“Altro che stare zitti. E’ una stagione che impone ai magistrati l’obbligo di parola”. Lo dice Gian Carlo Caselli, procuratore capo di Torino, in una intervista rilasciata al periodico Micromega. “La minaccia all’imparzialità delle toghe – per Caselli – deriva dalla partecipazione alla gestione del potere, non certamente dalla partecipazione al dibattito politico-culturale. Da sempre, e specialmente negli ultimi 25 anni, la politica o comunque una parte consistente della politica ha delegato alla magistratura l’intervento e, se possibile, la soluzione di problemi che la politica non sa come affrontare e risolvere. La storia del nostro Paese è costellata di deleghe. C’e’ stata la delega alle forze dell’ordine e alla magistratura per il terrorismo – spiega Caselli -, per le stragi cosiddette di destra, per la corruzione, per la sicurezza sui posti di lavoro, l’Ilva di Taranto è una clamorosa dimostrazione di quello che sto dicendo, per i problemi di fine vita e, infine, per quelli di mafia. In particolare sui rapporti tra mafia e politica, di cui le cosiddette trattative sono l’ultimo capitolo”.
Caselli, già intervenuto di suo pugno sul Fatto Quotidiano per commentare sulle parole del presidente dell’Anm, Rocco Sabelli, rispetto alle critiche rivolte ai magistrati è chiaro: “Quando si supera il limite segnalato da una certa asticella, idealmente tracciato dallo stesso potere politico che delega, la magistratura deve mettere in conto di essere fatta oggetto di polemiche, attacchi, di un vero e proprio assalto alla giustizia”. Secondo Caselli “oggi si giudica in base alla convenienza, l’utilità e il vantaggio. Se tu magistrato fai una cosa che mi piace o che mi può venire utile, o può venire utile a qualcuno della mia cordata, allora ti lascio tranquillo o addirittura parlo bene di te. Ma se mi tocchi, se tocchi gli interessi della mia cordata, devi mettere in conto che entri nell’occhio del ciclone. Questo è devastante e spiega molte esasperazioni e strumentalizzazioni. Il magistrato deve essere valutato in base al rigore del suo lavoro, delle motivazioni che lo sostengono”.
Rispetto alla trattativa Stato-mafia: “La ricerca da parte di tutti di un rasserenamento della situazione, che consenta scelte in un clima di ritrovata normalità, è un obiettivo sacrosanto. Fermo restando l’assoluto rispetto dovuto, e che personalmente ho, all’istituzione Capo dello Stato – conclude Caselli – credo che discutere sull’opportunità o meno del conflitto che il presidente Napolitano ha sollevato sia, in democrazia, ben possibile. Condivido, nel contempo, la preoccupazione di molti, secondo cui occorre fare di tutto affinché la situazione che si è determinata non venga utilizzata per cattive riforme, in particolare sul versante delle intercettazioni”.