La Regina di San Daniele non è una signora formosa che ingurgita prosciutto. Ma è una trota, libera e felice di sguazzare nelle acque trasparenti del suo fiume. Non è noto ai più, ma accanto al parente famoso, il crudo di San Daniele, la cittadina friulana coltiva una pluripremiata trota che si è fatta conoscere per la sua genuinità. Allevata in modo naturale nelle acque purissime del Tagliamento e affumicata con una miscela di legni ed erbe aromatiche, a colpi di pinna “la regina” si è fatta strada liberandosi dal complesso di inferiorità di essere “solo” una povera trota di fiume. «Il grande rivale era proprio il cugino ricco», racconta Mauro Pighin, titolare di Friultrota, l’azienda che da 30 anni produce la regina con metodi naturali, «c’è voluta molta pazienza e tenacia per convincere le sposine a comprare anche la trota oltre al salmone».
Oggi la Friultrota è un’azienda che produce una dozzina di prodotti ittici d’eccellenza, che comprendono anche delle curiosità come il “caviale” friulano (le uova di trota), le guance di trota sott’olio (una follia, un vasetto da 90 grammi si fa con 50 kg di pesce) e il salame del venerdì (quello di pesce), e li distribuisce nelle gastronomie e nella ristorazione di qualità. E pensare che la famiglia Pighin negli anni Settanta faceva calcestruzzi e nel Tagliamento prelevava materiale inerte per il suo lavoro. Poi un giorno, in un lago naturale lì vicino, papà Giuseppe decide di buttarci dentro un migliaio di avannotti di trota. Il signor Pighin passa le sere ad accudirli, un hobby per sfogare le tensioni della giornata, e le domeniche ne fa delle abbondanti grigliate per gli amici (le trote ormai pesavano 10 chili). E che grigliate! Il pesce è delizioso. Il Friuli ha ottimi vini ma anche ottime acque, tanto da essere tra i maggiori produttori italiani ed europei di trote. Qui le acque sono pulite e le temperature costanti (il Tagliamento è pur sempre il “re dei fiumi alpini”, anche se adesso ci vogliono costruire un’autostrada) e i pesci sono allevati a bassa densità. Sì, perché i numeri fanno la differenza: Friultrota alleva meno di 15 chili di pesce per metro cubo d’acqua (1,5 per cento di pesce, il resto acqua). In altri allevamenti si arriva fino ai 100 chili per metro cubo: chiaro che si tratta di prodotti totalmente diversi. «Una trota per essere buona deve essere una buona trota», diceva il capofamiglia con un’ovvietà. Eppure aveva ragione, oggi il prodotto ha avuto la sua rivincita, è uscito dalle sagre di paese ed è diventato addirittura “raffinato”: la Regina di San Daniele per la precisione è un filetto di trota affumicato a freddo, senza conservanti né coloranti, completamente salato e spinato a mano (oltre alla lisca, ci sono 33 piccole spine trasversali che vengono tolte con le pinzette anche nei filetti da 120 grammi) e infine affumicato con fumo da legno vergine (fumo vero, non “aroma di affumicatura” liquido!) e bacche aromatiche, in un processo artigianale che dura fino a 4 giorni.
In tempi non sospetti l’azienda friulana ha anche fatto ricerca applicata sull’omega3, in collaborazione con l’ospedale di San Daniele e la Clinica universitaria di Udine, alla ricerca del metodo migliore di trasformazione per mantenerne alto il valore dell’acido grasso, preservando al tempo stesso un gusto pulito. «Oggi in un filetto offriamo un contenuto di omega3 pari a quello che si trova in una pillola in farmacia», assicura Mauro Pighin. L’ultima sfida che si è posta questa famiglia di imprenditori arrivati dagli scavi e finiti nel mercato del pesce di qualità, è un progetto innovativo per ridurre la sofferenza dell’animale, di cui a breve presenteranno i risultati. «Alimentazione non forzata, quantità e qualità delle acque, e densità del pesce sono i nostri punti fermi», spiega ancora Pighin, «e lavorazione completamente artigianale. Chiaro che il prodotto costa un po’ di più di quello industriale». Per fare un paragone con il vecchio rivale, una busta di Regina di San Daniele da 100 grammi costa dai 6 agli 8 euro, mentre una di salmone al supermercato dai 2 agli 8 euro. Qualcosa ci dice che quelle monete di differenza valgano la pena.
di Natascia Gargano