Sergio Marchionne
Foto: LaPresse

Marchionne, che in molti paesi è ritenuto un grande leader d’impresa, è ancora una volta sul banco degli imputati in Italia. In molti si scagliano contro di lui, dimenticando che fu Marchionne a salvare la Fiat ormai prossima al fallimento solo pochi anni fa.

Sono previsti incontri tra i vertici Fiat e il Governo nelle prossime ore. 

Vale la pena di citare qualche dato sulla FIAT. Ad agosto il gruppo Fiat-Chrysler ha venduto circa 20 mila pezzi in Italia; 98 mila in Brasile (un vero record in quello che è il quarto mercato mondiale), 168 mila in Usa e Canada (5 mila delle quali costituite dalla Fiat 500). Se si considerano i primi otto mesi del 2012 si scopre che Fiat ha venduto circa 600 mila pezzi in Europa (330 mila dei quali in Italia); circa 600 mila vetture in Sud America e un milione e 300 mila fra Usa e Canada.

Da questi dati emerge con chiarezza che il mercato europeo e soprattutto quello italiano sono quelli che per il gruppo Fiat vanno meno bene. L’Italia in particolare pesa relativamente poco in termini di vendite per il Gruppo di Torino.

In molti pensano che la Fiat sia pronta a lasciare l’Italia ma non vi sono prove concrete di un simile disegno.

Diodato Pirone su Il Messaggero di oggi ricorda che “Fiat un anno fa ha investito 800 milioni nel plant di Pomigliano appena premiato come migliore stabilimento europeo da una rivista ingegneristica tedesca, sta riaprendo una fabbrica Maserati a Grugliasco tirando via da 8 anni di cassa integrazione mille operai, sta assumento 300 ingegneri all’emiliana Vm motori per importare grandi diesel a Detroit”. 

Non è solo Fiat ad avere problemi in Europa; General Motors da ben 14 anni registra perdite con la sua controllata Opel (quest’anno perde circa un miliardo di euro) e lo stesso accade a Ford, la cui filiale europea quest’anno perderà all’incirca 2 miliardi di euro. Peugeot-Citroen del resto perdono 7 milioni al giorno. Non è vero quindi che sia solo FIAT ad andare male in Europa mentre tutti fanno profitti.

Marchionne ha svelato a Repubblica che Fiat quest’anno farà in Europa 700 milioni di euro di perdite. Il gruppo da anni insomma fa profitti in altri mercati che poi sono distrutti dalle perdite in Italia.

La Chrysler, dopo la cura Marchionne, dovrebbe produrre oltre 3,5 miliardi di utile operativo e 1,5 miliardi di utile netto. L’incremento nella produzione di auto negli impianti americani di Chrysler è stata in 24 mesi pari al 52%. E questo spiega perché in Usa Marchionne sia considerato un vero guru dell’auto.

La crisi del mercato europeo e di quello italiano in particolare hanno reso obsoleto il Piano Fabbrica Italia. Due anni fa si pensava di raddoppiare la produzione in Italia ma poi il quadro è talmente peggiorato che è divenuto non più razionale investire nella produzione in Italia. Una delle idee strategiche era quella di produrre in Italia a costi ridotti per poi esportare in USA e in altri mercati, ma il conflitto con il sindacato ha reso meno semplice questa strategia.

Alcuni osservatori suggeriscono a Fiat di vendere l’Alfa Romeo (Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera ad esempio lo ripete da tempo), ma una simile scelta segnerebbe un colpo ulteriore alla capacità competitiva del Gruppo di Torino. Vendere Alfa Romeo ora alla Volkswagen significherebbe ridurre la capacità di Fiat di vendere auto in Usa e regalare a un concorrente già superiore una nuova arma competitiva. Insomma follia pura.

L’Italia è un paese nel quale tutti si sentono CT della Nazionale di calcio e tutti si sentono in diritto di dare consigli agli imprenditori soprattutto in campo automobilistico.

Per sviluppare un nuovo modello di auto oggi ci voglio almeno 18 mesi di lavoro e vari miliardi di euro. Marchionne ritiene che sino a quando in Europa non sia chiusa la gravissima crisi di fiducia legata alla Grecia e alla paura di un fallimento di paesi come la Spagna o l’Irlanda non sarebbe sensato introdurre nuovi modelli. Si sosterrebbero vari miliardi di euro di costo in cambio di ricavi incerti. I critici dicono: “no, è il contrario, proprio perché c’è crisi bisogna investire in nuovi modelli”.

Una cosa è certa, questo è il momento di fare il tifo per la Fiat e non di augurarsi il suo fallimento (come fanno in molti). Una grande impresa è un patrimonio di tutto il paese, ci vogliono generazioni per crearne una e in Italia ce ne sono rimaste poche. E’ essenziale che le forze sociali, il sistema bancario e il Governo facciano squadra per trovare soluzioni razionali affinché Fiat possa diventare più competitiva, possa ridurre le perdite in Italia (senza tagliare troppi posti di lavoro), possa stringere nuove alleanze internazionali.

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