Martedì scorso alcuni esponenti della sezione palermitana di Magistratura democratica hanno cercato di proporre, a riunione quasi finita, un documento contro Antonio Ingroia. Erano da poco passate le 17 quando il pm Gaetano Paci, supportato da altri colleghi, tra cui Teresa Principato e Carlo Marzella, ha agitato un documento che ha delle similitudini con quello approvato dall’esecutivo nazionale di Md, mercoledì. Ma la maggioranza dell’assemblea si è rifiutata di esaminarlo perché non era all’ordine del giorno e ha proposto di discuterne, eventualmente, nella riunione che dovrebbe esserci settimana prossima. In quel documento si accusava Ingroia per le interviste rilasciate e per la supposta responsabilità nel non far circolare le notizie di indagine all’interno del suo ufficio. A Sava, invece, si addossava la responsabilità di non aver discusso dentro Md i problemi interno alla Direzione distrettuale antimafia e di non aver messo il bavaglio a Ingroia.
Non è chiaro se il documento palermitano, finora bloccato, sarà riproposto, anche perché quello scritto dai vertici nazionali denuncia già la “sovraesposizione mediatica” del coordinatore dell’indagine sulla trattativa. Un risultato, però, i suoi promotori l’hanno ottenuto: le dimissioni di Lia Sava da segretaria locale. Tra i pm dell’indagine sulla trattativa Stato-Cosa Nostra, si è anche dimessa dall’esecutivo nazionale di Md. Ha ritenuto inaccettabile che abbia partorito un documento di critica feroce nei confronti di Ingroia e dei suoi pm a un mese dall’udienza preliminare, così da pesare sulla serenità dei magistrati. Vittorio Teresi, procuratore aggiunto di Palermo, esponete di Md, si rifiuta di parlare delle divisioni interne alla sua corrente così come dell’ultima riunione, accetta solo di dire una battuta sul documento nazionale: “Sono molto amareggiato”. In procura ci sono magistrati che condividono quel documento, parlano di “insopportabile protagonismo” di Ingroia. Altri, invece, ritengono che la presa di posizione di Md contribuisca all’isolamento dei colleghi che si sono ritrovati a indagare su un “verminaio”. E Ingroia ribadisce: “Rivendico la partecipazione al dibattito politico quando si parla di mafia e di giustizia”.
Ieri, con i vertici di Md si è allineata l’altra corrente di sinistra delle toghe: Movimento per la Giustizia-articolo 3. Scrivono il segretario generale Valerio Fracassi e la presidente Antonella Magaraggia: “Il recente comunicato dell’esecutivo di Magistratura democratica sulla ‘parola del magistrato’ esprime, in modo argomentato, principi che possono o meno essere condivisi. Noi li condividiamo integralmente perché riteniamo siano quelli che devono ispirare il magistrato proprio a tutela della sua indipendenza che, come più volte ribadito dall’Anm, non è un privilegio del magistrato ma un interesse primario della società democratica”. Anche Movimento, come Md condivide la linea dei vertici dell’Anm che hanno accusato Ingroia e il pm Nino Di Matteo di interventi “politici” alla festa del Fatto: “Abbiamo anche apprezzato le recenti prese di posizione dell’Anm”. Poi esprime solidarietà a Md perché ritiene che sia stata infangata per le critiche ricevute dopo aver parlato di “sovraesposizione mediatica” dei pm di Palermo e di una loro “ricerca del consenso”. Movimento per la Giustizia si riferisce all’editoriale“Democratica ma anche no” del vicedirettore del Fatto Marco Travaglio : “Come tutte le opinioni (di Md, ndr) anche questa può o meno essere condivisa. Quello che ci sembra inaccettabile è la generica contestazione spinta fino alla denigrazione di chi la sostiene, come avvenuto di recente”. Un iscritto a Magistratura democratica, via mail, si domanda “se era proprio necessario, dopo l’autosospensione di Piergiorgio (Morosini, segretario di Md e gup della trattativa, ndr) un gesto gravido di conseguenze per il futuro dell’associazionismo e di Md. Era proprio necessario questo comunicato? E la chiara censura, con termini che definirei un poco più che aspri ad Antonio Ingroia? Al di là del mio giudizio sulla sussistenza dell’addebito ‘in fatto’, che a mio parere è stato artatamente (e non da noi) costruito, amplificando o addirittura travisando alcuni elementi, vi dico che non sentivo la necessità di una presa di posizione del genere”.
E di Ingroia ieri ha cominciato a discutere la Quarta commissione del Csm che deve decidere se inserire nel fascicolo di valutazione, a cui è sottoposto ogni 4 anni un magistrato, una “nota di demerito” sul pm per essersi definito al congresso del Pdci “partigiano della Costituzione”. Se dovesse passare questa linea e dovesse essere approvata dal Plenum, la carriera di Ingroia sarebbe bloccata per due anni. Ieri, la commissione si è spaccata ed è probabile che ci saranno due documenti. Al momento (ma ci sono posizioni in bilico) sembra prevalere la linea della “punizione”. I consiglieri si vedranno martedì prossimo e dovrebbero decidere di convocare lo stesso Ingroia per ascoltare la sua posizione.
Da Il Fatto Quotidiano del 21 settembre 2012