La consigliera veneta si infila tra Bersani e Renzi con una candidatura nata dal movimento "Se non ora quando". Punta a conquistare i voti di delusi, donne, giovani, Cinque Stelle. "Bisogna ricominciare a parlare di giustizia e ambiente, difendere i lavoratori, battersi per le riforme"
Laura Puppato da brava veneta è un motore diesel che parte piano, ma poi taglia i discorsi in due col bisturi. Da quando ha annunciato la sua candidatura alle primarie del Pd mettendosi in mezzo tra Renzi e Bersani “arrivano migliaia di mail di incoraggiamento: madri, docenti universitari all’estero che torneranno per votarmi, imprenditori , studenti, consiglieri regionali di tutta Italia, sindaci, ma anche tanti politici”. Quali? Mistero. La verità è che Laura, imprenditrice di 55 anni e animale politico, 60mila voti a sorpresa alle Europee 2009 e 26mila preferenze alle ultime regionali – quasi la metà dei voti andati al centrosinistra – oggi capogruppo del Pd in Regione è piaciuta sempre poco all’apparato (ma è la cocca di Cacciari) e tanto alla civitas communis: “Ho un’utilitaria, vivo in una casetta a schiera e sono un viaggiatore leggero perché uso il treno, sarà per quello?”. Tanto da riuscirle lo scherzo di diventare sindaco di Montebelluna nel cuore della Marca leghista, una specie di villaggio di Asterix che lei ha governato con solida efficienza costruendo asili nido e casette a schiera per le giovani coppie, dando corso a best practice come raccolta differenziata, riciclo, risparmio energetico e tutela ambientale.
Ora a sorpresa annuncia di voler fare il terzo incomodo alle primarie con una candidatura nata dal movimento di donne “Se non ora quando” (che pare avessero pensato in prima battuta a Concita de Gregorio, che ha declinato ma tirato la volata all’amica Puppato con l’articolo su Repubblica) che attinge all’entourage ambientalista e strizza l’occhio al mondo femminista e movimentista di una sinistra un po’ appannata. L’idea è di recuperare voti dall’astensionismo e dai grillini delusi.
Ora che si è candidata alle primarie molti politici anche del Pd hanno storto il naso richiedendole di dimettersi dalla Regione.
Opinioni legittime, però mi sembrava che il contraddittorio a due non avesse senso, e poi è giusto che una grande forza politica come il Pd ricominci a parlare di giustizia e ambiente, difenda i lavoratori, si batta per le riforme. Da veneti siamo propensi a pensarci nelle seconde e terze file, e poi c’è una diffidenza di genere trasversale a tutti i partiti: sono una donna. Anche la candidatura di Tina Anselmi nel ‘96 è stata bruciata due volte, penso che se avesse governato avremmo avuto meno problemi su questioni tipo la P2. Quanto alle dimissioni, perché nessuno chiede a Renzi di dimettersi da sindaco di Firenze? Perché non lo hanno chiesto a Vendola?
Ha sentito i suoi avversari?
Bersani mi ha chiamato a cose fatte, dice che ha capito e apprezzato la mia scelta. Tra noi c’è un ottimo rapporto.
E Renzi?
Mi voleva reclutare nel suo staff, aveva pensato a me come sostegno alla sua candidatura. Non so come l’ha presa, mi ha mandato un piccolo sms di auguri.
La notorietà di Bersani e Renzi e l’uso che faranno dei media nei prossimi mesi non sono paragonabili alle sue armi e alla sua notorietà. Come pensa di spuntarla?
Questa è una cosa che mi piace, e credo che essere meno nota sarà persino un vantaggio. C’è bisogno di sobrietà, e di mettersi a disposizione e a livello dei cittadini.
In concreto da presidente del Consiglio cosa farebbe nel caso dell’Ilva?
Attiverei di nuovo i fondi europei – quei 3miliardi e 29 milioni che Berlusconi si è mangiato per l’operazione Alitalia – per bonificare il territorio, e farei fare un’indagine per comprendere se ci sono alternative all’ubicazione del sito. In caso contrario farei controllare che sia messo in sicurezza in ogni sua parte, non è da paese occidentale che ci siano i depositi delle ceneri senza copertura.
Alcoa?
Organizzerei una riunione con la Regione e gli imprenditori locali per valutare quali start up si possono avviare e per cercare delle attività imprenditoriali alternative che possano impiegare le maestranze, magari debitamente riconvertite secondo un programma di formazione professionale. Avrei speso così i soldi che il governo ha buttato dal 2009 per tenere aperto un sito senza nessuna idea di una programmazione industriale.
Fiat?
Indirei un tavolo immediato di concertazione nel quale venga presentato il piano industriale dell’azienda, quello che non è mai stato presentato da Marchionne, dove siano specificati gli investimenti nei veicoli nuovi, chiedendo particolare attenzione a verifiche dal punto di vista ecologico e ambientale e prevedendo veicoli ibridi ed elettrici.
Marghera?
Attingendo a fondi europei si dispone la bonifica del territorio per pianificare un progetto di riconversione sul modello del bacino tedesco della Ruhr, dove ci sia spazio per la produzione industriale con strutture innovative e attenzione all’ambiente, e recuperando l’archeologia industriale con dei musei.
Renzi lo sa che lei sta per diventare nonna?
Non glielo dite sennò mi rottama subito.
da Il Fatto Quotidiano del 18 settembre 2012