Da pochi giorni il Tribunale Federale Elettorale ha ufficializzato la vittoria di quello che sarà il nuovo presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, non ritenendo sufficienti le migliaia di denunce per frode e compravendita di voti, raccolte durante le ultime fasi della campagna elettorale e nel giorno delle elezioni del 2 luglio. Oltre alle prime repressioni nei confronti dei movimenti che si sono opposti al nuovo presidente, il cambio di governo, che entrerà ufficialmente in carica il 1 dicembre prossimo, è accompagnato da uno smottamento negli equilibri della criminalità organizzata. Il 13 settembre scorso è stato arrestato Jorge Eduardo Costilla Sánchez, conosciuto come el Coss, uno dei capi più ricercati, sia in Messico che negli Stati Uniti, con una taglia sulla testa di 5 milioni di dollari. Era al vertice dal 2010 del Cártel del Golfo (CDG), organizzazione criminale del nordest messicano, tra le più sanguinarie e potenti del paese. Per lui lavoravano più di mille tra sicari e luogotenenti tra il nord del Messico e gli Stati Uniti.
Soprannominato anche el Judas (il Giuda), era divenuto un intoccabile da quando, per sbaragliare la concorrenza interna al suo cártel, aveva stretto un accordo con alcuni ufficiali dell’esercito e della marina, consegnando di fatto alcuni dei capi emergenti o rivali nelle mani dei militari. Grazie a questi tradimenti, dal 2010 è diventato il boss di punta del Cartel del Golfo, protetto e coadiuvato da settori della marina. Il suo contributo non si è limitato soltanto alla consegna di personaggi di spicco del suo cartello, ma alla lotta a uno dei gruppi più sanguinari del Paese, i famigerati Zetas.
Formati da un nucleo di disertori di gruppi d’élite dell’esercito messicano, gli Zetas prendono forma alla fine degli anni ’90 e in pochi anni diventano il braccio armato di tagliagole professionisti del Cartel del Golfo, allora comandato dal capo Osiel Cárdenas. Dopo il suo arresto nel 2003 e la sua estradizione negli Stati Uniti nel 2007, il gruppo degli Zetas si separa dal Cartel del Golfo e diventa un cartello autonomo, caratterizzato da una violenza senza precedenti. Nella sua “guerra al narco” dichiarata nel 2006, il presidente uscente Felipe Calderón si è concentrato nella lotta (con scarsissimi risultati) al nuovo cártel degli Zetas, coadiuvato, come nel caso del Coss, anche da alcuni gruppi rivali degli ex militari.
Oggi però la fortuna di Jorge Eduardo Costilla Sánchez sembra averlo abbandonato, tradito dagli stessi militari della marina che in più occasioni lo avrebbero coperto e aiutato, è stato arrestato il 13 settembre in uno dei suoi rifugi a Tampico, nello stato di Tamaulipas, roccaforte del Cartel del Golfo come degli Zetas, senza che si sia sparato un solo colpo. La cattura del Coss è giunta a sorpresa negli ultimi mesi di mandato di Felipe Calderón e non è ancora chiaro se leggerla come un colpo di coda della sua amministrazione, che dopo anni in cui si è beneficiata dell’”aiuto” del potente boss ha deciso di liberarsi di questo peso scomodo, oppure se si tratti di una conseguenza del cambio di governo imminente. Il passaggio dal Partido de Acción Nacional (PAN), che ha governato in Messico dal 2000 a oggi, al PRI, il Partito Rivoluzionario Istituzionale, che ha rappresentato lo Stato ininterrottamente dal 1929 al 2000, stravolge le relazioni di forza e le alleanze tra gruppi criminali e pezzi dello Stato. In un paese in cui la criminalità organizzata controlla quasi totalmente le istituzioni e l’economia, la caduta di un capo come il Coss ha quasi lo stesso valore di un avvicendamento elettorale. Si potrà capire la portata di questo evento solo nei prossimi mesi, quando sarà più chiaro quali saranno i cartelli più favoriti dal nuovo esecutivo. Intanto la prima conseguenza della cattura del Coss sarà una prima guerra di successione, con conseguenti scontri a fuoco, decapitazioni e massacri, finché non spunti un nuovo capo.
di Federico Mastrogiovanni