“Qualche errore l’ho fatto, non mi nascondo mica dietro a un dito”. Lele Mora torna a parlare in pubblico dopo la scarcerazione avvenuta i primi di agosto. Dimagrito cinquanta chili, rosario di legno appeso al collo, l’ex agente dei vip condannato per bancarotta fraudolenta racconta della sua esperienza nel carcere di Opera dove è stato rinchiuso per 400 giorni dal giugno 2011 fino a poche settimane fa. “Sono stato in ospedale quasi un mese e ho scoperto di avere avuto durante la detenzione tre ischemie. Per potermi curare il giudice mi ha concesso di uscire dal carcere”. Ora, magistrato di sorveglianza permettendo, Mora entrerà nella comunità di don Antonio Mazzi, mentre momentaneamente il mondo dello spettacolo potrà aspettare.
Mora era affiancato da Alfonso Papa, il deputato del Pdl finito in carcere per lo scandalo P4 e scarcerato dopo 100 giorni di detenzione a Poggioreale e ora diventato paladino dei diritti dei detenuti nelle affollate prigioni italiane. Lele, o meglio Gabriele, come ora preferisce farsi chiamare racconta delle sue giornate in cella. “Ero in un settore del carcere di Opera dove di fianco a me avevo Olindo Romano, quello della strage di Erba. Lo vedevo molto poco perché lui aveva delle limitazioni”. Mora parla anche delle giornate passate a coltivare l’orto assieme ad altri detenuti che provenivano dall’ospedale psichiatrico giudiziario. “Curare l’orto è come crescere un figlio”. Poi narra delle sue idee per il futuro e spiega di aver già parlato con la grande distribuzione per fare l’Angolo del detenuto in ogni supermercato.
Lele Mora riconosce i suoi errori e non si scaglia contro la magistratura, anche se spiega che la bancarotta per cui poi è finito in carcere deriva dalla crisi dopo che la sua agenzia era andata male a causa dello scandalo Vallettopoli, da cui poi Lele Mora era stato riconosciuto penalmente estraneo. “Sembravo l’uomo più cattivo del mondo. La mia azienda iniziò ad andare male dopo quella vicenda in cui fui prosciolto”.
Poi lo scopritore di divi e dive annuncia l’uscita del suo prossimo libro. “Uscirà a dicembre e devolverò i proventi ai miei angeli custodi: la polizia penitenziaria”, spiega Mora, che alla fine del 2011 tentò di togliersi la vita dietro le sbarre. “Sono loro che mi hanno salvato la vita nel momento della mia massima depressione”.
Poi Mora (che è ancora imputato assieme a Nicole Minetti ed Emilio Fede nel cosiddetto processo Ruby bis) spiega di non avere mai sentito Berlusconi: “No, non l’ho mai sentito in questo periodo, mi avrebbe fatto piacere. Ma sono amico di Berlusconi dal 1986 e gli amici rimangono amici. Ultimamente – conclude poi Mora – ho sentito più amici di sinistra che di destra”.
Chi sente invece molto vicino nella propria battaglia l’ex premier è Alfonso Papa: “E’ il politico più buono che conosco”. Papa (il cui arresto è stato definito recentemente legittimo dal Riesame) da mesi porta avanti un’azione di denuncia delle condizioni del sistema carcerario italiano e insieme all’Associazione Papillon di Rimini e ad altre associazioni ha fondato il “Comitato per la prepotente urgenza”. Oggi ha presentato a Rimini le proposte elaborate per la riforma del sistema carcerario, che verrà poi recapitata al Ministro della Giustizia, Paola Severino. Primo obiettivo: dare lavoro ai detenuti, partendo proprio dalla casa circondariale di Rimini. Presto infatti nella capitale della Riviera le persone che stanno scontando una pena potrebbero iniziare a lavorare facendo il riciclo dei componenti delle lavatrici.