Nonostante i lavoratori in sciopero, pochissimi voli in partenza e un futuro da "polo tecnologico aeronautico" come detto dal governo Monti, il Ridolfi rimane aperto. Dall'amministrazione comunale appena approvata una delibera per 1,6 milioni di euro
Nonostante la liquidazione della società di gestione avviata a maggio 2012, la mancanza cronica di passeggeri, e la cancellazione futura dello scalo decisa dal ministro Corrado Passera, l‘aeroporto di Forlì continua a divorare soldi pubblici.
Non è ancora stata scritta la parola fine allo psicodramma del Ridolfi. I suoi lavoratori (un centinaio) sono in cassa integrazione da mesi. Al momento è rimasta una manciata di voli, ancora di meno dopo la cancellazione invernale delle tratte per Budapest e la Polonia da parte della compagnia Wizz Air (l’altro vettore ancora in corsa è Belle Air, rotta unica l’Albania). Sullo sfondo procede l’inchiesta della Procura, sul buco da oltre 10 milioni di euro nelle vecchie gestioni dal 2008 al 2010 segnate dalla parabola Wind Jet. Seaf, la società di gestione in liquidazione, è costata alla collettività 40 milioni di euro solo nel periodo 2004-2010. Bisogna aggiungere altri milioni degli ultimi anni (il deficit a maggio era di circa 15).
Eppure, l’imperativo a Forlì è uno: resistere, resistere, resistere. Gli enti locali, mai domi nemmeno dopo il rigetto di Bologna e di Rimini (che ha i suoi bei problemi) all’integrazione regionale, si aggrappano ora all’Enac. L’ente nazionale dell’aviazione civile il primo ottobre si riunirà in un consiglio di amministrazione che dovrebbe dare il via libera al bando europeo per la riassegnazione della concessione trentennale dell’aeroporto. Si tratta dell’ultimo ed estremo tentativo per continuare a sperare in un Ridolfi non solo scuola di volo, ma struttura commerciale vera. E sì che l’ultima versione del piano nazionale degli aeroporti firmata dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, uscita in agosto, ha assegnato al Ridolfi un futuro come “polo tecnologico aeronautico”. Non a caso, agli inizi di settembre Forlì è stata protagonista di un accordo milionario tra Enav e la Libia sulla formazione dei controllori di volo, con una commessa da un milione di euro per la formazione di 140 controllori del traffico aereo proprio sul suolo romagnolo. Ma bisogna tornare a far volare i passeggeri, è il refrain del Comune e degli altri soci che non si rassegnano.
Ieri la nuova puntata. In Comune è stata approvata la delibera (l’Idv ha votato per la terza volta no spaccando la maggioranza) che assegna allo scalo, complessivamente, altri 1,6 milioni di euro. I fondi comunali, stanziati attraverso la holding “Livia Tellus”, ammontano a 764.000 euro per una quota azionaria pari al 47,7 %. Riaprono la borsa anche la società regionale Sar (29,1%, 466 mila euro), la Camera di commercio di Forlì-Cesena (11,52%, 184 mila euro), la Provincia (8,6%, 138 mila euro) e Unindustria (0,12%, appena 1.917 euro).
Nella delibera c’è scritto che l’ennesima ricapitalizzazione è finalizzata “ad assicurare la (temporanea) continuità di un pubblico servizio secondo quanto previsto dalla convenzione di gestione della infrastruttura aeroportuale”. Il sindaco Roberto Balzani si è sbracciato in consiglio comunale per assicurare che si tratta solo della ‘benzina’ necessaria per consentire di arrivare al bando Enac, non ci sono accordi commerciali sotto banco (nulla a che vedere con i famigerati esborsi a favore di Wind Jet, insomma). L’obiettivo è non portare i libri di Seaf in tribunale. Il nuovo bando (l’altro è andato deserto un paio d’anni fa) vale sette milioni: 5,7 milioni rappresentano l’indennizzo per gli investimenti già effettuati da Seaf e non ancora ammortizzati, ci saranno due mesi per presentare offerte e 45 giorni di adempimenti conseguenti. La verità sarà nota a gennaio, dunque, nonostante il liquidatore di Seaf, Riccardo Roveroni, avesse annunciato l’avvio della gara entro luglio.
Il quadro è ormai desolante anche per l’altro aeroporto della Romagna, il Federico Fellini di Rimini. Quest’estate i revisori dei conti della società Aeradria hanno detto che o si ricapitalizzava la società entro il 10 settembre o si sarebbe aperta la strada ad “un’insolvenza irreversibile”. Al momento non è ancora stata perfezionata la ricapitalizzazione da sette milioni: mancano all’appello tra gli altri i soldi della Regione, che non ha ancora deliberato l’iniezione di denaro pubblico.
E sul fronte passeggeri non va meglio. Il presidente dello scalo, Massimo Masini, contesta i dati pubblicati oggi dal quotidiano la Voce di Romagna. “Il calo di passeggeri non è di 80 mila, ma di 60 mila nei mesi di luglio e agosto rispetto agli stessi mesi del 2011 e in gran parte si spiega con la crisi della Wind jet”, dice a ilfattoquotidiano.it Masini. “Ma considerando i mesi da gennaio ad agosto siamo in pari col 2011”. Ma è questo mese ad aver segnato un tracollo. Solo nelle prime due settimane di settembre lo scalo romagnolo avrebbe perso 13 mila passeggeri rispetto all’anno passato.
Oltre alla ricapitalizzazione c’è poi la questione del prestito fruttifero da almeno sei milioni di euro per ripianare i debiti da 8 milioni. La Provincia (azionista di maggioranza) ci sta lavorando, ma molto dipende dalla volontà dei soci privati, come la Fiera e le categorie. Ancora soci importanti come la Regione Che ormai si sono svenati.