Sorride Miuccia. Cosa che fa di rado, e non certo perché gli affari vadano male. Sarà perché è in buona compagnia, intendo dei suoi benefattori, Franca Sozzani, Anna Wintour, Suzy Menkes (nell’ordine la direttrice di Vogue Italia, la zarina di Vogue America e l’autorevole voce dell’Herald Tribune, nonché il “bigodino” di capelli più temuto del fashion business). Sorride beffarda a Michael Roberts, ex editor di The New Yorker, che la mette in mostra nella “One-T-Shirt Exposition” in Corso Como 10.

E’ finita, finalmente. Cosa ci rimarrà negli occhi delle 71 sfilate e delle 146 collezioni della fashion week milanese ? Scarpe con zeppone incamminabili o le gonne ballon portate con gli short. Le modelle attaccapanni ambulanti (qualcuna più in carne si è vista, grazie al cielo) o il toy boy di Sharon Stone, colta da malanno e ricoverata in ospedale. Ci ricorderemo, anzi, speriamo di dimenticarlo in fretta il pancione di Raffaella Fico che sfila e il debutto in passerella della consigliera regionale Nicole Minetti. Nulla di male che sfili ma che lo faccia mostrando in tutta la sua grandeur il lato B, è discutibile.

Una ruga per amica. Dice di essere fiera delle rughe celebrative dei suoi primi 60 anni ma nella pubblicità per la “Isabella Rossellini bag” si è affidata a un photoshop che grida vendetta e le toglie 30 anni (e credibilità).

Le magliette con il sorriso di Miuccia Prada in mostra in Corso Como 10

Per i non addetti ai lavori. Ci vorrebbe un dizionario: cut out, clutch, flagship, curvy revolution, upgrade, needlepoint, leisurewear…

L’ultima che ho sentito è il twist, ossia il drappeggio couture. E chi saranno mai le It Girls? Poi ho letto di seta polverosa, di chiffon “croccante” e di vernice spalmata. La moda, che adesso si fa chiamare concettuale, ha le sue licenze di linguaggio e licenziosità ma Ie giornaliste di moda se la raccontano fra di loro.

Contaminazioni (è la parola più abusata) optical, african, i sixties tirano come una locomotiva psichedelica…

Polemiche a non finire. Ma perchè la moda italiana commissiona quasi sempre campagne pubblicitarie scattate all’estero?

Avanti i giovani. E adesso facciamo calare il Silenzio Stampa, è il nome della collezione della creativa Alice Visin, pezzi unici fatti a mano da lei, utilizzando carta stampata di scarto accartocciata nella cera e nel lino. Adesso sappiamo i giornali dove vanno a finire!

C’è una moda salva/crisi. Disegnava tessuti per un setificio comasco che rischia la chiusura. Allora Carlo Galli si è detto: “Mo’ mi faccio da me” e si è reinventato con “Individuals”, costumi e lingerie anti-Victoria Secret.

Voleva fare la fisica Anna Ceccon, ha invece sfilato fra i New Upcoming designer a Castello Sforzesco, ultimo appuntamento del calendario della moda, quando i buyers che contano erano già volati a Parigi. Sembrerebbe un dispetto ma la sua Moi Multiple, tutta un gioco di laser, lo stesso ha fatto il botto.

Donne che aiutano le donne. Fra tanta moda esiste anche un’altra moda, quella disegnata da Marina Spadafora. Si chiama “Les auteur du monde”, realizzata in Nepal. Parte dei proventi vanno al Day Care Center dell’associazione Kimbeshan che assiste i bambini delle mamme lavoratrici. Giovanna Stefanel, ex direttore artistico della Stefanel (E’ rimasta nel cda, perché i vestiti sono nel suo dna) ha invece creato “Musumusu” una collezione in cashmere realizzata da donne nepalesi.

Questa è una moda che fa bene al cuore. Una moda che non passerà mai di moda.

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