Ripoli è diventato "il paese più monitorato d'Europa", ma i lavori continuano. E dopo una trentina di denunce alle forze dell'ordine per i danni alle proprie case, gli abitanti del piccolo paese appenninico si ribellano al sindaco e a un assessore regionale responsabili della loro situazione
I cittadini di Ripoli, il paese che vive sulla frana riattivata dai lavori per la Variante di valico, si rivolgono al ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri. Se infatti i lavori di Società Autostrade sono ripresi da mesi, anche la frana continua a muoversi. Con l’avanzare della galleria Val di Sambro – lunga 4 chilometri – nuovi fronti franosi si riattivano, mentre le zone già attraversate non si fermano nel loro scivolamento a valle. Le parole utilizzate nella lettera al Viminale dal Comitato Autosole sono dure e parlano del “disastro determinato da una costante, cosciente, reiterata scelta strategica di opportunità politica, economica e finanziaria che gli azionisti di riferimento della Concessionaria Autostrade hanno volutamente ignorato fottendosene [sic] del futuro di Ripoli, con i suoi 339 presenti, 270 abitazioni residenziali e 210 di altro uso”.
Gli abitanti della frazione di San Benedetto Val di Sambro sull’appennino bolognese dopo aver mobilitato tutta la politica locale ora provano il salto di qualità. A dire il vero il consiglio regionale nel febbraio del 2012 aveva votato all’unanimità per una sospensione dei lavori. I consiglieri chiedevano che si attendessero gli esiti delle indagini della Procura di Bologna. Ma l’indicazione dell’assemblea è rimasta inascoltata e i lavori sono continuati.
I magistrati del capoluogo emiliano dal canto loro hanno infatti aperto un’inchiesta, per ora senza indagati, per accertare chi abbia causato la frana e per il reato di danno colposo (articoli 426 e 449 del codice penale). Ma per le perizie degli inquirenti, che stanno studiando la storia dei movimenti della frana, che era quiescente e ora è attiva, ci vorranno almeno altri tre mesi.
E nessuno si prende la responsabilità di fermarli. Non il sindaco, Gianluca Stefanini. Non il prefetto di Bologna, Angelo Tranfaglia, che dopo essersi speso chiamando studiosi di primo livello per dare rassicurazioni ai cittadini, ha poi dato il nulla osta a gli scavi. In una lettera al comitato del 11 luglio, Tranfaglia ha “preso atto che allo stato, sulla scorta delle valutazioni tecniche unanimemente espresse, non sussistono elementi ostativi all’ulteriore prosecuzione dei lavori, che devono essere comunque realizzati in presenza di continue verifiche in corso d’opera”.
Eppure gli studiosi di Ispra e Cnr erano stati chiari: “È del tutto possibile che il prossimo anno o fra dieci anni ci siano delle frane, nelle zone interessate da vicino dagli scavi la probabilità è maggiore. Quantificare questo e dire se siamo oltre un livello di rischio accettabile è impossibile”.
Dino Ricci, il geometra in pensione che guida il comitato dei ripolesi, ripercorre la vicenda della frana nella lettera al ministro. “Man mano che si procedeva con gli scavi di avanzamento, tutti i preesistenti corpi di frana in stato di quiescenza – si legge – a causa delle disturbanze indotte dall’arcaico e lento metodo di scavo col martellone hanno trasformato l’ammasso da quiescente in frane attive”.
Poi la lettera alla titolare degli Interni passa in rassegna i danni iniziati cinque anni fa con gli scavi: “Nelle tratte di galleria eseguite – scrive il comitato – si sono create una serie di lunghe e profonde spaccature nei terreni, nei boschi e lungo le strade asfaltate”. Poi ci sono le case, “coinvolte e trascinate nello scivolamento verso il fiume” in cui “sono apparse estese presenze di crepe, fessure, lesioni e distacchi”.
Intanto proprio martedì 11 settembre, mentre la lettera partiva per Roma, è stato presentato dal sindaco ai cittadini il Piano di emergenza, voluto proprio dai tecnici dell’Ispra e del Cnr come condizione per la ripresa dei lavori. I ripolesi tuttavia non sembrano soddisfatti e hanno ripreso a rivolgersi alla giustizia: sono già almeno una trentina infatti le denunce alle forze dell’ordine, per ora contro ignoti per i danni causati alle loro case dai lavori.
Non basta infatti che il paese sia tenuto sotto controllo da centinaia di rilevatori elettronici che misurano ogni spostamento. Non basta che Ripoli sia, come ammesso dall’assessore regionale alla protezione civile, Paola Gazzolo, “il paese più monitorato d’Europa”. Nessun monitoraggio può fermare le abitazioni che hanno raggiunto in un caso i 17 centimetri di spostamento in poco più di un anno. La frana e con lei Ripoli si muove di mezzo centimetro al mese.