Il divo è una merce, anche i leader sono merci che la classe politica vuole venderci. Siamo reduci dal festival della filosofia tenutosi con successo a Modena, nella terra del terremoto. Proviamo a conoscere un filosofo vivente: Vanni Codeluppi, autore del saggio “Vivere in vetrina, Tutti divi“. L’autore ha coniato il termine Vetrinismo, nulla di nuovo per chi ha letto Guy Debord e la sua profetica “società dello spettacolo” ma interessante punto di vista da sviluppare:
Se spostiamo il discorso sul divismo nell’ambito politico, possiamo renderci conto come grazie all’amplificazione dei media i politici siano diventati dei veri e propri divi. Idolatrato, odiato, difeso dai seguaci fino all’incredibile, il leader del post modernismo è un’icona che pretende di sostituirsi all’ideologia. Secolarizzatesi le ideologie siamo passati al personalismo e i partiti politici sono diventati sempre più padronali e legati alla simpatia o antipatia del “divo” che li rappresenta. Non si parla più di destra o sinistra ma di partito di Vendola o Bersani. Di Pietro e Berlusconi sono stati personaggi di una nuova fiction sullo stile Don Camillo e Peppone , il Movimento a 5 stelle deve usare “un comico come cassa di risonanza”.
In molti credono che la morte delle ideologie , quel “il Dio Pan è morto” che già ci si augurava nel ventesimo secolo, sia la cura di tutti i mali. Ora che siamo tutti in vetrina e che si è realizzata la frase di Andy Warhol per la quale volendo, ognuno può avere i suoi secondi di celebrità, siamo certi di essere più liberi?
Siamo certi di scegliere con la ragione l’orientamento economico che più ci aggrada o scegliamo dei personaggi solo perché ci piacciono o uno urla più dell’altro e si fa sentire meglio? Ci fanno credere che le ideologie destra/sinistra siano finite ma non è così. Il mondo oggi non si divide in comunismo e capitalismo ma, ad esempio, in chi crede nell’economia neoclassica e nell’austerità e chi ha una visione economica neo Keynesiana. Questo ci riguarda: dobbiamo capire se chi si presenta alle elezioni, oltre a dire che tutto il vecchio fa ribrezzo, ha una minima vaga idea di che indirizzo economico prendere per farci uscire dalla crisi. Austerità e recessione o incremento nell’offerta di moneta affinché aumenti l’offerta e diminuisca la disoccupazione nel breve periodo? Siamo liberi dagli angusti limiti ideologici ma la libertà va gestita tramite la conoscenza altrimenti diventa un territorio di nessuno dove chiunque può improvvisarsi leader e diventare divo.
Non è facile far di conto ma possiamo pretendere che chi si candida nel nuovo abbia un chiaro e netto orientamento sul dove vorrebbe portare il paese e come. Il reddito minimo ad esempio è un’idea molto bella ma che conseguenze avrebbe in un paese come il nostro ricco di falsi invalidi? sarebbe finaziabile? Forse dopo il primo moto di simpatia dovremmo semplicemente porci delle domande razionali per non ritrovarci dopo il voto a fare i conti con le false promesse che ci propinano. Berlusconi docet.