L'intervista concessa dai due sostituti procuratori che indagano sulla trattativa il giorno prima del documento di Md sul caso Ingroia: Sava: "Non possiamo più tacere". Del Bene "C'è una certa fibrillazione ai vertici della corrente"
Da dieci anni coordinano inchieste di mafia e dicono: ‘’Non abbiamo perso un processo’’. Oggi rivendicano una storia professionale “cristallina”, respingono ogni attacco alla solidità dell’inchiesta, si schierano al fianco del gup Piergiorgio Morosini e alla fine lanciano un appello ad “abbassare i toni della polemica e del fragore mediatico perché il processo ha bisogno di serenità”. Sono i pm della trattativa lontani dai riflettori, quelli che non fanno notizia: Lia Sava e Francesco Del Bene, entrambi di Magistratura democratica. La prima ha indagato sul caso Lombardini, sulla mafia delle Madonie, su Dell’Utri e su Renato Schifani. Il secondo è il pm del processo Rostagno e indaga sul mistero caso Giuliano.
A loro si deve la cattura di superlatitanti come Nino Giuffrè, Domenico Raccuglia e Salvatore Lo Piccolo. Sava è membro dell’esecutivo nazionale di Magistratura democratica e segretario di Palermo. Con Ingroia, dunque, sono di Md tre dei quattro pm che indagano sulla trattativa mafia-Stato, e lo è anche il gup Piergiorgio Morosini, il giudice che dovrà decidere il destino dell’inchiesta, che pochi giorni fa si è autosospeso da segretario nazionale, mentre i leader storici della corrente, Giuseppe Palombarini e Giuseppe Cascini, giurano sull’innocenza dell’ex Guardasigilli Giovanni Conso, indagato per falsa testimonianza, uno dei protagonisti del cedimento istituzionale nel novembre ’93. Ora Sava e Del Bene rompono per la prima volta un silenzio durato anni nel giorno in cui la loro corrente, in un’assemblea locale, discute delle polemiche rimbalzate sulla mailing list interne che ha accolto posizioni opposte, perfino sull’opportunità di aprire l’indagine sulla trattativa. Sulla spaccatura dell’area di sinistra della magistratura e sul fragore che circonda l’indagine sul dialogo tra lo Stato e la mafia, li abbiamo intervistati.
Perché avete deciso ora di rompere il riserbo al quale vi siete sempre attenuti? Sava: Pur essendo fra i pm anziani della Dda di Palermo, siamo sempre stati zitti perché non amiamo i riflettori, ma siamo consapevoli che nel momento in cui si scatenano attacchi, che riteniamo ingiusti e concentrici, che si sono abbattuti sulla nostra indagine e sulla procura di Palermo, non si può più tacere. Del Bene: Siamo stati accusati di aver violato la legge. Si sono scatenati i peggiori pregiudizi negativi su questa indagine, soprattutto da chi non ne conosce neanche una carta. E per questo si sono concentrate le accuse soprattutto sul coordinatore del pool di cui facciamo parte, Antonio Ingroia. Cosa dovremmo fare? Tacere all’infinito? Crediamo che sia il capo della procura Francesco Messineo, sia Ingroia, non avevano altra scelta che assumersi la responsabilità di parlare a difesa del nostro lavoro.
Il segretario nazionale di Md e gup della trattativa Morosini ha gettato la spugna dell’impegno sindacale autosospendendosi dalla sua carica. Ha fatto bene? S: Certo. Anche noi siamo di Md e apprezziamo la scelta molto seria del nostro segretario. DB: L’udienza preliminare si preannuncia molto lunga e complessa. Può durare persino un anno e sarà segnata da un gran numero di eccezioni e questioni procedurali. Morosini dovrà affrontare da solo questo percorso, che è evidentemente inconciliabile con gli impegni di un segretario nazionale di corrente.
Il segretario nazionale si autosospende. Due leader storici difendono un indagato eccellente. La voce di Nello Rossi “pizzicata” nelle intercettazioni: sullo sfondo i mal di pancia diffusi per mail sulla visibilità mediatica acquisita da Ingroia, altro iscritto di Md, che rivendica il diritto di parlare a difesa di una verità sulla stagione delle stragi, sempre più vicina masempre più osteggiata. Perché questa indagine è così dirompente per Md? S: Dobbiamo accettare le critiche, fa parte del Dna della corrente. Palombarini critica? È un suo diritto. Il garantismo è un pezzo della cultura di sinistra, ma nelle sue diverse anime, Md ha sempre mirato al miglior funzionamento del servizio giustizia e all’attuazione piena del principio di uguaglianza di fronte alla legge. E continuerà a farlo, anche nel caso in questione, ove le diverse sensibilità possono essere variamente solleticate. DB: C’è, è indubbio, una certa fibrillazione ai vertici della corrente, forse dovuta alla volontà della struttura centrale di Md di evidenziare critiche alla gestione della procura di Palermo. Non so se per la sovraesposizione di Ingroia o per altro.
Il conflitto di attribuzione, le prese di distanza istituzionali, la mancata costituzione di parte civile del governo, e poi gli attacchi mediatici, i falsi scoop, il ‘’fuoco amico’’: quanto incide questo clima sull’efficacia della vostra inchiesta? S: Sta per iniziare una fase molto delicata dell’inchiesta. Con l’appuntamento della Consulta alle porte e l’udienza preliminare tra un mese. È il momento di abbassare i toni della polemica e del fragore mediatico. Abbiamo bisogno di serenità, noi e soprattutto il gup. Un minimo di rispetto deve essere riconosciuto a tutti: un conto è la critica, altra cosa e’ l’attacco pregiudiziale disinformato. DB: Con la partenza di Ingroia, collega di grande carisma, il nostro pool perde sicuramente qualcosa. Questo non significa che il successore non riuscirà a garantire le medesime condizioni di autonomia di cui abbiamo goduto fino ad ora, ma di certo siamo ad una svolta. E il momento è estremamente delicato. Diciamo basta alle delegittimazioni. E invitiamo tutti ad un maggiore rispetto per il nostro lavoro, che sarà valutato da un giudice.