E’ proprio vero: ognuno dovrebbe fare il suo mestiere. Se una nasce modella, faccia la modella, non si metta a cantare. Così pure, uno che nasce cantautore, non si monti la testa scrivendo libri. Ed uno che fa il palazzinaro, non si butti in politica. E questo vale anche per Reinhold Messner. Nacque alpinista, è stato sicuramente dal punto di vista delle imprese portate a termine, ma anche dell’etica, uno dei più grandi di tutti i tempi. Ma, per favore, non si metta a parlare di ambiente.

Ho pensato questo quando ho letto un’intervista da lui rilasciata e pubblicata sull’ultimo numero della Rivista del Club Alpino Italiano “Montagne 360°”, in cui egli rivolge un’accusa agli ambientalisti, anch’essi, a suo dire, colpevoli dello spopolamento della montagna in Piemonte e Lombardia, in quanto avrebbero impedito la costruzione di infrastrutture.

Parlo da ambientalista che in Piemonte si è da sempre occupato anche di infrastrutture in montagna e posso dire, con cognizione di causa, questo. Nelle Alpi Occidentali  l’abbandono della montagna è stato determinato non certo dalla mancanza di infrastrutture (leggasi “strade”), quanto dalla estrema frammentazione della proprietà fondiaria, dal disinteresse della classe politica per l’economia montana, dalla nascita di poli industriali in pianura. Anzi, “quando furono fatte le strade, la gente fuggì via dalla montagna” mi disse un tempo un pastore di Marmora (CN).

Da qualche decennio invece la normativa regionale agevola l’apertura di piste agro-silvo-pastorali, e spesso, è vero, gli ambientalisti, io compreso, si sono battuti contro l’apertura di alcune di esse. Ma, a parte il fatto dirimente che gli ambientalisti – ad onta di quanto affermato da Messner – non hanno purtroppo impedito l’apertura di alcuna pista/strada, il problema di fondo rimane lo stesso: senza il sostegno a diversi livelli delle pubbliche amministrazioni, non bastano le infrastrutture per rilanciare l’economia montana, come appunto l’Alto Adige bene insegna.

E poi, devo dire che l’opposizione non di principio, ma mirata contro le piste è e rimane sacrosanta. Prima di autorizzare, occorrerebbe verificare il luogo dove la si vorrebbe realizzare, i criteri per realizzarla, ma soprattutto la vera intenzione di recuperare le baite a fini agro-pastorali. Altrimenti si rischia di fare le piste e le baite rimangono comunque vuote, o, peggio, diventano semplicemente seconde case. E comunque esistono alternative infrastrutturali molto meno impattanti delle piste percorribili con auto (cito teleferiche, funivie, piste trattorabili, rotaie montane), che spesso danneggiano irreparabilmente la montagna ed innescano fenomeni di dissesto idrogeologico.

Purtroppo, non è la prima volta che Messner si inoltra nel terreno per lui minato della tutela dell’ambiente. Sempre sulla Rivista del CAI nel 2008 affermò la propria sostanziale contrarietà a parchi e wilderness montana, privilegiando il fattore umano sulla natura. Quasi che la natura non potesse vivere, e bene, senza l’uomo.

E così pure destò non poche perplessità la sua posizione a favore della tremenda autostrada detta “Alemania”, che, a suo vedere, avrebbe dovuto essere terminata, congiungendo Italia ed Austria passando da Cortina ed in Val Pusteria. Del resto, oltre che per l’acqua “altissima, purissima, Levissima”, si prestò a suo tempo per una pubblicità ai fucili Beretta. In compenso, nel passato, è stato uno dei garanti   dell’associazione ambientalista Mountain Wilderness ed attivista per la stessa. Chissà, forse un po’ più di coerenza non guasterebbe.

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