Il ‘fuorionda’ che stronca. O che, più di rado, diventa ‘cult’. Le presidenziali americane sono costellate di incidenti di percorso simili a quello in cui è incappato Mitt Romney, impegnato, dall’inizio della settimana, a riparare il danno fattogli dalla diffusione d’un suo discorso in cui mostrava disprezzo per i poveri, i latinos e i palestinesi. L’altra sera, s’è persino fatto intervistare da una tv ispanica, mostrando un volto ‘misericordioso’ – una parola che piaceva un sacco a Bush figlio, che la infilava tra una dichiarazione di guerra e l’altra.
Ma la lista dei più ricchi d’America, pubblicata da Forbes, lo boccia: neppure lì Romney il milionario fa l’en plein, perché Gates e Buffett, in testa alla classifica, non lo votano di sicuro; e neppure Bloomberg, sindaco di New York, repubblicano, ultimo della ‘top ten’, è un suo fan.
Però, non sempre i ‘fuori onda’ hanno avuto effetti disastrosi. Prendiamo Ronald Reagan: è l’agosto 1984 e a novembre si vota; lui, attore e gigione sperimentato, fa la prova microfono. E, al posto di contare fino a dieci, dice: “Miei cari compatrioti, sono lieto di annunciarvi che oggi ho firmato una legge che mette al bando per sempre l’Unione sovietica. Inizieremo a bombardarli fra 5 minuti”.
Ne uscì un putiferio, più diplomatico che politico, ma di lì a 100 giorni Reagan vinceva le presidenziali – contro Mondale; e di lì a cinque anni vinceva pure la Guerra fredda, abbattendo il Muro senza bombardare nessuno.
Bush jr. era uno che non aveva prontezza di spirito né malizia televisiva. Nel 2007, al Vertice del G8 di San Pietroburgo, lui e la sua spalla Tony Blair non si accorsero d’un microfono aperto durante un break con tramezzino e diet coke: Bush se la prese con Onu, Siria ed Hezbollah, cui Assad avrebbe dovuto dire “di smetterla di fare merdate”. E, poi, conscio dell’importanza del Vertice, confidò a Tony: “Non voglio farla troppo lunga, come tutti questi (gli altri leader, ndr), devo andare a casa, ho da fare stasera”.
Nel luglio 2008, Bush ci ricasca. Certo di non essere ripreso – chiese di spegnere le telecamere –, dice a Houston: “Wall Street è come un ubriaco, ora è alle prese con i postumi di una sbornia. Il problema è quanto durerà la sbornia e non cercare di creare questi fantasiosi strumenti finanziari”. Insomma , il presidente vedeva venire la crisi finanziaria, ma non fece nulla per impedirla.
Neppure Barack Obama sfugge alla maledizione del fuorionda: gli capita al G20 di Cannes nel 2011, parlando con il presidente Sarkozy – giudizi pesanti su Papandreou e Netanyahu –; gli ricapita al G20 di Seul a marzo. Al russo Medvedev, dice: “Questa è la mia ultima elezione. E una volta rieletto avrò più flessibilità”; Medvedev annuisce: “Capisco, riferirò a Vladimir”, cioè a Putin.
Ma il fuorionda più devastante fu quello, consapevole, di George Bush padre, che, nella campagna 1988, invitò gli americani a leggere le sue labbra, mentre scandiva: “No new taxes”, niente nuove tasse. E, invece, le tasse le dovette alzare. Nella campagna 1992, il suo rivale Bill Clinton gli usò contro quell’immagine. E Bush padre perse.
Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2012