Secondo un'indagine della Fondazione Leone Moressa, nella prima metà dell'anno se ne sono andati 11mila (-0,8%) immigrati. Andamento che si accentua nei comparti della produzione (-2,9%) e dell'edilizia (-2,3%). Intanto cresce l'emigrazione dei nostri connazionali
Fuga dall’Italia dei lavoratori stranieri. Specialmente da quelli delle piccole e medie imprese. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa su un panel di oltre 800 aziende italiane con meno di 20 addetti, che analizza le caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le trasformazioni congiunturali in corso. E secondo la quale nel corso della prima parte del 2012 l’occupazione straniera nelle pmi in Italia ha registrato un calo dello -0,8% (stimato in 11mila occupati in meno) . La situazione sembra essere destinata a confermarsi anche nel secondo semestre, per il quale è previsto un calo ulteriore del -1,3% (pari a quasi 18mila unità).
Un andamento che, salvo mascherare eventuali incrementi del sommerso, confermerebbe la tendenza all’emigrazione verso il nord Europa rilevata quest’estate dall’Agenzia federale tedesca per il lavoro, secondo la quale il fenomeno, però, non riguarda soltanto la componente straniera della forza lavoro. Le rilevazioni di Berlino, infatti, evidenziavano che nei dodici mesi chiusi a maggio, il numero di cittadini italiani, greci, spagnoli e portoghesi che lavorano in Germania è cresciuto del 6,5% a 452mila unità.
Tornando all’Italia, la ricerca della Fondazione Leone Moressa approfondisce anche le dinamiche rispetto ai settori, alle aree geografiche e ai paesi di provenienza dei lavoratori. A livello settoriale, la perdita di occupati sarà considerevole soprattutto nei comparti della produzione e dell’edilizia che nella prima metà del 2012 hanno perso rispettivamente il -2,9% e il -2,3 per cento. Per la fine dell’anno si prevede un’ulteriore perdita, arrivando al -3,0% e -3,1 per cento. L’occupazione straniera per la prima metà del 2012 risulta in calo in tutte le aree (ad eccezione del Centro) e tale andamento si confermerà anche nel secondo semestre. A livello contrattuale italiani e stranieri non mostrano grosse differenze: la gran parte degli stranieri (79,1%) è inquadrata con contratti di lavoro a tempo indeterminato come gli italiani (82,5%). Più limitato è il ricorso a contratti atipici, come il tempo determinato (6,1%) e altre tipologie contrattuali a termine (14,8%).
I lavoratori stranieri attualmente occupati nelle piccole e medie imprese italiane provengono principalmente da Paesi europei non comunitari (35,4%), come Albania (13,7%), Moldavia (5,6%) e Macedonia (5,6%). Notevole è anche la presenza di addetti provenienti da Africa (28,3%) e da paesi comunitari (22,7%), soprattutto dalla Romania (20,8%). Gli stranieri per la maggior parte ricoprono mansioni non qualificate (67,5%), mentre il 30,6% risulta essere operaio specializzato. A questi lavoratori d’altronde, non viene richiesta un’esperienza particolare: più della metà degli imprenditori intervistati (51,0%) ricerca lavoratori stranieri con esperienza generica.
Infine la ricerca mette in luce come l’incontro tra impresa e lavoratore straniero avvenga nella maggior parte dei casi per contatto diretto (53,2%) o per segnalazione (24,4%) e appena il 10% fa ricorso alle agenzie di impiego. Il motivo principale per cui gli imprenditori fanno ricorso a manodopera straniera è dettato dalla difficoltà di trovare manodopera locale da impiegare nella propria impresa, proprio per svolgere le mansioni meno qualificate. Il 60,6% delle imprese, infine, versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto corrente, il 32,1% salda i crediti tramite assegno e solo il 7,4% dei pagamenti avviene in contanti.