Secondo un sondaggio realizzato da Ifop per il quotidiano francese Le Figaro, la maggioranza dei francesi oggi voterebbe No al Trattato di Maastricht, la pietra fondante dell’Euro. Nel 1992 il Si passò per un soffio in Francia, con il 51 per cento, mentre oggi i No sono al 64 per cento. Insomma, vent’anni dopo non ci sarebbe bisogno di ricontare le schede: il trattato di Maastricht non passerebbe mai. D’altronde la Francia non è nuova a clamorosa bocciature: nel maggio del 2005 i francesi dissero No (insieme agli olandesi) alla Costituzione europea, poi riciclata in parte all’interno del trattato di Lisbona (2009).
Ma il sondaggio de Le Figaro non fa altro che confermare il trend ascendente dell’euroscetticismo in tutta Europa. Da una parte i Paesi del Nord arrabbiati con Bruxelles perché costretti a dare, dall’altra quelli del Sud arrabbiati perché costretti a misure di austerità draconiane. In mezzo l’idea che “si stava meglio prima” e che addossa tutti i mali possibili all’Euro (carovita, stipendi bassi e così via) e agli “euroburocrati”. E poi una parte della classe politica, estremista o emergente, pronta a soffiare sul fuoco del risentimento popolare per trovare un capro espiatorio o un vantaggio elettorale.
A ben guardare, se gli euroscettici alla Nigel Farage (leader dell’Uk Independence Party ed eurodeputato), avessero davvero ragione, sarebbe quasi una bella notizia. Basterebbe stracciare la moneta unica, sfasciare tutto a Bruxelles e mandare a casa qualche migliaio di persone per risolvere la crisi. Ma purtroppo le cose sono un po’ più complesse. Partiamo dalla crisi dell’Euro, che tutto è tranne che “dell’euro”. Tutto inizia negli Usa dove l’implosione delle subprime, conseguenza inevitabile di un mercato finanziario gonfiato all’inverosimile, ha scatenato un effetto domino mondiale che arriva in Europa nel settembre 2008. A farne le spese per prima non è la Grecia ma la Roskilde, banca danese nazionalizzata il 24 agosto, poi le inglesi Northern Rock e Bradford&Bingley, infine le scozzesi Royal Bank of Scotland e Halifax Bank of Scotland. Il resto è storia. Il legame a doppio filo che lega debiti bancari e debiti sovrani ha trascinato nel baratro l’intero vecchio continente, e a farne le spese sono stati quei Paesi con le economie più fragili, il debito pubblico più alto, gli apparati statali meno efficienti e la classe politica meno preparata, come la Grecia. Insomma l’euro non ha fatto altro che tenere a galla quei Paesi che se avessero avuto una moneta più debole (come la dracma) sarebbero stati travolti da una spirale inflazionistica disastrosa.
Una cosa è vera: l’Ue si è lasciata cogliere impreparata perché la sua struttura politica attuale non le ha permesso un intervento tempestivo come negli Usa, dove c’è un governo federale e una banca, la Fed, che agisce come una vera banca centrale. Ecco che le decisioni che contano si è dovuto prenderle in un’interminabile tarantella di vertici europei dove i Berlusconi, le Merkel e i Sarkozy di turno venivano a Bruxelles accompagnati dal flash dei fotografi. Tra una battuta di Berlusconi e un duetto Sarkozy-Merkel (Merkozy) sono passati mesi dove non si è deciso niente, gli spread aumentavano, le agenzie di rating declassavano e il popolo greco restava al palo. Poi sono arrivate alcune elezioni nazionali, e allora apriti cielo.
Fatto sta che la macchina dell’Ue, progetto politico incompiuto e assolutamente imperfetto, si è messa in moto, grazie anche all’impulso di due italiani: Mario Monti e Mario Draghi.Adesso sono in cantiere una serie di riforme (unione bancaria europea, sorveglianza bancaria europea, ministro dell’economia europea e così via) che daranno solidità all’Ue cercando di renderla immune in futuro ai terremoti finanziari e di darle i poteri di proteggere i suoi cittadini. Ovviamente si tratta di un procedimento irto di insidie e dove i poteri forti vogiono tutelare soprattutto i propri interessi.
Alla luce di quanto detto, la domanda è questa: dove sono le responsabilità dirette dell’Ue? Di cosa possiamo incolpare José Manuel Barroso, Martin Schulz o Herman Van Rompuy? A voi la risposta.
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