Il debito pubblico greco? Raddoppiato. Firmato Spiegel. Anche il settimanale tedesco, dopo i rilievi nell’ordine dei quotidiani economici Handelsblatt e Wall Street Journal che, non da oggi, si erano interrogati sui reali numeri della crisi greca, sta maturando una consapevolezza: che non saranno sufficienti altre misure per coprire un buco stimato 20 miliardi di euro. La troika, scrive, in questa fase sta analizzando dati e incrociando numeri, ragion per cui sta “scavando” nel buco nero dei conti ateniesi. E il premier Samaras avrebbe anche chiesto ai creditori pubblici del suo Paese di rinunciare a una percentuale dei crediti.
Giungendo in questo modo ad una sorta di taglio del debito ellenico, accompagnato ad una proroga di 24 mesi per l’attuazione delle misure che, in soldoni, significa altri aiuti. Lo Spiegel in verità non scopre nulla di nuovo, dal momento che già in occasione dell’eurovertice di Cipro, quando da Austria e Olanda era giunta un’apertura per allungare i tempi e far “respirare” la Grecia, fonti vicine alla cancelliera tedesca si erano dette contrarie, e si erano affrettate a commentare che “in genere dare più tempo significa dare più soldi”.
Il settimanale tedesco aggiunge poi che sarebbe sorto un contrasto tra la Commissione Ue e Berlino sulla concessione di aiuti alla Grecia. Infatti se da un lato Bruxelles ha chiesto che la decisione arrivi entro il vertice europeo di metà ottobre, Berlino prevede il check solo il mese successivo. Dal momento che solo entro il 15 novembre si conosceranno le cifre concrete sullo stato della situazione greca, in base alle quali prendere ulteriori decisioni, ovvero il nuovo e definitivo report che gli emissari di Fmi, Ue e Bce dovranno comporre.
Come se per oggettivizzare lo stato dei conti greci vi fosse bisogno di altre settimane. Quando invece il panorama generale è sotto gli occhi di tutti già da tempo e il report della troika certificherà soltanto una realtà già consolidata che gli istituti di credito americani già danno come avvenuta: il default. Un passaggio che alcuni leggono come alla base della frettolosa partenza della troika da Atene, quando invece il programma prevedeva che non vi fosse alcuna pausa nelle trattative con il ministro delle Finanze e con i componenti della maggioranza, riluttanti a siglare l’ulteriore taglio da quasi 12 miliardi su pensioni, stipendi, indennità e welfare e che sta provocando proteste in tutto il paese.
Non solo i giudici hanno annunciato che incroceranno braccia e toghe sino al prossimo novembre, ma sono scesi in piazza per protestare, nell’ordine, farmacisti, medici ospedalieri, poliziotti, vigili del fuoco, agricoltori, amministratori locali, docenti universitari, rettori, insegnanti. Inoltre da una settimana sono in sciopero della fame i dipendenti del primo istituto bancario ellenico, la Trapeza Sinenteristiki di Lamia, nella regione della Fthiotida nata nel 1900, ma chiusa dal giorno alla mattina senza una motivazione ufficiale, con i correntisti automaticamente spostati alla Banca Etnikì.
Ecco che lo spunto del settimanale tedesco offre il destro per ragionare sulla cura che l’Europa ha scelto di somministrare al malato grave greco, praticamente in coma: quel memorandum che se da un lato taglia orizzontalmente tutte le risorse a favore di cittadini, welfare e imprese, dall’altro né provvede ad una minima ripresa industriale né risolve a monte il problema. In quanto la Grecia presenta un enorme buco strutturale, che se non sigillato definitivamente, continuerà a “perdere” tutte le tranches di prestiti che le verranno concesse.
La troika quindi scocca una freccia che non arriva mai al bersaglio e lo dimostra il fatto che ogni manovra diretta alla chiusura di un buco, ne provoca automaticamente l’apertura di un altro. È come se per ogni fronte di battaglia combattuto e nemmeno vinto, se ne perdesse un altro. In una guerra, infinita, che sta lasciando sul campo morti ammazzati: ovvero i duemila suicidi dall’inizio della crisi e quasi un quarto di cittadini ellenici finiti nel tragico elenco dei disoccupati. E il quotidiano To Vima riporta le considerazioni ufficiose di alcuni deputati di Pasok e Dimar rivolte a un membro del triumvirato europeo, Thomsen: continuando così si va tutti a casa. Parlamento compreso.
E intanto lo stesso Spiegel scrive che il fondo di salvataggio permanente per la zona euro (Esm) potrebbe essere aumentato fino a 2.000 miliardi di euro, rispetto ai 500 miliardi previsti. Secondo il settimanale tedesco i Paesi della zona euro preparerebbero questo aumento per sostenere eventuali richieste di aiuto di grandi Paesi come l’Italia e la Spagna.
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