Avere o essere

Milano fashion week, la pagella di Cocò Flanelle/3

Una "infiltrata" alle sfilate della settimana della moda meneghina esprime i suoi giudizi tranchant su collezioni e "vip" al seguito

L’eleganza non consiste nell’indossare un vestito nuovo. (Cocò Chanel)

E a Milano sfila il caos. Il pierre si improvvisa vigile urbano per sciogliere l’ingorgo umano che si è ammassato in Galleria del Toro per l’ouverture in pompa magna di Just Cavalli. Sale su una piattaforma improvvisata e cerca di dare una regolata al traffico di umani, accorsi per annusare da vicino Sharon Stone. E la divina cosa fa? Braccata dai body guard, assediata dai flash dei paparazzi, che la bersagliano in una sequenza di smorfie da panico, si dà alla fuga. Cerca conforto e si avvinghia al suo supertonico toy boy, Martin Mica, modello argentino di 27 anni ( lei ne ha 54 meravigliosamente portati con qualche licenza di lifting). Mica male l’accoppiata, da far rosicare lo sciurame milanese. BOCCIATA (ma solo per invidia).

Anna Wintour, direttrice di Vogue America

Dopo i politici chi fa più uso di macchine blu con autista (senza scorta, però)? Giornaliste e direttore di giornali di moda. Anche per andare, chennesò, da via Senato a corso Venezia, non rinunciano alle loro comodità. Intasano, ostruiscono, creano ingorghi, parcheggiano in sosta vietata ma lo chaffeur fa status. Irrinunciabile. VOTO 3

L’arte della buona manutenzione di se stessi. Prima di tutto. E con gli stilisti, Giorgio Armani, Rocco Barocco, Lorenzo Riva, Karl Lagerfeld, le cariaditi del fashion system, sfila in passerella il ritocchino botox, pardon, il ritoccone. Prima appaio e poi, forse, sono. VOTO (di tenerezza) 5–

E’ raro ma può succedere che uno stilista faccia sposare moda e cultura e che ispiri i suoi tessuti, bouclè, damascati e cotoni ecrù, alle illustrazioni ad acquarello di Henry Darger ( confesso la mia ignoranza, ma non lo conoscevo). Il sardo minimalista ( ma non troppo) Antonio Marras, ex direttore creativo di Kenzo, trasforma quelle che negli States chiamano seat filler ( oh, yes), riempitrici di posti, in deliziose ancelle con crestina e mantesino che invitano a sedere offrendo té e pasticcini. Per sbaglio fanno sedere anche la sottoscritta. E poi vuoi mettere Marras ha scelto come testimonial l’antimodaiola Lella Costa. VOTO 8

Avrebbe invece fatto più bella figura. Se Liu Jo invece di affittare aereo privato da Londra + stuolo di guardie del corpo + obolo di presenza per avere come testimonial la pigliatutto Kate Moss all’inaugurazione del suo 350 metri quadrati di negozio, avesse devoluto tutta la cifra per un tirocinio in azienda a cinque giovani disoccupati. O no? VOTO 4

Pelliccia d’estate? Ma sì, se si tratta di un visone laserato, ossia lavorato al laser, per renderlo più leggero. E’ quello che fa sfilare Fendi. Gli diamo un voto animalista ZERO

Da Versace sfilano le cinquante sfumature di grigio (e per grigio intendo l’ibrido) ma la nuova svolta di Donatella non ci convince. La medusa diventa languida, via bustier e abiti fascianti, avanti chemisier, pepli e tunichette. VOTO 5

Carla Sozzani, direttrice di Vogue Italia

Più vibrante Versus: a profusione la sua coloratissima macro catena in maglie, sia indossata che stampata. Quella sì che piace. VOTO 7

Anna Wintour, direttrice iconica di Vogue America, la temutissima diavolessa della moda, è stufa. E sognerebbe un posto di ambasciatrice, magari a Londra. E Obama, che lei supporterà alle prossime elezioni, ci sta facendo un pensierino. Le facciamo gli auguri con lode. Chissà, almeno si toglie di torno e la smette di dettare legge sui calendari planetari delle sfilate.

Fra una frivolezza e l’altra. Oui, j’adore “L’agent provocateur”, il marchio inglese di lingerie assassina, che a Milano ha aperto il suo primo negozio monomarca. Peccato che le vendeuse, in sexy camice bianco su tacco 12 centimetri, ricordino molto le papi girls. VOTO 4

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