Lavoro & Precari

Medici precari e archeologi delle fogne: le storie dei lettori su “giovani e lavoro”

Ecco i primi contributi arrivati a ilfattoquotidiano.it: racconti in prima persona che mostrano anche le facce meno conosciute del precariato. Vanessa, chirurgo a partita Iva da 12 anni. Carmelo, esperto di antichità a chiamata. Alberto, stagista smista-posta. Antonio, supplente a spese proprie. E chi vuole avviare un'impresa trova più ostacoli che incentivi

Un medico chirurgo a partita Iva, un geometra perennemente scalzato da apprendisti che possono essere pagati di meno, un archeologo a chiamata nei cantieri delle fogne… Ilfattoquotidiano.it ha chiesto ai propri lettori di raccontare le proprie esperienze sul tema “giovani e lavoro”, e oggi pubblichiamo alcune le prime tra le tante e-mail arrivate. Sono storie che raccontano anche le facce meno conosciute del precariato, quello che tocca professioni superqualificate, come il medico appunto, oppure le difficoltà di chi prova a smarcarsi dall’utopia del posto fisso per creare un’impresa, ma dal fisco e dalle banche trova ostacoli invece che incoraggiamento. E poi le grottesche mansioni affidate agli stagisti, supplenti della scuola che spendono di tasca propria migliaia di euro per “qualificarsi” a un lavoro che sfugge di anno in anno. Le prime storie raccolte da ilfattoquotidiano.it (ne pubblicheremo altre nei prossimi giorni) dicono anche che nel mondo del lavoro si è “giovani” a oltranza, anche oltre i 30 e i 40 anni, e poi si rischia di diventare “vecchi” di colpo. E quindi di essere mandati a casa quando i figli sono ancora piccoli e il mutuo ben lontano dall’essere saldato. Continuate a inviare le vostre storie a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, specificando nell’oggetto “Giovani e lavoro“. 

VANESSA, 12 ANNI DA MEDICO PRECARIO. Leggendo le storie sui giovani mi sono posta una domanda: gente che come me si è laureata in medicina e chirurgia, (6 anni di corso di laurea) ha fatto il tirocinio post-lauream di 6 mesi per sostenere l’esame di stato, ha studiato per entrare in scuola di specializzazione (minimo altri 4 anni di studio fino a 6), come fa a definirsi giovane quando si affaccia nel mondo del lavoro? Bene che ti va finisci a 30 anni. Io ho finito a 34, nel 2004, e ho iniziato a lavorare da allora come precaria, incessantemente precaria fino ad oggi dove invece di crescere professionalmente mi ritrovo a lavorare con partita Iva, dovendo versare quindi un contributo Enpam chiamato quota B oltre alla quota di base, come libero professionista, ma è la mia unica entrata perché in quanto specialista in Igiene e Medicina Preventiva mi occupo di direzione sanitaria gestione dei servizi etc. Quindi parliamo tra specializzazione (remunerata con borsa di studio quindi illegale e non in linea con la comunità europea) e lavoro sono 12 anni di precariato, con uno stop di 5 mesi dove sono stata mandata via dalla Asl Roma A in quanto “antipatica al cognato del direttore generale”! Oltretutto esiste anche questa gente capite, che ti mette in mezzo ad una strada senza sapere che danno enorme a macchia d’olio produce. 

ALBERTO, STAGISTA IN BANCA A SMISTARE POSTA. Alberto, 19 anni, perito informatico (84/100), non ho voluto proseguire gli studi e quindi mi sono mobilitato per iniziare subito a lavorare. Per due mesi non ho trovato da nessuna parte finchè sono riuscito a fare un colloquio di lavoro per una banca, ovviamente per smistare la posta (cosa pensavate?!). Subito Preso! Miracolo! Che Gioia! Stagista per sei mesi a 350 euro lordi, ma non me li posso godere tutti perchè 150 sono in buoni pasto. Ora capisco perché ero l’unico al colloquio…

IVAN, “LIBERO” PROFESSIONISTA SPREMUTO E SCARICATO. Mi chiamo Ivan, ho 31 anni e sono uno dei tanti/troppi giovani senza un futuro. E’ brutto da dire ma è così. La mia situazione e quella di tanti altri uomini e donne della mia età è quella dell’incertezza: a 30 non sei più interessante per le aziende le quali non riescono più a godere dei vantaggi di assumere un apprendista. A 30 anni si passa dalla precarietà alla disoccupazione in un batter d’occhio. Sono geometra, mi sono diplomato nel 2001 e da quel momento ho sempre cercato di lavorare: praticante sottopagato (300€ mensili per 2 anni); libero professionista alle prime armi, quindi senza clienti, con compenso fisso a 1400€ mensili dei quali ne spariscono il 40/50% tra IVA, per la previdenza e per “mantenere” il Collegio dei Geometri (vera e propria casta legalizzata); dipendente apprendista a 1100€ sotto due forme di contratto diverso, perché così riescono a spremerti al massimo senza garanzie di un contratto a tempo indeterminato al termine del percorso. Come tanti altri ho dato il massimo in ogni lavoro svolto nella speranza di un rinnovo, ma il tutto si è tristemente concluso col ben servito motivato dalla crisi. Nell’ultimo la crisi era voluta perché nel giro di un mese il mio posto è stato preso da un libero professionista a 800€ mensili. Gli studi tecnici preferiscono i liberi professionisti ai dipendenti: gli costano meno in quanto riescono comunque a sottopagarlo e sfruttati allo stesso livello, sono già formato e si assumono personalmente ogni responsabilità. Ed infine li si può scaricare da un giorno all’altro senza preavviso e senza troppi problemi legali/sindacali. Spesso si sentono cinquantenni intervistati che giustamente si lamentano perché dopo 35 anni di lavoro sono in mezzo ad una strada e non sanno come reinventarsi. Il problema è che la mia generazione è nella stessa situazione ma con 20 anni di anticipo.

ANTONIO, INGEGNERE-SUPPLENTE CHE “SCADE” OGNI ESTATE. L’estate dovrebbe essere il periodo più bello dell’anno, le tanto sospirate e agognate vacanze, il mare, il sole, il riposo, il divertimento… invece da quando insegno (ormai da 6 anni) per me è l’inizio dell’incubo. Ho 36 anni, laureato in ingegneria meccanica, un’esperienza alle spalle di due anni a Torino c/o Alenia Aeronautica, contratto a tempo determinato, alla conclusione del quale l’azienda decide di non assumermi a tempo indeterminato ma di continuare indiscriminatamente ad assumere ingegneri con contratti a termine e così tutto il lavoro, la mia esperienza acquisita in due anni se ne va in fumo come i miei sogni. 3 mesi in un call center poi inizio a Milano la mia carriera scolastica. Ogni anno solo grazie al fatto che la mia classe di concorso è pressocché esaurita ottengo delle supplenze, 1200 euro al mese, insegno in istituti professionali e Itis e devo ritenermi già fortunato secondo i presidi. Ma io fortunato non sono o non mi reputo tale, mi sono capitate classi-pollaio di 32 ragazzi, insegnare in istituti fatiscenti, un materiale umano che comunque non è gratificante. Mai la scuola mi ha permesso di aggiornarmi, ho sempre fatto di tasca mia, e così inizio a prendere lezioni private per imparare nuovi software, seguo corsi di lingue per non restare indietro, ma tutto questo ai colloqui di lavoro non interessa, “il suo CV è troppo qualificato” mi dicono. Ogni contratto mi scade il 30 giugno ed è qui che inizia l’incubo, l’incubo che a settembre la scuola non chiami, l’incubo di dover di nuovo cambiar istituto, conoscere nuovi alunni, un nuovo ambiente, nuovi colleghi, così ogni anno e perché non vedo una speranza, una via di uscita. 6 anni di esperienza non servono a nulla quando mi costringono ad affrontare le forche caudine del Tfa: 3 prove per accedere a un corso di 3000 euro (a spese dei precari) per avere un’abilitazione che non servirà a nulla se poi il Ministro annuncia che ci sarà un concorso. Ormai ho perso ogni speranza, tutte le mie ambizioni, i sogni, i progetti sono andati in fumo, e la frustrazione è tanta, ma davvero tanta… 

CARMELO, ARCHEOLOGO A CHIAMATA NEI CANTIERI DELLE FOGNE. Sono un “giovane” archeologo. Dico “giovane” perché in Italia sono ancora trattato da tale nonostante abbia 31 anni, una laurea magistrale, specializzazione in Archeologia Classica, un Master, Dottorato di ricerca europeo (PhD) conseguito all’estero (Olanda) con all’attivo diverse pubblicazioni scientifiche. In questo periodo mi trovo in Turchia dove vengo ogni anno per lavorare ad un progetto scientifico italiano: noto con sommo dispiacere che mentre amici e colleghi turchi miei coetanei molto spesso sono entrati negli apparati statali o nelle università, io (così come altri colleghi italiani) veniamo qui a titolo gratuito e lavoriamo per settimane con il solo rimborso delle spese di viaggio; e la nostra missione (dico nostra perché ormai sono membro dal 2005) è sempre in bilico, in forse e riceve sempre meno fondi dalle istituzioni italiane. Che dire? … Continuo a tener duro sperando di riuscire a fuggire dal Belpaese, dove lavoro come uno schiavo facendo l’archeologo sui cantieri di emergenza (quelli per intenderci in cui si costruiscono strade, parchi eolici, fognature…) in maniera più che precaria: ormai sui contratti non scrivono più neanche la scadenza; vengo a sapere i programmi il giorno prima per il giorno dopo e non riesco mai a lavorare a meno di 100 Km da casa. E capita di rimanere settimane in attesa di una chiamata (sempre imminente) che impedisce ogni organizzazione, oppure di sapere alle 8:00 di una domenica sera che il giorno dopo alle 7:00 di mattina devo essere su un cantiere ubicato chissà dove e a lavorare chissà con chi. Bello, bello veramente bello questo “Bel Paese”…ma solo per chi lo vive da turista una settimana all’anno oppure per chi torna nelle ferie d’agosto o per chi ha qualche … “amico in paradiso” Che aggiungere?… sono senza parole. Ma … “add’à passà a nuttata” ? o forse preferisco non andare oltre per non degenerare (per esempio taccio sui capitoli pagamenti-tariffe-tasse), ma colgo piuttosto l’occasione per porgere un sentito ringraziamento a tutta la nostra classe dirigente.

ALICE, INSEGUITA DAL CALL CENTER ANCHE A BERLINO. Avete già affrontato l’argomento, ma è un sempreverde: si va all’estero pensando di avanzare con la carriera e si scopre che anche i lavori umili si sono trasferiti con te. L’80% dei miei amici a Berlino ha avuto almeno un contratto con un call center italiano nella capitale tedesca.

SIMONE, DAL FISCO ALLE BANCHE PORTE CHIUSE ALL’IMPREDITORE WEB. Ho letto oggi l’articolo sulle prime 2 ragazze che hanno aperto un srl semplificata e ho deciso di scrivervi per portarvi la mia testimonianza. Mi chiamo Simone, ho 27 anni, abito in provincia di Varese, sono il primo di 6 fratelli, con il papà operaio e la mamma casalinga (operaia in casa, preferisco!). Con enormi sacrifici i miei genitori mi hanno mandato a scuola in Svizzera (e con me i miei 5 fratelli!!), cercando, a scapito della loro salute e con immensi sacrifici e privazioni, di farci avere una formazione dignitosa, che non avremmo avuto nelle scuole pubbliche italiane (purtroppo!). Al liceo in Svizzera  ho conseguito delle borse di studio che mi hanno permesso di pagare l’iscrizione. Poi mi sono iscritto all’università, facoltà di economia, a Varese: nonostante gli ottimi voti e la mia situazione familiare non mi hanno dato la borsa di studio (me l hanno data solo l’anno successivo, quando ormai non ero più all’università!). Mi sono sempre dato da fare, ho aperto una web agency, con tante idee e tantissima voglia di fare! Perché vi ho fatto una lunghissima premessa? Per farvi capire che mi sono sempre dato da fare, non mi sono mai piegato davanti a niente, ho sempre lottato e trovato le soluzioni ad ogni ostacolo. Ora però tutta la mia voglia di fare, e di farlo in Italia è scomparsa. Mi sono fatto il culo quadro per 2 anni per portare avanti la mia attività, con idee innovative, cercando di migliorare quanto c’era sul mercato. Esattamente quello che ci chiedono continuamente no? Sì ma perché allora non esiste uno straccio di incentivo per i giovani che vogliono aprire una attività? Perchè se vado in banca a chiedere un prestito con la p. iva regime dei minimi mi ridono dietro? Eh già perché per poter aprire una attività ho dovuto scegliere questo regime: visto il campo e gli studi di settore mi sarei visto costretto ad anticipare iva per cifre che non ho neanche mai visto in vita mia! – Perchè se vado alla Confcommercio proponendo le mie idee per le imprese, le soluzioni alla crisi che io nel mio piccolo posso proporre, ma per metterle in pratica mi serve un piccolo finanziamento, ebbene perché mi sento dire, torni quando ha un fatturato presentabile, e con un business plan completo basato su 5 anni? Perché devo andare a cercare i bandi e i finanziamenti regionali nella duecentesima pagina del sito della Regione, scritto in minuscolo non leggibile quasi nascosto e con vincoli e barriere all’ingresso assurde? Perché noi giovani, pieni di idee, con voglia di fare, non abbiamo a disposizioni strumenti utili per poterle mettere in pratica? E perché se non riusciamo a mettere in pratica innovazione, non avendo strumenti, ci sentiamo dare degli sfigati e dei bamboccioni? Perché in Svizzera ogni giovane ha 100 volte gli strumenti che ho io giovane qui in Italia? Io amo l’Italia, questo è il mio paese, io voglio lavorare e farmi il culo qui, voglio avere la mia attività qui! Per quanto ancora resisterò? Poco, molto poco penso.

Ilfattoquotidiano.it raccoglie storie di giovani e lavoro, dalla precarietà ai problemi legati all’avvio di un’attività imprenditoriale o professionale. Per segnalazioni, mandate una e-mail con oggetto “Giovani e lavoro” all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it.