Lo ha spiegato in aula alla Camera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Malaschini, rispondendo alla richiesta dell’Idv che ha presentato una mozione per chiedere al governo di costituirsi parte civile all'udienza preliminare: "Allo stato il governo non può assumere l’impegno in esame pur non essendovi alcuna preclusione"
Lo Stato non si costituirà, almeno in questa fase, parte civile nell’udienza preliminare del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Lo ha spiegato in aula alla Camera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Malaschini, rispondendo alla richiesta dell’Idv che ha presentato una mozione per chiedere appunto al governo di costituirsi nel processo di Palermo. L’udienza è stata fissata per il prossimo 29 ottobre.
“Allo stato il governo non può assumere l’impegno in esame nei termini in cui esso è stato articolato, perché esso – ha detto Malaschini – involge aspetti e scelte di natura prettamente tecnica che attengono ai presupposti sostanziali per la costituzione in giudizio, rispetto ai quali è preliminare la conoscenza piena degli atti, e da valutazioni strettamente processuali circa la decisione di attendere o meno l’esito dell’udienza preliminare. Per queste ragioni, pur non essendovi alcuna preclusione alla costituzione di parte civile da parte dello Stato, il governo – ha sottolineato – non può assumere oggi l’impegno richiesto. La costituzione di parte civile può esserci per l’udienza preliminare, ma anche successivamente”.
Malaschini ha risposto alla mozione presentata all’Aula da Antonio Borghesi, vice capogruppo dell’Idv alla Camera. “Con questa mozione, l’Italia dei Valori vuole impegnare il governo a costituirsi parte civile già a partire dall’udienza preliminare. Il voto di questo Parlamento sarà la cartina di tornasole per fare chiarezza su uno dei momenti più bui della nostra storia. Di fronte a un reato così grave, è doveroso – ha detto – che il governo si costituisca parte civile. Al tribunale di Palermo è in corso un procedimento penale sulla presunta trattativa tra pezzi di stato e pezzi di mafia e altre inchieste hanno dimostrato l’esistenza di questo rapporto. Dunque noi riteniamo che sia un preciso dovere da parte del governo, non una facoltà e per questo, con la nostra mozione, lo impegniamo a farlo”.
Antonio Di Pietro, che nei giorni scorsi aveva annunciato l’iniziativa, ha commentato duramente con i giornalisti a Montecitorio la decisione: “Se il governo non si costituirà parte civile nel processo sulla trattativa Stato-mafia, questo potrebbe chiamarsi reato di favoreggiamento personale. Oggi il governo ha mostrato reticenza e ignoranza tecnica, nonchè di volersi lavare pilatescamente le mani. Il governo dice di non conoscere le carte – ha sottolineato l’ex pm- Eppure c’è un processo in corso, ci sarà un’udienza preliminare: perché non è andato a predersi le carte? Fai un click su internet!”, dice il leader dell’Italia dei Valori. Il fatto che l’esecutivo abbia deciso di non costituirsi, si traduce per il presidente dell’Idv in “incompetenza, incapacità, se non continuità con le persone chiamate a rispondere di quella vicenda”. Secondo Di Pietro facendo così l’esecutivo si mette “contro la giustizia, per favorire oggettivamente, per incapacità, insipienza e complicità, non quelli che rappresentano lo Stato in quel processo” ma “chi sta dall’altra parte”, “chi non si vuole inimicare: questo si chiama favoreggiamento”.
Il 24 luglio scorso la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici indagati: i mafiosi Salvatore Riina, Nino Cinà, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, gli alti ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni e gli esponenti politici Calogero Mannino, Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino. Per tutti l’accusa è di attentato a corpo politico dello Stato, tranne che per Mancino, accusato di falsa testimonianza dopo la sua audizione al processo Mori-Obinu del 24 febbraio scorso. Cuore del processo la trattativa innescata tra rappresentanti istituzionali e Cosa nostra, che voleva la revoca del 41 bis (il carcere duro) per i detenuti. Revoca chiesta a suon di attentati del 1992 in cui rimasero uccisi, tra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Stragi che, per la Procura di Palermo, lo Stato voleva fermare scendendo a patto con i boss.
Il leader dell’Idv ha quindi annunciato che il suo gruppo presenterà a Montecitorio una mozione con la quale si impegna il governo Monti. “A quel punto – ha sottolineato – il problema diventa del Parlamento, nel quale troppo spesso ci sono mal di pancia da parte di chi non vuole assumersi le sue responsabilità. L’esecutivo non può addurre la scusa – ha detto ancora l’ex magistrato – di non conoscere i documenti perchéli ha già esaminati per il conflitto sollevato dal Quirinale di fronte alla Corte Costituzionale. Inoltre basta andare su internet per accedere a quelle carte che sono ormai ufficiali”. Per di Pietro è “importate che la costituzione di parte civile avvenga al più presto, senza attendere gli sviluppi processuali. Mi auguro – ha concluso – che il comportamento del governo sia dettato dall’ignoranze, perché altrimenti si tratterebbe di complicità “.