Non fa breccia l'offerta di accorpamento del presidente Bernazzoli ai vicini piacentini che attendono dalla Cassazione l'ammissibilità della consultazione referendaria. Anche se sullo sfondo del riordino imposto dal governo Monti si profila una tripartizione: Romagna unica provincia, Bologna città metropolitana, e un'entità territoriale dell'Emilia Occidentale da Piacenza a Modena
Le Province vanno verso la razionalizzazione, ma sembra che in pochi gradiscano l’idea di apparentamenti con i territori vicini. Almeno nell’Emilia. I tempi per il via libera al piano di riordino degli enti sono stretti, visto che entro il 4 ottobre le varie proposte dovranno essere presentate alla Regione Emilia Romagna, ma dopo mesi di concertazione ancora sono poche le certezze di come saranno ridisegnate le province a ovest di Bologna.
Parma, dopo lunga riflessione, ha optato per aprire la porta alla vicina Piacenza. Una scelta quasi obbligata, ha fatto capire il presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli presentando l’ordine del giorno in consiglio provinciale, visto che tutte le altre ipotesi, per un motivo o per l’altro, sono state scartate. “Avremmo potuto rimanere in piedi anche da soli, visto che l’ampiezza e la peculiarità del nostro territorio lo consentirebbero – ha ammesso Bernazzoli (Pd) – ma in un’ottica di razionalizzazione abbiamo valutato la possibilità di allargarci a Piacenza, cercando un accordo con la Provincia vicina, che ha trovato una certa disponibilità”.
Peccato che per Piacenza la strada dell’unione con Parma sia solo un “piano B”, subordinato all’idea di un referendum per il distacco della provincia dall’Emilia Romagna e l’annessione alla Lombardia. Dopo una seduta fiume, lunedì sera il consiglio provinciale ha infatti votato entrambe le proposte: quella della consultazione diretta per passare alla Lombardia, e quella dell’accorpamento con la Provincia di Parma. La richiesta di referendum, che sarà trasmessa ai 48 sindaci del territorio, al presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani, e a quello della Lombardia Roberto Formigoni, sarà depositata dai consiglieri Filippo Bertolini (Pdl) e Thomas Pagani (Lega Nord) all’Ufficio centrale referendum della Corte di Cassazione. Se sarà accettata, allora saranno i cittadini di Piacenza a decidere il futuro della loro Provincia. In caso contrario invece, l’ipotesi di un territorio che riunisca insieme le due città emiliane diventerà concreta.
La decisione a Parma è passata all’unanimità in consiglio provinciale non senza qualche rammarico, tra cui quello per la mancata unione che in una delle proposte avrebbe dovuto riguardare le province emiliane di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena. “L’idea di una provincia dell’Emilia Occidentale necessitava di una forte collaborazione e noi in questi anni abbiamo portato avanti protocolli d’intesa che hanno riguardato la ricerca, l’università, i distretti economici e le fiere – ha chiarito il presidente Bernazzoli – Di tutto questo però, molto è rimasto sulla carta e non ha portato a risultati concreti che forse, in questa fase, avrebbero fatto la differenza”.
A ben guardare, l’idea di unirsi alla Provincia di Parma o di creare un ente a quattro è stata rifuggita da Modena e da Reggio Emilia, più orientate a un gemellaggio. E infine anche da Piacenza, che ora si trova divisa tra Lombardia ed Emilia Romagna. “Abbiamo riscontrato l’indisponibilità a questo progetto da parte di Modena e Piacenza” ha ammesso Bernazzoli, prima di illustrare la scelta dell’ente di piazzale della Pace. “Con Piacenza invece alla fine siamo riusciti a trovare una affinità che ci permette di avviare questo percorso, intanto che si definiscano competenze, ruolo, funzioni e governance di queste nuove Province” .
Il destino di Parma dipenderà in sostanza da quello della vicina Piacenza, e quindi anche dall’eventuale referendum sull’annessione alla Lombardia. Tuttavia, lo sguardo della città ducale rimane aperto alla “costituzione di un ente di area vasta comprendente le attuali Province di Parma, Piacenza, Modena e Reggio Emilia, che nel futuro, insieme con la costituenda provincia della Romagna e la nascita della città metropolitana di Bologna, configuri un modello istituzionale regionale più al passo coi tempi e in linea con le dinamiche di integrazione europea”.
Una prospettiva, quella del fronte emiliano, abbracciata anche da Modena, che però come scelta prioritaria ha espresso l’unione alla vicina Reggio Emilia. Il presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini e il sindaco di Modena Giorgio Pighi hanno invitato i colleghi della Provincia e del Comune reggiani Sonia Masini e Domenico Delrio a concorrere per “sostenere presso la Regione la nascita di un ambito territoriale frutto della fusione delle nostre due province”, pur ammettendo che il processo di riforma avrebbe meritato una più meditata riflessione. E la risposta dalla vicina città emiliana dovrebbe arrivare a giorni. Secondo Sabattini e Pighi l’unione di Modena e Reggio Emilia, dai confini dunque non troppo vasti, sarebbe solo “una prima tappa, non conclusiva, ma l’avvio di un processo nuovo che può essere ricompreso dentro ad una prospettiva che guarda ad un ambito emiliano”.