specie di 25 luglio quello che si vive in queste ore, dopo la notizia della nomina di Stefano Rulli alla presidenza della più prestigiosa scuola di cinema d’Italia. Da dieci anni, sotto una patina peraltro sempre più sbiadita di efficientismo Berlusconi-style, il Centro era intorpidito in un clima di rassegnazione che faceva presagire un magro destino. Due mesi fa, infatti, il governo aveva provato a ridisegnare con la spending review l’assetto del Centro Sperimentale immaginandolo come un Istituto Centrale dipendente dal Ministero dei Beni Culturali e privandolo di fatto della Cineteca, che sarebbe passata al Luce. Poi, in sede di conversione del decreto, la marcia indietro del governo. E oggi la nomina che sembra aprire una nuova era.

Rulli è un uomo di cinema completo: già critico militante, è uno dei migliori sceneggiatori italiani (tra l’altro di Amelio, Bellocchio, Giordana, Luchetti) ed è il presidente dei 100 autori. La scelta di Ornaghi è dunque felice, e le prime parole del neo-presidente, che si dice pronto a ripensare i modelli formativi per adeguarli alle nuove esigenze del cinema, lasciano ben sperare. Ma il Centro Sperimentale non è solo il presidente: ci sono molti dirigenti che potrebbero essere agevolmente ridotti (solo loro costano più di un milione degli undici milioni e mezzo di bilancio del Centro!), ci sono servizi che andrebbero ripensati dalle fondamenta per fare del Centro Sperimentale la vera fucina non solo delle nuove leve professionali del cinema – è questa la sua mission principale – ma anche della vita cinematografica nel suo complesso, nel momento in cui il cinema sta cambiando pelle sotto tutti i punti di vista (il Centro non ha da dire nulla su fenomeni come Youtube o sulle smart cities? E come pensa di gestire la Cineteca il prossimo passaggio al digitale?).

Per far questo occorrono poche ma serie misure capaci di imprimere alla gestione del Centro una decisa svolta: ci vuole un Consiglio d’amministrazione i cui membri non siano succubi dei partiti (e i primi nomi che circolano fanno ben sperare), ci vuole un Comitato scientifico che faccia di questa bellissima e gloriosa istituzione un fiore all’occhiello della cultura italiana e non soltanto un carrozzone slabbrato, ci vuole una dirigenza essenziale ma davvero guidata da un progetto culturale forte, in grado di riorganizzare la vita interna dei diversi settori. Ci vuole soprattutto una capacità di immaginare il cinema non con gli occhi rivolti al passato né soltanto con la mano al portafogli, ma con la fiducia nel gesto creativo e un po’ folle, come diceva François Truffaut, che lo anima.

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