Nel mirino dei pm il collasso di Sopaf, la finanziaria della famiglia dell'ex presidente italiano di Lehman Brothers. La settimana scorsa era stato il turno della controllata. Banca Network Investimenti. Il 4 ottobre l'udienza pre fallimentare della holding
Dopo Banca Network, la Procura di Milano vuole vederci chiaro anche sul collasso della Sopaf. In seguito all’istanza di fallimento presentata da Unicredit, infatti, i magistrati hanno aperto un’inchiesta conoscitiva nei confronti della finanziaria della famiglia Magnoni, sull’orlo del crack anche per il colpo di grazia arrivato dal tracrollo dell’istituto di credito in liquidazione coatta amministrativa dal 16 luglio 2012, dopo essere stato in amministrazione straordinaria a partire dal novembre 2011.
Giusto ieri l’assemblea della holding ha confermato l’intenzione di presentare una richiesta di concordato preventivo. Intanto per il prossimo 4 ottobre è stata fissata l’udienza pre-fallimentare davanti al giudice Francesca Mammone. Da quanto si è saputo l’indagine affidata ai pm Gaetano Rutta e Roberto Pirro Balatto è stata avviata dopo la trasmissione per conoscenza da parte del tribunale fallimentare dell’istanza avanzata dall’istituto di credito milanese.
Per quanto riguarda l’udienza pre fallimentare si ipotizza che i legali di Sopaf chiederanno i termini per poter appunto presentare la domanda di concordato preventivo sfruttando, peraltro, le possibilità offerte dal decreto sviluppo.
Sul tema stamattina è intervenuto anche l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, che a parole ha manifestato un’apertura verso la società dei Magnoni, clan familiare da sempre dietro alle quinte della finanza che conta con ruoli non secondari in operazioni come la scalata di Roberto Colaninno a Telecom Italia, ma anche, nel crac di Lehman Brothers, con Ruggero Magnoni che della banca d’affari americana è stato il presidente per l’Italia fino al fallimento.
“La flessibilità su proposte concrete c’è”, ha detto Ghizzoni la cui banca è uno dei maggiori creditori di Sopaf, ma ha poi subito aggiunto: “Noi per definizione se ci sono le proposte le ascoltiamo però al momento non le abbiamo”. Il banchiere ha anche confermato che Unicredit, in qualità di banca agente, il 10 settembre aveva chiesto il fallimento di Sopaf anche per conto degli altri creditori che, oltre alle banche, comprende anche gli obbligazionisti della società. In particolare l’importo delle rate scadute dei finanziamenti di tutti i creditori del pool rappresentato dalla banca è di 19 milioni di euro.
Ieri in assemblea Giorgio Magnoni, che di Sopaf è vicepresidente e amministratore delegato, aveva detto che la richiesta di fallimento arrivata da Unicredit, “sembra un fatto straordinario, anomalo e inconsulto anche per le modalità, visto che lo abbiamo saputo dalla stampa senza esserne informati”. Magnoni aveva anche dichiarato che i vertici di Sopaf stanno mettendo in atto “tutti gli sforzi” per arrivare a un concordato in continuità “con un cavaliere bianco” ma “al momento non ci sono trattative tali da poter considerare il concordato in continuità come l’ipotesi prevalente”. Su questa base la società ha comunicato che il concordato liquidatorio è “l’ipotesi più probabile”.
Di fronte all’ipotesi che gli azionisti mettano mano al portafoglio e procedano con un aumento di capitale, Magnoni ha ribadito che tutti gli azionisti sono “interessatissimi alla continuità aziendale e a mantenere in Borsa un nome dalle origini antichissime. Sicuramente saremmo i primi interessati a sostenere la continuità e, se ci saranno sacrifici da fare, li faremo”. Ai detentori dei bond convertibili (per 31 milioni di euro), infine, Magnoni ha garantito che “in un processo ordinato di dismissione dei beni si troveranno le risorse necessarie per un rimborso di tutti i creditori, compresi gli obbligazionisti“. Tuttavia ha poco dopo aggiunto che “E’ un momento difficile ma, con la cautela che la situazione impone, credo che il rimborso, ancorché parziale, dei titoli obbligazionari avverrà senz’altro”.