L'investimento sarà pari a 400 milioni di euro. Giallo sulla diffusione di dati relativi alla conferma dell'aumento della mortalità del 10% nel periodo 2003-2008 nell'area di Taranto. Intanto i custodi giudiziali hanno messo nero su bianco le direttive: “Spegnete gli altiforni”
E’ stata un’altra giornata importante per la questione Ilva. Oggi il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha fatto sapere che il ministero si costituirà parte civile nel processo e ha annunciato che domani l’azienda presenterà il suo piano. Nel mezzo la diffusione di dati già noti, relativi alla mortalità nella zona ionica relativi agli 1995-2002, che sarebbero molto simili a quelli ancora al vaglio degli esperti e relativi agli anni 2003-2008.
Il piano dell’azienda. Un piano di investimenti per rendere l’Ilva di Taranto eco-compatibile e soprattutto evitare la chiusura dello stabilimento siderurgico sottoposto a sequestro senza facoltà d’uso lo scorso 25 luglio. Il presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, lo presenterà nella prossime ore alla procura di Taranto, al primo cittadino Ippazio Stefano e poi agli organi di stampa. Un piano che si annuncia straordinario per l’impiego di 400 milioni di euro, ma soprattutto perché l’azienda del Gruppo Riva, per la prima volta, avrebbe preso in considerazione l’ipotesi di coprire i parchi minerali. Una misura che se confermata rappresenterebbe una vittoria per la procura di Taranto, i custodi tecnici e l’Arpa Puglia che hanno sempre rigettato l’ipotesi di barrieramento dell’area. Un parere, ribadito in ogni sede, secondo cui l’unica misura efficace per eliminare la diffusione incontrollata di polveri verso il vicino quartiere Tamburi è la copertura dei circa 70 ettari su cui vengono stoccate le montagne di minerale di ferro e carbone. Non solo. L’Ilva sarebbe intenzionata a trasformare il sistema di spegnimento del carbon coke, e l’introduzione di nuove tecnologie per il trattamento dei fanghi come scarti degli impianti di depurazione. Una serie di misure che potrebbe consentire all’anzienda di accedere a una serie di finanziamenti europei che ammortizzerebbe la spesa.
Spegnere gli altiforni. Ma intanto i custodi hanno messo nero su bianco le nuove direttive. “Spegnete gli altiforni” è stato l’ordine impartito ai vertici dell’Ilva. Non è un fulmine a ciel sereno, ma dopo il provvedimento di sequestro senza facoltà d’uso è sicuramente il colpo più duro per lo stabilimento siderurgico di Taranto. I custodi hanno infatti imposto all’azienda di spegnere o di effettuare un rifacimento completo degli altiforni 1 e 5 (grande il doppio degli altri) e di dismettere e bonificare l’altoforno 3. Una misura che, se non ci fosse il sequestro, avrebbe fatto collassare la produzione, ma che in questo momento storico è solo un atto dovuto per rendere operativa la disposizione del tribunale del riesame di “eliminare tutte le situazioni di pericolo” stabilita in occasione della conferma del sequestro deciso dal gip Patrizia Todisco lo scorso 25 luglio. Ma non è l’unica direttiva impartita dai tecnici Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento. Nel documento consegnato all’Ilva i tecnici hanno imposto anche il fermo delle batterie 1 e 2 con la bonifica delle aree di competenza, il completo rifacimento delle batterie 3-4, 5-6, 9-10 e 11. Infine hanno previsto che sulle restanti batterie 7-8 e 12 debbano essere sottoposti a interventi sostanziali.
I dati sulla salute a Taranto. Nelle stesse ore a Roma, il ministro della salute Renato Balduzzi presenterà i dati dello studio Sentieri dell’Istituto Superirore di Sanità secondo cui negli anni tra il 1995 e il 2002 a Taranto si sarebbe registrato un aumento di mortalità del 10%. Secondo lo studio, inoltre, i tarantini deceduti per tumore ai polmoni sarebbero cresciuti del 30%, mentre si registra un aumento del 50% di morti per malattie respiratorie acute. Dati che confermerebbero il sospetto, ma non accerterebbero, il nesso causale tra morti e inquinamento ambientale. Ma quei dati, in realtà, sono già stati utilizzati dal collegio di medici nominati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco, che ha stilato la maxi perizia sanitaria sullo stato di salute dei tarantini. Un documento nel quale i medici accertarono che “l’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte“. Inoltre i periti Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forastiere hanno analizzato gli anni tra il 2004 e il 2010 stabilendo che nel capoluogo ionico vi sarebbero stati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria. Un valore però in crescita però fino a 91 se si prendono in considerazione i quartieri Tamburi e Borgo, geograficamente più vicini alla fabbrica. “L’analisi per i quartieri Borgo e Tamburi – hanno dichiarato i periti – mostra che, nonostante la ridotta numerosità, una forte associazione tra inquinamento dell’aria ed eventi sanitari è osservabile e documentabile solo per questa popolazione”.
Ministero parte civile. Intanto il ministro Corrado Clini ha ribadito che nel processo contro i vertici dell’Ilva per disastro ambientale, il ministero dell’Ambiente si costuitirà parte civile. Un cambio di rotta non da poco quello di Clini che il 26 luglio scorso, dopo l’annuncio del sequestro degli impianti dell’area a caldo, annunciò di voler ricorrere immediatamente a riesame, pur figurando come Ministero dell’ambiente tra le parti lese.