Mi chiedessero così, a bruciapelo, di citare tre compilation di valore storico indiscutibile direi: l’Anthology of American Folk Music di Harry Smith, Nuggets: Original Artyfacts From the First Psychedelic Era e No New York. Ciascuna di queste opere sui generis è il frutto di un lavoro di documentazione talmente brillante da non avere avuto soltanto meriti di carattere conoscitivo e divulgativo bensì anche notevoli ripercussioni sulle musiche successive, preparando il terreno ed influenzandone il corso.
No New York è un disco davvero particolare sin nella struttura bizzarra, perfettamente speculare e simmetrica, in totale contrasto con la sfrenata libertà espressiva contenuta invece in quei solchi: quattro band, due per ogni facciata del long playing, quattro pezzi per ciascuna band per un totale di sedici brani. Ironia della sorte ha voluto che a produrre questo disco emblematico della stagione clamorosa che ha vissuto la città verso la fine dei Settanta – così vividamente raffigurata nei film di Amos Poe, nell’esordio di Jim Jarmusch, Permanent Vacation, nelle opere di Robert Longo e di Jean-Michel Basquiat – non sia stato un newyorkese ma un inglese d’eccezione: Brian Eno. Il poliedrico ed illuminato musicista e produttore anglosassone era in realtà giunto in città all’inizio del 1978 per seguire la lavorazione di More Songs About Buildings and Food, secondo album dei Talking Heads, ma imbattendosi nei live di Teenage Jesus and the Jerks, Contortions, Mars, DNA, cui assistette in quei giorni, si entusiasmò a tal punto che decise di registrare un album che fotografasse quel contesto.
Nelle scarnificazioni caotiche dei DNA di Arto Lindsay ed Ikue Mori, nel free funk spastico di James Chance e dei suoi Contortions, nel noise rock abrasivo dei Teenage Jesus di Lydia Lunch c’era un’attitudine sovversiva che, sulla scia del punk, avrebbe aperto in seguito la strada ad un modo diverso di concepire la musica, da ogni punto di vista. Fondamentalmente ci trovavamo di fronte ad un branco di talentuosissimi artisti, filmmakers e performers squattrinati che senza alcun timore reverenziale avevano fatto irruzione sulle scene depredando i vernissages ed imponendo una nuova estetica ed un modus operandi molto do–it-yourself. Una sfogliata alle pagine di New York Noise, il magnifico libro fotografico edito qualche anno fa da Soul Jazz Publishing, varrà più di ogni mio ulteriore commento perché siamo al cospetto di una realtà artistica straordinariamente ricca e sfaccettata.
Lydia Lunch si esibirà sabato 22 settembre, ore 22, insieme al chitarrista Cypress Grove nell’ambito di Superficie, scrittura, suono, territorio alla corte dei Malatesta, una bella rassegna che andrà avanti sino al 10 ottobre nella Rocca Malatestiana di Cesena (FC). Quello tra Cypress Grove e Lydia Lunch è un sodalizio nato sotto il segno del blues e della stella selvaggia e luminosa di Jeffrey Lee Pierce, voce e chitarra dei leggendari Gun Club, gli autori di Fire of Love e Miami, due dei dischi irrinunciabili della storia del rock. Pochi anni prima che Jeffrey Lee Pierce morisse, a soli trentasette anni, Cypress Grove riuscì a collaborare con lui dando alle stampe Ramblin’ Jeffrey Lee & Cypress Grove with Willie Love (1992): una copertina in puro stile Robert Johnson per questo disco di classici Delta blues e southern di Charlie Patton, Lightnin’ Hopkins, Skip James ed altri che rivivono letteralmente nella sua voce unica ed inimitabile.
Cypress Grove è stato promotore sul finire dello scorso decennio di The Jeffrey Lee Pierce Sessions Project, We Are Only Riders, progetto che ha coinvolto artisti amici, musicalmente affini ed influenzati dall’immenso Jeffrey Lee come Nick Cave, Mick Harvey, Mark Lanegan, David Eugene Edwards (16 Horsepower e Woven Hand), Johnny Dowd. Un disco di inediti ritrovati in qualche cassetto che hanno visto la luce per la prima volta nella reinterpretazione di questi autori. Lydia Lunch offre il proprio appassionato contributo in ben tre pezzi di quest’antologia speciale.
E’ alla luce di ciò che vanno lette le recenti uscite discografiche frutto della collaborazione di Cypress Grove con Lydia Lunch ovvero Come Back… When You’re Better (2009) ed il nuovo Fistful of Desert Blues. I due musicheranno un filmato della loro collaboratrice, la videoartista Elise Passavant, dedicato alle ghost town della Spagna. Aprirà la serata il concerto di Beatrice Antolini.