L’austerità è stata necessaria vista la situazione nella quale si trovava l’Italia solo un anno fa, ma oggi vi è un’altra emergenza alla quale non si può rispondere con la sola austerità.
La crisi Alcoa, la chiusura di migliaia di piccole e medie imprese, la caduta della produzione industriale segnalano una sofferenza profonda nel settore industriale in Italia. La lunga crisi non è ancora finita e forse solo a fine 2013 si avrà una ripresa dell’economia italiana che per ora è in una gravissima recessione.
E’ il momento di fare una riflessione importante su quella che da anni costituisce la strategia dei riformatori/modernizzatori in Italia (ma anche in molti altri paesi avanzati). Riassumiamo questa strategia in poche righe, visto lo spazio di questo blog, ma certo servirebbe molto più spazio per rendere giustizia a un disegno che in parte è stato condiviso da importanti istituzioni italiane e internazionali.
1. I mercati sono il sistema più efficiente di allocazione delle risorse e di selezione dei progetti economici
2. Per assicurare la crescita economica è fondamentale per ogni paese avere dei mercati che funzioni al meglio, servono quindi authorities forti per tutelare la concorrenza, per far rispettare regole certe, per difendere i consumatori e gli investitori
3. La concorrenza è il vero sistema mediante il quale si può migliorare il sistema economico: più concorrenza significa che le imprese meno efficienti, meno innovative, parassitarie vengono eliminate dal mercato (falliscono, chiudono) e in questo modo si accresce la produttività media del sistema. Le risorse liberate dalle aziende inefficienti che chiudono sono riallocate (se appunto i mercati sono concorrenziali) verso usi più efficienti e promettenti. Il paese cresce in questo modo.
4. L’Italia è tra i paesi nei quali c’è un deficit di concorrenza in molti settori e quindi prevalgono aziende e strutture inefficienti, non innovative, parassitarie. Questo si traduce in prezzi più alti per i consumatori e per le altre imprese che acquistano i prodotti del settore non concorrenziale come input per le loro produzioni (si pensi al settore dei servizi legali o al settore del gas naturale). L’intero sistema economico finisce per avere un livello di sviluppo più basso rispetto a paesi nei quali i mercati sono più aperti e competitivi. (So che arriveranno osservazioni del tipo: ci vorrebbe il monopolio statale, ci vorrebbe il comunismo in Italia! Ma la storia ha dimostrato come il monopolio statale sia la peggiore soluzione organizzativa possibile dal punto di vista economico, chi abbia visitato Cuba, la Corea del Nord sa bene cosa sia la miseria di massa generata dal comunismo).
5. Un corollario di questa ricetta è che bisogna far sì che i consumatori possano scegliere, che tutti gli operatori possano scegliere. E’ insomma la domanda che può modellare l’offerta. Se c’è concorrenza, la domanda dei consumatori può di fatto selezionare chi merita e punire chi non merita. Il sistema economico conoscerebbe così un processo darwiniano di selezione della specie.
6. Le riforme strutturali derivano da questa tipo di analisi. Si deve consentire ai mercati, tutti i mercati, di funzionare. Il mercato del lavoro, il mercato del credito e della finanza, il mercato dei prodotti, il mercato della proprietà delle imprese, il mercato dei servizi, il mercato dell’istruzione e così via. I paesi che hanno aperto e liberalizzato i propri mercati negli anni pre-crisi sono quelli che sono cresciuti di più (l’OCSE ha pubblicato moltissima evidenza empirica su questo nesso causale).
7. Ma di fronte alla crisi dell’industria italiana, davanti al tracollo di interi comparti, in presenza delle difficoltà di milioni di partite iva, di piccoli imprenditori, di lavoratori autonomi, di professionisti, di tecnici e così via, siamo certi che questa strategia incentrata sulla domanda sia ancora valida? Siamo certi che basti consentire ai consumatori di scegliere per poi avere la soluzione del problema dalla bassa crescita?
Tornerò su questo tema, quindi ora voglio solo sollevare il problema.