La Commissione europea ha presentato la proposta per la creazione di una supervisione bancaria unica nei paesi dell’area euro. È un buon inizio, ma è necessario un passo ulteriore. È arrivato il momento di affermare esplicitamente che l’Eurozona ha bisogno di un prestatore di ultima istanza e che l’unica istituzione che può assumere quel ruolo è la Bce. Serve anche un accordo fra gli Stati membri sulla ripartizione dei costi dei salvataggi delle banche, oltre a un sistema di regole che li riduca al minimo.

di Charles Wyplosz** (lavoce.info)

La Commissione europea ha recentemente presentato un’interessante proposta sulla supervisione bancaria all’interno dell’area euro. (1) Nonostante i molti difetti, è un buon inizio. Tuttavia, i ministri delle Finanze dei vari Stati membri hanno già incominciato a smontarla, in parte perché sono vergognosamente “catturati” dalle lobby delle banche nazionali, ma non solo per questo. La proposta ha in effetti alcune caratteristiche decisamente bizzarre, ma invece di cercare di indebolirla, andrebbe rafforzata.
Perché ciò avvenga, la Bce, che è l’ispiratrice del progetto, dovrebbe dire la verità sul perché sia necessaria una supervisione unica: la zona euro ha bisogno di un prestatore di ultima istanza.

Perché è davvero necessario un prestatore di ultima istanza

La proposta della Commissione ha un grande merito. Chiede – in modo inequivocabile – l’istituzione di un’unica autorità di supervisione bancaria della zona euro e individua nella Bce l’unica istituzione capace di svolgere questo compito. La sopravvivenza delle autorità nazionali di vigilanza, infatti, è da sempre uno dei principali difetti del Trattato di Maastricht. (2)
Contrariamente a quanto si dice, l’assoluta necessità di un unico istituto di vigilanza non è collegata a possibili interventi da parte del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), è dovuta a una ragione molto più semplice e molto più convincente, anche se quasi mai menzionata.

La ragione è che i sistemi bancari hanno sempre bisogno di un prestatore di ultima istanza per i rari, ma decisivi, casi in cui una o più banche falliscano. Nulla di nuovo: le parole definitive sulla questione sono state dette da Walter Bagehot nel 1873. (3) Da allora, innumerevoli politici, commissioni e studiosi hanno chiarito che quel ruolo può essere assolto solo da una banca centrale. Il motivo è semplice: la quantità di denaro che deve essere mobilitata in poche ore non è reperibile altrove.
Infatti, anche se le risorse dell’Esm dovessero arrivare a 500 miliardi di euro, sarebbero comunque insufficienti per affrontare un’eventuale crisi delle principali banche europee.
Deutsche Bank, per esempio, ha un patrimonio di oltre 2mila miliardi, circa l’80 per cento del Pil della Germania.(4)
A peggiorare la situazione, c’è poi il fatto che le banche moderne sono profondamente interconnesse cosicché aumentano le probabilità che siano in diverse a sprofondare nello stesso momento. Le discussioni sul ruolo dell’Esm sono dunque una foglia di fico per nascondere l’inevitabile: sarà la Bce a doversene occupare.
D’altra parte, l’esperienza dell’Irlanda mostra che cosa accade in un sistema che non ha un prestatore di ultima istanza. Con la Bce rimasta ai margini della vicenda, il salvataggio delle banche irlandesi mandò in bancarotta lo Stato nel 2010. E c’è da aspettarsi che l’imminente salvataggio delle banche spagnole faccia altrettanto con lo Stato spagnolo.
Ecco perché il tema dell’unione bancaria è venuto alla ribalta proprio adesso.

L’ambiguità costruttiva

Generalmente, le banche centrali tendono a mantenere una ambiguità costruttiva sul loro ruolo di prestatori di ultima istanza, per evitare di assumersi impegni che possano incoraggiare le banche a scommettere sul salvataggio. Non è mai stato un argomento molto convincente e non è neanche un trucco intelligente per ridurre l’azzardo morale.
I massicci salvataggi a cui abbiamo assistito dal 2008 a oggi negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nell’area euro e in Svizzera hanno tolto anche quella foglia di fico.
Le banche centrali sono prestatori di ultima istanza, che lo vogliano o meno. Sarà necessario un accordo con gli Stati coinvolti, in modo da rendere certo che alla fine i costi siano sopportati da quello Stato e non dalla banca centrale, ma le banche centrali non possono rifiutarsi di agire quando si presenta un’emergenza.
Per farlo in modo corretto (quanto denaro serve e a quali condizioni), devono avere in ogni momento una profonda conoscenza dell’esatta situazione di ogni singola banca nella loro area. Ecco perché è sensato affidare i compiti di vigilanza alle banche centrali, come fanno molti paesi.

Il difetto alla nascita dell’area euro

Nella fase di preparazione della moneta unica questa logica è stata del tutto ignorata. Una “distrazione” deliberata, che era il risultato della pressione congiunta delle banche e delle autorità di supervisione nazionale, tutte con le proprie meschine ragioni: le autorià di supervisione nazionali si consideravano le protettrici delle banche del loro paese e gli istituti bancari apprezzavano molto questo stato di cose. Così i governi nazionali “catturati” si accordarono, con l’intenzione di proteggere i propri “campioni nazionali”.
Ovviamente, lo fanno ancora: usano il pretesto che l’Esm è forse troppo esiguo per il compito affidatogli – ed è vero – per argomentare che serve molto più tempo per studiare il problema.
Quando i politici chiedono più tempo, significa che vogliono uccidere un progetto, ma il pretesto va disinnescato. La Bce, che deve essere lodata per aver considerato la questione prioritaria, deve ora ridimensionare il pretesto Esm. Deve accettare di dire chiaramente che è il prestatore di ultima istanza del sistema bancario della zona euro e spiegare che può agire solo se è l’unica autorità di vigilanza dell’area. 

La Bce deve fare di più

La Bce deve risolvere altre due falle della proposta della Commissione. In primo luogo, deve raggiungere un accordo con gli Stati membri su chi pagherà i costi. Probabilmente, si renderà necessario istituire un’agenzia unica di assicurazione sui depositi, finanziata dagli Stati membri, e stabilire regole per la suddivisione dei costi.
In secondo luogo, i costi garantiti devono essere bassi, possibilmente anche negativi (molti Stati guadagnano dal salvataggio delle banche perché comprano a prezzi bassi e rivendono a prezzi alti).

Quando si immette denaro in una banca per il suo salvataggio, bisogna costringere la stessa banca a sopportare la parte maggiore dei costi. La Svezia, nel 1992, ha effettuato un salvataggio bancario praticamente a costo zero, dunque sappiamo quali strumenti utilizzare. La Svizzera ha seguito la stessa logica per il salvataggio di Ubs nel 2008 e pare che ora i contribuenti svizzeri possano ricavare un profitto da quell’operazione.
Per mantenere bassi i costi del salvataggio della banca, l’autorità dovrà evitare di essere catturata da quegli interessi particolari che cercheranno di socializzare le perdite e privatizzare i guadagni.

Considerate le enormi somme coinvolte, la cattura è certa. E il fatto che la Commissione non abbia osato inoltrarsi in questo territorio è una prova evidente che i governi nazionali sono già catturati. I contribuenti della zona euro possono contare solo sulla Bce per sostenere con forza che è necessario avere un’unica autorità con poteri di gestione delle crisi bancarie, che dia la garanzia che non si verificherà un enorme trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche fallite.

Soluzione europea per un problema dell’Eurozona? 

I paesi dell’Unione che non appartengono all’area euro sono sul piede di guerra perché si ritrovano coinvolti nella questione. Hanno ragione: hanno già le loro banche centrali che possono agire come prestatori di ultima istanza e non hanno perciò alcun bisogno dell’intervento della Bce. La Commissione commette un grave errore quando propone una soluzione europea per un problema dell’area euro. Anche se ci sono alcune difficoltà tecniche, dovrebbe essere un problema facile da risolvere perché gli interessi privati coinvolti sono minimi.

(1) European Commission (2012). “Vice-President Rehn’s remarks at the Eurogroup Press Conference”, September.
(2) Begg, David, Paul de Grauwe, Francesco Giavazzi, Harald Uhlig and Charles Wyplosz (1998) “The ECB: Safe at Any Speed?, Monitoring the European Central Bank 1″, CEPR.
(3) Bagehot, Walter (1873), Lombard Street, Henry S King and Co.
(4) Deutsche Bank (2011). Financial data supplement, October.

* Il testo in lingua originale è pubblicato su Vox.

** Charles Wyplosz, PhD ottenuto alla Harvard University, è professore di Economia Internazionale all’Istituto di Studi Internazionali di Ginevra dal 1995. E’ direttore dell’International Centre for Monetary and Banking Studies di Ginevra ed è stato consulente di Banca Mondale, FMI e dell’Harvard Institute for International Development.
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