E’ finita a fucilate al campo antibracconaggio degli otto volontari del Cabs nella regione de Le Landes, nel sud ovest della Francia. Solo che invece degli ortolani (una specie protetta di uccelli, ndr), nel mirino dei cacciatori sono finiti proprio i volontari che per salvare gli uccelli hanno rischiato la pelle. Alla fine hanno ricevuto il foglio di via dal prefetto francese, che invece di punire i bracconieri ha esortato i ragazzi a lasciare il dipartimento prima possibile con una minaccia: se tornate, finite in carcere.
A raccontarlo Andrea Rutigliano, investigation officer del Cabs, Committee against bird slaughter, uno dei sei italiani che hanno composto il team di otto volontari impegnati nel campo antibracconaggio nella regione de Le Landes in Francia. Scopo della missione, scoprire e denunciare alle autorità i siti di trappolaggio dei bracconieri francesi utilizzati per la cattura illegale dell’ortolano, specie protetta dalle direttive europee e addirittura inclusa nella lista rossa Iucn (List of threatened species), come precisa la Ligue pour la protection des oiseaux (Lpo). Una caccia che nella regione francese stenta a scomparire, radicata com’è nella tradizione locale e nei menù dei ristoranti più esclusivi.
All’inizio i ragazzi hanno cercato di seguire i consigli delle autorità. “Abbiamo iniziato a fare sopralluoghi, denunciato in una giornata otto siti di trappolaggio alla locale gendarmerie. Ma dopo tre giorni siamo tornati ed era ancora tutto lì – racconta Rutigliano – Allora abbiamo disinnescato le cosiddette “matoles” per evitare che altri uccelli venissero catturati. E’ stato allora che la gendarmerie ci ha annunciato che i bracconieri ci avevano denunciati per danneggiamento di proprietà altrui”. Una situazione paradossale visto che le trappole, utilizzate legalmente a ottobre per catturare le allodole, venivano adesso utilizzate illegalmente per catturare una specie protetta.
Da questo momento inizia la guerra tra volontari e bracconieri, uno scontro fatto di inseguimenti in automobile, ruote forate, parolacce e sopratutto fucilate. A prenderle sono sempre i ragazzi del Cabs, che in una circostanza, circondati dai bracconieri furiosi, vengono salvati in extremis dalla gendarmerie da un linciaggio quasi sicuro, e se la cavano con una secchiata di urina di maiale.
“Ce la siamo vista brutta”, racconta Rutigliano, ma quello che è forse peggio è la reazione delle stesse autorità, che, pur intervenendo per proteggere i ragazzi, non hanno fatto niente per punire i bracconieri, anzi. “Il procuratore mi ha detto che la caccia all’ortolano è tollerata in un certo limite. Pare che ci sia una deroga dipartimentale non scritta ma comunicata oralmente dal prefetto: se i cacciatori rispettano determinati limiti le autorità non intervengono. Inutile dire che questa pratica è in contrasto sia con la legge nazionale che con quella europea, e tutto solo per mantenere in vita una tradizione locale che stenta a morire”.
Alla fine i ragazzi si sono beccati il foglio di via con l’ordine di lasciare immediatamente il dipartimento e la promessa di essere “tradotti direttamente in carcere” nel caso in cui rimettano piede nella zona (i campi antibracconaggio sono ciclici e annuali) . “Ci è stato detto che la nostra presenza creava tensioni tra i cacciatori e perciò siamo stati obbligati a lasciare il dipartimento”. Soltanto poco prima i ragazzi erano stati allontanati a fucilate da un cacciatore (uno sparo in aria e un altro ad altezza d’uomo), inseguiti in automobili e costretti alla fuga in retromarcia.
In nove giorni di lavoro i ragazzi del Cabs hanno rinvenuto 27 siti attivi con tanto di uccelli da richiamo (pratica con la quale piccoli volatili vengono torturati e costretti a cantare per attirare le prede) e disattivato 679 trappole. Ciononostante la caccia all’ortolano in Francia continua, forte della sua tradizione e dei 150 euro che può raggiungere la vendita dell’esemplare nei ristoranti della zona.
@AlessioPisano