Secondo i giudici "la stessa caratura delinquenziale dell’indagato" che è deputato Pdl "valutata alla luce della necessaria rete di complicità e rapporti, e dell’attuale permanente caratura politica ... ancora riconosciuta da larga parte della maggioranza parlamentare, impone di ritenere ancora fondato il pericolo di condotte specifiche recidivanti"
Nessuna alternativa al carcere per Marco Milanese, l’ex braccio destro del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, tuttora libero perché la Camera ha negato l’arresto chiesto dalla Procura di Napoli. Il Tribunale del Riesame di Napoli rigetta l’istanza presentata dai difensori del deputato Pdl, accusato di corruzione, rivelazione del segreto d’ufficio e associazione a delinquere. I giudici, analizzando punto per punto la richiesta, confermano l’attendibilità dell’imprenditore irpino Paolo Viscione, munifico amico di Milanese, e sottolineano il potere da cui è ancora circondato e di cui fa ancora parte il deputato ex ufficiale della Guardia di Finanza. Per poi concludere così: “Profili altamente trasgressivi della personalità del Milanese, che, durante un a dir poco cospicuo periodo temporale, ha utilizzato la rete di relazioni resa disponibile in base alle sue pregresse esperienze professionali ed istituzionali al fine di assecondare anche l’esigenza di assicurare a sé ingenti profitti illeciti. Ne consegue che lo spessore delinquenziale evidenziato e il concreto nonché attuale pericolo di recidiva speicifca può trovare solo nella custodia cautelare più adeguata e proporzionata”.
L’attendibilità di Viscione. “Nell’atto di appello – osservano i giudici – è stato altresì sostenuto che le accuse del Viscione sarebbero state comunque manovrate dai vertici di Finmeccanica nell’intento di indebolire l’allora ministro Tremonti, colpendo giudiziariamente il suo consigliere politico più vicino” , ma il Riesame nega veridicità a questa ricostruzione confermando la credibilità dell’imprenditore. “L’indicata attendibilità, caratterizzata da indubbia precisione in ordine alle coricostanze delle singole imposte e ripetute elargizioni in danaro ovvero in altri beni di lusso, è, del resto stata ampiamente riscontrata, in specie, sulla base di quanto riferito dagli altri soggetti coinvolti nella vicenda”. E l’elenco dei regali è lungo e costoso: ci sono gli orecchini acquistati da Viscione per la moglie di Milanese, la vicenda degli orologi scelti in una gioielleria di Capri e anche viaggi a New York. Milanese non ha chiarito, se non in maniera vaga, il motivo di questi cadeau che sono per gli inquirenti “il prezzo dell’accordo corruttivo intervenuto”. Per i giudici non affievoliscono il “quadro indiziario” le dichiarazioni di Carlo Barbieri, ex sindaco di Voghera arrestato, e Guido Marchese cui sarebbe stata assicurata la nomina a componente del collegio sindacale nelle società a partecipazione pubblica Ansaldo Breda spa. Entrambi non hanno escluso “la consegna del denaro”. I giudici poi ricordano la disponibilità della cassette di sicurezza “ben quattro”. Ma non solo: “Il Mianese non ha esitato a utilizzare il rilevante munus pubblico conferitogli anche – osservano i giudici ricordando le la vicenda del generale Emilio Spaziante – per assecondare logiche di natura tendenzialmente clientelare. Il che vieppù conferma la spregiudicatezza che, evidentemente, deve aver alimentato la consumazione dei gravi fatti ipotizzati nei suoi confronti nell’ambito del presente procedimento”
L’ascesa politica immutata. Il deputato Pdl anche dopo l’emissione dell’ordinanza cautelare nei suoi confronti, “ha mantenuto una posizione di rilievo nel panorama politico” sia pure non più come collaboratore dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Nella richiesta di annullamento del provvedimento la difesa evidenziava, tra l’altro, a proposito della mancanza di esigenze cautelari, il mutato quadro politico-istituzionale, in seguito alle dimissioni del governo Berlusconi e alla cessazione dalla carica di ministro di Tremonti. Circostanze che, a parere dei giudici (presidente Vincenzo Lomonte, giudici Maria Grassi e Carmela Iorio), non incidono invece sulla sussistenza delle esigenze cautelari. I magistrati ricordano che Milanese in epoca più recente nell’ambito della Commissione politiche dell’Ue, è stato relatore di decreti “aventi significativa rilevanza” e citano in particolare le disposizioni in materia di politica tributaria “pur in presenza – osservano i giudici – dell’ordinanza di custodia in carcere”. “Solo all’esito di un’acceso dibattito in seno alle forze politiche – scrive il Tribunale – Milanese ha da ultimo, il 24 aprile 2012, ritenuto di rimettere il mandato di relatore”.
“L’avere svolto sino a pochi mesi addietro rilevanti ed ovviamente pur legittimi compiti istituzionali in seno all’organismo – si legge nell’ordinanza del Riesame – evidenzia che, nonostante le gravi accuse mosse a Milanese (che rappresentano la spia di una personalità capace di anteporre ai doveri istituzionali i propri personali interessi, con evidente strumentalizzazione della funzione pubblica svolta onde assicurare a sé anche rilevanti profitti illeciti, peraltro in chiara violazione della normativa fiscale) consente di affermare che l’indagato ha mantenuto una posizione di rilievo nel panorama politico”. Per i giudici Milanese è tuttora “portatore di una considerazione che, pur a fronte alle gravissime accuse mosse nei suoi confronti, impedisce di ritenere affievolito il concreto pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose”. E in più: “Il sostegno al governo Monti di gran parte della precedente maggioranza parlamentare, in specie, dello schieramento politico del quale far parte anche il Milanese, impone allora, in una valutazione unitaria di tutte le indicate emergenze di leggere diversamente quello che è stato definito dalla difesa come il mutamento dello scenario politico-istituzionale”
“In definitiva – osservano i giudici – la stessa caratura delinquenziale dell’indagato, come desumibile dalle gravi condotte poste in essere lungo un arco temporale considerevole, valutata alla luce della necessaria rete di complicità e rapporti, e dell’attuale permanente caratura politica, di fatto ancora riconosciuta da larga parte della maggioranza parlamentare, impone di ritenere ancora fondato il pericolo di condotte specifiche recidivanti. Stride del resto – conclude il Tribunale – l’evidenziata considerazione, sia pur manifestata nell’ambito politico di appartenenza, con i profili attinenti alle gravi violazioni della stessa normativa antiriciclaggio e della rilevante normativa fiscale che, quale parlamentare, lo stesso Milanese ha contribuito e contribuisce a rendere concretamente vincolante per i cittadini”. I giudici, a termine delle 9 pagine di motivazione, bacchettano in qualche mondo la difesa sottolineando che gli avvocati hanno chiesto solo l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare senza avanzare, in subordine, gli arresti domiciliari. Che comunque non sarebbero stati concessi visto che i giudici condividono pienamente “la scelta operata in sede adozione del provvedimento genetico”.