Anni fa, quando ho cambiato la cucina di casa mia, mi sono fatto un punto d’onore di trovare un forno a gas, in un momento in cui se ne vendevano quasi soltanto di elettrici. Ripensandoci sopra, tuttavia, non credo di aver fatto una buona scelta.
Figura: consumi di energia elettrica in Italia. Dati da Terna (1), elaborazione “Mondo Elettrico” (3)
Se volevo un forno a gas non era perché pensassi che il gas cucinava meglio dell’elettricità. Piuttosto, era per via di un concetto che alle volte viene chiamato la “strage termodinamica.” L’idea è che è uno spreco assurdo scaldare un forno attraverso una serie di stadi che sono 1) bruciare combustibile fossile in una centrale elettrica, 2) trasformare l’energia termica in elettricità, 3) trasportarla nelle case, e 4) ritrasformarla in energia termica per scaldare il forno. Questa serie di passaggi, e gli sprechi associati, si può evitare usando direttamente il combustibile dove si vuol generare calore, ovvero con un forno a gas. Lo stesso vale per tutti gli impianti che generano calore, sia domestici (scaldabagni, eccetera), sia industriali. Generando calore localmente, si dice, si risparmia energia.
L’idea non è sbagliata ma, con gli anni, mi sono reso conto che è antiquata perché non è più vero che l’energia elettrica si può produrre soltanto bruciando qualcosa. Le rinnovabili producono oggi il 25% dell’energia elettrica lorda in Italia e sono in rapida crescita con un grandissimo potenziale ancora da sfruttare. Per fare un confronto, la produzione nazionale di petrolio è oggi non più dell’ 8% dei consumi, in calo dal 2000 anche se ultimamente ha dato qualche segno di ripresa. Del resto si sa che l’Italia è il paese del sole, non il “paese del petrolio.”
Ora, è vero che generare calore bruciando fossili sul posto evita la “strage termodinamica” ma c’è un problema. Facendo così, si perpetua la dipendenza dai combustibili fossili, dato che un investimento come un forno domestico o un impianto industriale dura parecchi anni. Il costo dell’importazione di combustibili fossili è uno dei fattori che ha generato la crisi che stiamo vivendo e che ha causato una riduzione dei consumi elettrici in Italia di un buon 5% nel 2011. Questo ha messo in difficoltà i produttori tradizionali che si sono visti portar via una quota di mercato dalle rinnovabili. La reazione ha poi portato a una campagna anti-rinnovabili e il governo che si è impegnato a sostenere la produzione di energia fossile con soldi pubblici, il che vuol dire un’ulteriore esborso di capitali verso l’estero.
Viceversa, ogni chilowattora prodotto dalle rinnovabili non genera nessuna “strage termodinamica” perché non è soggetto agli stadi di trasformazione che invece sono necessari per i fossili. Inoltre è prodotto qui in Italia e non ci richiede un esborso di valuta verso l’estero (eccetto che per parte del costo di installazione, che però è ampiamente compensato dalla produzione). Allora, come favorire le rinnovabili in Italia? Beh, non certamente risparmiando energia: se vogliamo che qualcuno produca, dobbiamo generare una domanda. Allora, io sostengo che dobbiamo fare esattamente il contrario di quello si sostiene comunemente: consumare più energia elettrica, non risparmiarla! Del resto, con le rinnovabili non generiamo inquinamento, non esauriamo risorse preziose e in più generiamo lavoro e occupazione sul territorio nazionale. Il tutto ci aiuta anche a risolvere la crisi, e allora perché no?
Il forno a gas che ho in casa comincia a essere vecchiotto. Il prossimo sarà certamente elettrico, anche perché sul tetto di casa ho un bell’impianto fotovoltaico: l’energia non mi costa niente e addio inquinamento!