Penso che Renata Polverini si sarebbe dovuta dimettere tempo fa. Non una settimana fa. Non appena è esploso lo scandalo Fiorito. Ma molto prima, mesi prima. Per una banale e drammatica questione di cattivo governo.
Lo pensavo due giorni fa, lo credo ancora di più oggi, dopo averla ascoltata. Dimissioni anticipate ci avrebbero, prima di tutto, risparmiato orrende metafore e triviali paragoni. Abbiamo scoperto, infatti, di esserci addirittura sfracellati come la Concordia mentre le ostriche viaggiavano numerose e lunghe (?) in consiglio regionale. Un’immagine surreale, degna di una mal riuscita imitazione di Dalì. Ostriche e sfracellamenti. Ma c’è di peggio, c’è l’ultima, accorata, ammissione della (ormai) ex governatrice. In questi anni è stata, ha confessato, una donna in gabbia. Non era una presidente libera.
Ecco. Credevo fosse solo poco brava, inadeguata. Invece era pure schiava. Chissà come avrà preso le principali decisioni, chissà con che spirito avrà agito. Schiava. Priva, quindi, di capacità di discernere. Incapace di prendersi una vera responsabilità. Oltretutto bugiarda. Perché, come ha ammesso, solo una persona libera, quale è diventata oggi, può parlare, raccontare i fatti a suo dire allucinanti che ha visto. E coperto. E accettato. E taciuto.
No. Non bastava la cattiva presidenza. Era pure minacciata.
Dite ai ghostwriter della Polverini di non guardare Romanzo criminale mentre le stanno scrivendo il discorso di chiusura.