L’ obiettivo non potrebbe essere più ambizioso: nientemeno che rivoluzionare la politica europea. Nati sei anni fa in Svezia, diventati un soggetto politico di prima grandezza con le sorprendenti affermazioni in diversi Länder tedeschi (15 deputati a Berlino, 50 seggi su 150 in Bassa Sassonia), i Pirati di tutto il Continente si preparano ora al grande salto: un partito unico che si presenti compatto all’appuntamento del 2014 delle elezioni per l’Europarlamento.
NIENTE a che fare con le varie internazionali, democristiana o socialista, concepite come un semplice coordinamento tra forze politiche affini dei singoli paesi. No, loro pensano a un soggetto unitario (c’è già una sigla, chissà se definitiva: Ppeu) basato su quella che qualcuno ha già definito come “democrazia allo stato liquido”. Formula in apparenza oscura, dietro la quale si cela il coinvolgimento diretto dei militanti nell’elaborazione dei programmi e in tutte le decisioni interne alla vita del movimento. In che modo? Attraverso la Rete, che è il luogo dove i Pirati (oggi presenti già in oltre venti paesi) si sono affermati, in origine proprio con la difesa della pirateria informatica. Grazie al programma LiquidFeedback – sviluppato dalla Public Software Group su richiesta del Piratenpartei tedesco – gli attivisti di tutti i paesi europei potranno disporre di uno strumento “open source”che consentirà agli iscritti di esercitare la democrazia diretta votando ordini del giorno e partecipando all’elaborazione dei singoli punti del programma politico. Su ogni questione si aprirà un dibattito online, con un tempo d’intervento limitato, e poi si tireranno le somme. L’idea ha il suo fascino, bisognerà poi vedere il funzionamento alla prova dei fatti. Tra i dubbi più diffusi, uno riguarda proprio la possibilità di elaborare programmi coerenti mettendo insieme le proposte più svariate che tutti gli iscritti dovranno inviare nel rigido rispetto dei tempi stabiliti. Ci si chiede poi se il lavoro non possa essere falsato dall’incursione di troll, con le loro provocazioni. E ancora, in un’Europa in cui predominano ancora gli orgogli nazionali, resta la perplessità sul fatto che i Pirati siano capaci di abbattere tutte le barriere e trovino sufficienti punti di contatto tra il nord e il sud del Continente.
DUBBI in qualche modo avallati dallo stesso fondatore del Pirate Party svedese (l’unico che abbia finora portato due deputati all’Europarlamento), Rick Falkvinge, che pur affermando che “Internet è lo strumento più importante inventato dall’essere umano per raggiungere l’uguaglianza”, avverte in un’intervista a Wired che “l’attivismo online non è sufficiente”. Per avere però un’idea di come funzioni l’esperienza dei Pirati una volta passati al vaglio delle urne, bisogna guardare al caso della Germania, il paese in cui finora hanno raccolto i maggiori consensi. Il sistema di selezione dei candidati risulta sicuramente innovativo. A elaborare le liste non sono i dirigenti del partito, ma direttamente la base: chi vuole presentarsi alle elezioni deve passare attraverso la dura prova del “Kandidatengrill”, la cosiddetta graticola del candidato. Una serie di domande formulate dagli iscritti che ne devono valutare l’idoneità. Facendo un bilancio a un anno di distanza dal successo ottenuto a Berlino, il quotidiano Tageszeitung ha definito i deputati Piraten come “cattivi ragazzi e riformatori”. Hanno difeso i punti fermi del loro programma, trasporti pubblici gratuiti, diritto alla casa per tutti, e hanno portato al Parlamento regionale un nuovo modo di fare politica. Più trasparente, rendendo pubblici i loro introiti e i contatti con i lobbisti.