E’ possibile mescolare Albano Carrisi e Giuseppe Di Vittorio, Aldo Moro e Checco Zalone, Bianca Guaccero e Pietro Mascagni, ottenendo un buon prodotto? A me pare di sì, dopo aver visto le prime puntate del “Viaggio” di Pippo Baudo.
Si parla poco di questo programma, dopo le attenzioni riservate al suo esordio. E non è giusto, perché si tratta di un lavoro interessante e (anche se può sembrare un paradosso) di una presenza originale nel panorama televisivo. È semplicemente un viaggio che consente al conduttore di incontrare e descrivere realtà e personaggi molto diversi tra loro, visti nel luogo e tra le persone che li hanno formati, grazie anche a un parco e sapiente inserimento di materiali di repertorio. Certo, come sempre succede in questi casi, molto dipende dall’interesse e dalla qualità del personaggio. Nello stesso viaggio ti può capitare di incontrare Jovanotti che ti tiene quasi mezz’ora incollato alle sue riflessioni sempre stimolanti oppure Ombretta Colli, che non ha quasi mai niente da dire e quel poco lo dice anche male.
Ma, si sa, così vanno i viaggi. In generale, però, le cose funzionano: il ritmo è buono, senza farsi prendere dalla frenesia che oggi in tv sembra obbligatoria per l’on the road, gli incontri sono spesso singolari e fanno emergere figure tanto significative quanto poco frequentate dai media: quello con la figlia novantenne di Di Vittorio, da solo “vaut le voyage”, come dicono le guide Michelin. E, alla fine di ogni puntata, emerge tra le righe un ritratto forse un po’ vago ma non inutile di un territorio. Le regioni, insomma, che da qualche tempo in Italia sono identificate con le loro istituzioni politiche e con i guai che combinano, non sono solo questo, ma anche un paesaggio culturale.
Le scivolate nel patetico, qualche eccesso nei convenevoli, il pericolo della retorica sempre in agguato nel corso di ogni puntata (a cui 20 minuti in meno avrebbero fatto comodo) sono riconducibili a un comune denominatore: l’irrefrenabile entusiasmo di un “vecchio conduttore” che, dopo un pausa non certo voluta e assai sofferta, torna a fare televisione. Ed è un entusiasmo, una voglia di tv che si comunica allo spettatore. Dice qualcuno che è sempre la tv di Baudo, una tv vecchia. Ma di fronte a tanta gente che, negli ultimi dieci anni, nel segno della novità, anzi – come dicono i furbetti – della “contemporaneità” ci ha proposto la scoperta dell’acqua calda e rifilato dell’indecente e costosa paccottiglia, si leva spontaneo un grido: lasciateci Baudo!