Il direttore del Tg di La7 affida a un tweet il suo commento sulla manifestazione di interesse avanzata dal Biscione. In caso di acquisizione, andrebbe via. La Fnsi in una nota: "Assetto delle comunicazioni in Italia è segnato da oligopoli. C'è un problema di pluralismo e un problema di tenuta industriale"
”Mediaset compra La7?”Se fosse così, il direttore del Tg de la7 Enrico Mentana, lascerebbe “ne bis in idem”, senza ripetere due volte l’esperienza con lo stesso editore. In un tweet ha considerato l’ipotesi solo “un’offerta di disturbo, ma quando cambia l’editore è inutile gridare al lupo”. In un editoriale nell’edizione del telegiornale, ha poi aggiunto: “Se Berlusconi torna premier avrebbe il controllo di Mediaset, di gran parte della Rai, come i suoi predecessori, e con La7 controllerebbe tutta l’informazione in chiaro, forse è un po’ troppo. Questa tv è cresciuta proprio perché alternativa a Mediaset, lo sarebbe meno se ne facesse parte”. E, riferendosi al suo passato, ha sottolineato come tre anni e mezzo fa, sia stato costretto a lasciare Mediaset, non per sua scelta, ma per una “rottura sulla libertà di informazione”. Adesso, “la domanda deve essere posta alle Authority, alle autorità garanti Antitrust e delle Comunicazioni.Se davvero si scopre che non c’è nulla, non c’è una legge, che ostacoli l’operazione, allora -ha detto ancora- aspettiamo di vedere se quella di Mediaset sarà l’offerta migliore”.
Le vere intenzioni di Mediaset, si conosceranno soltanto il 24 settembre, data ultima per la presentazione delle offerte comunque non vincolanti per l’acquisizione sia di La7 che di Timb (Telecom Italia Media Broadcasting). Su Twitter anche il commento di Giancarlo Leone, direttore dell’intrattenimento Rai: “Sembra un diversivo l’ipotesi di interesse Mediaset verso TiMedia. Capisco le frequenze, ma non credo nel loro interesse per La7”.
Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, considera la scelta ”più che una manifestazione di interesse, piuttosto l’ennesima manifestazione di un conflitto di interesse che non ha conosciuto argini nemmeno nella stagione del cosiddetto governo tecnico”. Lo afferma in una nota: “Restiamo in attesa di sapere quali iniziative intendano assumere a tutela dell’interesse generale le autorità di garanzia della comunicazione e le autorità antitrust per prevenire ulteriori fenomeni di concentrazione e di riduzione di un pluralismo industriale ed editoriale già abbastanza limitato. Non a caso in tutte le graduatorie internazionali continuiamo ad occupare posizioni assolutamente disonorevoli in una nazione che voglia definirsi civile”.
Per Paolo Gentiloni, deputato del Pd, che Mediaset abbia intenzione di proseguire all’acquisizione, non è certo, quel che è certo, “è che non può farlo“. “Ci sono innanzitutto precisi limiti ex ante – commenta – fissati dalla Comunità Europea e da norme italiane sul numero massimo di multiplex e di programmi. Ma aldilà di questo c’è l’ovvia constatazione che nessuna autorità antitrust potrebbe mai consentire al gruppo dominante nella Tv commerciale di acquisire il suo unico competitore sul fronte sia degli ascolti che della raccolta pubblicitaria”. E dal suo blog Gad Lerner invita ad evitare “gli psicodrammi”. “Non facciamo di ogni erba un fascio: fra gli altri investitori e manager che manifestano interesse per La7 vi sono ottimi professionisti come Urbano Cairo, Claudio Sposito, Marco Bassetti, che in passato hanno lavorato nell’orbita Mediaset, ma non per questo vanno etichettati come prestanome berlusconiani. Altrimenti dovremmo liquidare come tali anche Mentana e Santoro solo perchè hanno lavorato su quelle reti”.
Il Governo “dovrà rispondere in Aula alle interrogazioni sulla vicenda” ha affermato invece Vincenzo Vita, senatore PD in commissione vigilanza Rai. “Tra l’altro, con estrema leggerezza, si parla di un’offerta da parte di un gruppo che non può minimamente acquisire altre emittenti – aggiunge – pena la violazione delle già molto deboli norme anti trust. E allora di che si tratta? Oppure è talmente ancora forte la sub-cultura del conflitto di interessi da rendere innocue le leggi in materia? E’ lecito attendersi un’immediata smentita. Come si vede, la questione televisiva continua ad essere imperterrita l’anomalia italiana. E non c’è governo tecnico che tenga”.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana in una nota sulle voci emerse in queste ultime ore, descrive l’interesse di Mediaset all’acquisto come esempio di una verità evidente e rimossa: “L’assetto delle comunicazioni nel nostro Paese è rimasto esattamente identico a quello garantito per anni dalla presenza di Berlusconi a Palazzo Chigi. Un sistema segnato dunque in modo profondo dagli oligopoli, ed esposto persino ad ulteriori rischi di concentrazione, come attestano le indiscrezioni riportate sui quotidiani di oggi; che fanno seguito ai dubbi sull’operazione e alle contrarietà sulle forme già espressi dal sindacato dei giornalisti”. “Mario Monti guida il governo da dieci mesi, ma le regole del sistema sono le stesse per le quali l’Europa da anni ci guarda con sospetto. Rivedere la governance della Rai si è rivelata missione impossibile, l’asta delle frequenze sembra impantanata, mentre l’emittenza locale sta sprofondando in una crisi drammatica”.
La Fnsi evidenzia “un problema di pluralismo (cioè di democrazia) e un problema di tenuta industriale (cioè di posti di lavoro). Per entrambe le ragioni è vivamente richiesta una manifestazione di interesse al tema da parte dell’esecutivo: dal quale vorremmo sapere innanzitutto se ritenga auspicabile (e compatibile con la pur permissiva legislazione vigente) che il numero dei “poli” italiani, già esiguo, si contragga ancora di più”. Il sindacato dei giornalisti pertanto “sollecita le forze politiche: i partiti hanno il dovere di parlare senza inganni sul tema, e dire parole chiare anche sui tanti conflitti di interesse (non c’è solo quello berlusconiano) che pesano sul nostro sistema dei media”. E, conclude, “lo devono fare tanto più ora che si apprestano a chiedere il consenso dei cittadini nella campagna elettorale ormai avviata”.