Testata: Sueddeutsche

Data di pubblicazione: 11 settembre 2012

Autore dell’articolo originale: Andrea Bachstein

Traduzione di Claudia Marruccelli per italiadallestero.info

Morte in costume da bagno

Gaetano Marino muore il 23 agosto, colpito da una pioggia di proiettili davanti agli occhi inorriditi dei bagnanti. A due settimane dall’omicidio dello spacciatore, segue quella che si presume sia la sanguinosa ritorsione di una banda rivale. Due delitti che dimostrano come la guerra tra i clan camorristi di Napoli si stia riaccendendo e la piaga della mafia si stia espandendo.

Raffaele Abete ha mosso i suoi ultimi passi all’uscita del bar Zeus in via Roma, nel nord di Napoli. Dopo un caffè a tarda notte, il 42enne è stato freddato con tre colpi di pistola da due sicari che lo aspettavano all’uscita. Molto probabilmente si tratta di una vendetta per un altro omicidio commesso circa due settimane fa. Questi omicidi, sommati ad almeno altri cinque avvenuti nei mesi scorsi, ci fanno pensare che i morti non si fermeranno qui: dopo alcuni anni relativamente pacifici, Napoli sembra essere piombata in una nuova guerra tra clan camorristi rivali.

Tornano alla mente i brutti ricordi dei tempi sanguinosi degli anni novanta e dei primi anni duemila, quando nella metropoli campana ci furono centinaia di morti per conflitti tra gruppi mafiosi. La sola “faida di Scampia“, protrattasi per mesi tra il 2004 e il 2005, provocò un centinaio di vittime. E i due recenti omicidi potrebbero essere collegati proprio a quella faida.

All’epoca si staccò dal clan dei Di Lauro il gruppo di quelli che da allora sono chiamati gli “scissionisti“. Seguirono ulteriori scissioni e adesso una complicata costellazione di ex-alleati, vecchi e nuovi nemici, si trovano ad affrontarsi tra di loro. Raffaele Abete aveva anche lui la sua bella lista di precedenti penali, ma era soprattutto fratello di Arcangelo Abete, uno dei fondatori degli scissionisti, attualmente detenuto.

Conti aperti di una vecchia faida

Era fratello di un capoclan attualmente detenuto, anche Gaetano Marino, ma sembra che lui fosse apertamente sospettato di voler uscire dal gruppo degli scissionisti. È morto in costume da bagno. Nel pomeriggio del 23 agosto, Marino, che aveva perso le mani per lo scoppio di un ordigno, è stato attirato con una telefonata sul lungomare della famosa località di villeggiatura Terracina. Lo spacciatore camorrista è crollato al suolo sotto una pioggia di proiettili, davanti agli occhi inorriditi dei bagnanti. La risposta all’omicidio nella tranquilla giornata estiva è arrivata adesso, ai margini del quartiere napoletano Scampia. Come il vicino quartiere Secondigliano, Scampia appartiene al cosiddetto “triangolo della morte”, che è anche la zona in cui si svolgono i fatti raccontati nel romanzo “Gomorra” di Roberto Saviano.

Gli omicidi sono probabilmente riconducibili a conti rimasti aperti nella vecchia faida, ma anche e soprattutto al mercato della droga di Secondigliano e Scampia. Si stima che il fatturato ammonti a 100 milioni di euro all’anno, sono in centinaia a trarne profitto, tra cui anche minorenni e bambini. Il labirinto di vicoli tra i blocchi di cemento dei condomini offre agli spacciatori nascondigli, vie di fuga e depositi per la loro merce.

Per la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza rappresentano invece una fitta boscaglia difficile da penetrare e in cui vige la legge dell’omertà. Numerosi arresti hanno tuttavia reso più difficoltoso per i vari clan lo spaccio di cocaina, eroina e altri stupefacenti, inasprendo così anche la concorrenza.

“Il contrattacco dello stato comincia a farsi sentire”, afferma il questore di Napoli Luigi Merolla. Nei giorni scorsi, durante alcuni rastrellamenti nei caseggiati di Scampia e Secondigliano, la polizia ha sequestrato anche dei kalashnikov. L’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe ha definito la camorra un “tumore”. E, come dimostra l’omicidio di Terracina, la piaga si espande anche verso Nord.

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