Ed è subito crisi. Alla terza giornata di campionato sul Milan già si addensano cupe le nubi della disfatta. Erano 82 anni che la squadra rossonera non perdeva le prime due partite casalinghe di campionato: 0-1 contro la Sampdoria e, ieri, l’Atalanta. E l’illusoria vittoria d’inizio settembre a Bologna è stata dovuta più ad un assolo di Pazzini che non a una prova di forza collettiva. Il tecnico Allegri già rischia l’esonero. I suoi rapporti con il plenipotenziario Galliani sono ai minimi storici, come testimoniato dalle frecciate che i due si sono scambiati ultimamente. E radiomercato comincia a fare i nomi dei possibili sostituti: dall’eterno secondo Tassotti, ai vari ex giocatori in cerca di una panchina, a quell’Inzaghi epurato dal tecnico livornese che, in ritirata strategica sulla panchina della squadra Allievi, attende una chiamata che sa di rivincita personale. Ma non è un problema di conduzione tecnica, o meglio, non solo. La crisi del Milan, dopo un quarto di secolo di grandeur berlusconiana, è strutturale.
Basta scorrere le prime pagine dei tre quotidiani sportivi in edicola oggi: il Milan è “a terra” per la Gazzetta, “a picco” per Tuttosport e “umiliato” per il Corriere dello Sport. Sono lontani i tempi in cui un rampante imprenditore socialista si presentava a Milanello a inizio stagione, atterrando con l’elicottero tra fuochi d’artificio e celebrità assortite, per presentare faraoniche campagne acquisti. Dal giovane Donadoni strappato a suon di miliardi alla concorrenza juventina nel 1986, prodromo di un’infornata di stelle che avrebbe lanciato il Milan sul tetto del mondo e il suo padrone nell’agone politico cavalcando i successi sportivi, alla vendita dei campioni Thiago Silva e Ibrahimovic nel 2012, per cercare di ripianare un bilancio rosso sangue, la parabola discendente della squadra rossonera è oramai certificata. Il Milan non è più uno spot elettorale, ma un’azienda in perdita che pesa sulla difficile situazione finanziaria dell’impero famigliare e di cui i figli vogliono liberarsi.
Dopo ventisei anni Berlusconi non ha più bisogno del Milan. E la figlia Barbara, con l’appoggio di Marina e Piersilvio, si è oramai impossessata delle redini societarie a discapito dell’ad Galliani. L’ultimo passivo di bilancio presentato ad aprile – 67,3 milioni – è stato giudicato non sostenibile da Fininvest che l’ha dovuto ripianare. La partenza di Thiago e Ibra, unita alla dismissione di molti senatori tra cui Nesta, Gattuso, Seedorf e Inzaghi, ha permesso alla società di chiudere il mercato con un bilancio positivo di + 45,2 milioni e di risparmiare almeno 70 milioni nel monte stipendi. A questo non è però corrisposta una rifondazione che puntasse su giovani promesse, bensì un ridimensionamento del valore tecnico della rosa all’insegna di una mediocrità poco aurea. Dei 14 giocatori scesi in campo ieri contro l’Atalanta, di cui 9 italiani, nessuno è titolare nella propria nazionale.
Di questo si sono resi conto anche i tifosi. I 23,618 abbonati per la stagione 2012-13, quasi 8mila in meno dell’anno scorso, segnano il minimo storico dell’era Berlusconi. Delle lacerazioni aziendali – Barbara Berlusconi vs. Galliani – e societarie – Galliani vs. Allegri – ne risente la squadra: lasciata in balia di se stessa dopo le partenze dei campioni che risolvevano da soli le partite e dei grandi vecchi che gestivano lo spogliatoio. Il gruppo è intimorito, frastornato e incapace di esprimere un’idea di gioco. Il tecnico Allegri, dopo aver raccolto la miseria di tre punti nelle prime tre giornate, prova a fare buon viso a cattivo gioco, chiede un riscatto martedì prossimo in Champions League contro il modesto Anderlecht e si tutela: “Abbiamo comunque un punto in più rispetto allo scorso anno”. Sembra di sentire il suo (ex?) datore di lavoro quando sosteneva che non c’era crisi perché i ristoranti erano pieni. La fine è nota.
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Crisi Milan, da spot elettorale ad azienda in perdita
Erano 82 anni che la squadra rossonera non perdeva le prime due partite casalinghe di campionato, segno, evidente, di un problema strutturale che arriva dopo un quarto di secolo di grandeur berlusconiana
Ed è subito crisi. Alla terza giornata di campionato sul Milan già si addensano cupe le nubi della disfatta. Erano 82 anni che la squadra rossonera non perdeva le prime due partite casalinghe di campionato: 0-1 contro la Sampdoria e, ieri, l’Atalanta. E l’illusoria vittoria d’inizio settembre a Bologna è stata dovuta più ad un assolo di Pazzini che non a una prova di forza collettiva. Il tecnico Allegri già rischia l’esonero. I suoi rapporti con il plenipotenziario Galliani sono ai minimi storici, come testimoniato dalle frecciate che i due si sono scambiati ultimamente. E radiomercato comincia a fare i nomi dei possibili sostituti: dall’eterno secondo Tassotti, ai vari ex giocatori in cerca di una panchina, a quell’Inzaghi epurato dal tecnico livornese che, in ritirata strategica sulla panchina della squadra Allievi, attende una chiamata che sa di rivincita personale. Ma non è un problema di conduzione tecnica, o meglio, non solo. La crisi del Milan, dopo un quarto di secolo di grandeur berlusconiana, è strutturale.
Basta scorrere le prime pagine dei tre quotidiani sportivi in edicola oggi: il Milan è “a terra” per la Gazzetta, “a picco” per Tuttosport e “umiliato” per il Corriere dello Sport. Sono lontani i tempi in cui un rampante imprenditore socialista si presentava a Milanello a inizio stagione, atterrando con l’elicottero tra fuochi d’artificio e celebrità assortite, per presentare faraoniche campagne acquisti. Dal giovane Donadoni strappato a suon di miliardi alla concorrenza juventina nel 1986, prodromo di un’infornata di stelle che avrebbe lanciato il Milan sul tetto del mondo e il suo padrone nell’agone politico cavalcando i successi sportivi, alla vendita dei campioni Thiago Silva e Ibrahimovic nel 2012, per cercare di ripianare un bilancio rosso sangue, la parabola discendente della squadra rossonera è oramai certificata. Il Milan non è più uno spot elettorale, ma un’azienda in perdita che pesa sulla difficile situazione finanziaria dell’impero famigliare e di cui i figli vogliono liberarsi.
Dopo ventisei anni Berlusconi non ha più bisogno del Milan. E la figlia Barbara, con l’appoggio di Marina e Piersilvio, si è oramai impossessata delle redini societarie a discapito dell’ad Galliani. L’ultimo passivo di bilancio presentato ad aprile – 67,3 milioni – è stato giudicato non sostenibile da Fininvest che l’ha dovuto ripianare. La partenza di Thiago e Ibra, unita alla dismissione di molti senatori tra cui Nesta, Gattuso, Seedorf e Inzaghi, ha permesso alla società di chiudere il mercato con un bilancio positivo di + 45,2 milioni e di risparmiare almeno 70 milioni nel monte stipendi. A questo non è però corrisposta una rifondazione che puntasse su giovani promesse, bensì un ridimensionamento del valore tecnico della rosa all’insegna di una mediocrità poco aurea. Dei 14 giocatori scesi in campo ieri contro l’Atalanta, di cui 9 italiani, nessuno è titolare nella propria nazionale.
Di questo si sono resi conto anche i tifosi. I 23,618 abbonati per la stagione 2012-13, quasi 8mila in meno dell’anno scorso, segnano il minimo storico dell’era Berlusconi. Delle lacerazioni aziendali – Barbara Berlusconi vs. Galliani – e societarie – Galliani vs. Allegri – ne risente la squadra: lasciata in balia di se stessa dopo le partenze dei campioni che risolvevano da soli le partite e dei grandi vecchi che gestivano lo spogliatoio. Il gruppo è intimorito, frastornato e incapace di esprimere un’idea di gioco. Il tecnico Allegri, dopo aver raccolto la miseria di tre punti nelle prime tre giornate, prova a fare buon viso a cattivo gioco, chiede un riscatto martedì prossimo in Champions League contro il modesto Anderlecht e si tutela: “Abbiamo comunque un punto in più rispetto allo scorso anno”. Sembra di sentire il suo (ex?) datore di lavoro quando sosteneva che non c’era crisi perché i ristoranti erano pieni. La fine è nota.
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Rissa tra genitori alla partita di minibasket: bimbi in lacrime e intervento dei carabinieri
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".