Circa 4mila lavoratori dell’Ilva del primo turno hanno aderito allo sciopero indetto da Cisl e Uil per oggi (e che proseguirà domani) allo stabilimento dell’Ilva di Taranto. Una reazione che segue il no del gip Patrizia Todisco al piano aziendale di risanamento e alla richiesta di poter procedere al minimo di produzione. Gli operai hanno bloccato le strade statali Appia,vicino alla Direzione dello stabilimento, e la statale Jonica. Alcuni momenti di accesa discussione e di tensione si sono verificati vicino alla portineria A dello stabilimento di Taranto dove il “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti” ha cercato di convincere gli operai a non occupare le strade e a non aderire a una manifestazione “strumentalizzabile” dall’azienda.
Tensioni tra Fiom da una parte e Fim e Uilm dall’altra
Ma lo sciopero, che è stato proclamato solo dalle sigle dei metalmeccanici di Cisl e Uil (Fim e Uilm), riceve anche le critiche della Cgil, per bocca del segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini: “E’ uno sciopero che ha delle ambiguità”. dice a Radio 24. “Avevo proposto alle altre organizzazioni sindacali di fare assieme le assemblee dei lavoratori – dice – invece che proclamare uno sciopero. Hanno detto di no. Così c’è il rischio di fare uno sciopero inutile che contesta scelte della magistratura. Tra l’altro Fim e Uil nei loro comunicati dicono cose diverse. Invece bisogna mettere i lavoratori nelle condizioni di discutere, non bisogna dividerli. Per salvare il lavoro, obiettivo di tutti i lavoratori dell’Ilva, l’azienda si deve impegnare a fare investimenti cospicui”. Già in mattinata la Fiom aveva chiesto a Fim e Uilm di sospendere lo sciopero per non “ingenerare confusione e pericolose divisioni tra i lavoratori”. A stretto giro di posta la Fim aveva chiarito: “Alcuni strumentalmente pensano erroneamente che la nostra controparte sia la magistratura. Noi non abbiamo mai contrastato, né messo in discussione le prerogative della magistratura, anzi, abbiamo sempre considerato un valore la sua autonomia, ma riteniamo necessario tener conto, anche dei riflessi sociali che può eventualmente determinare”.
In ogni caso sono stati organizzati blocchi davanti ai cancelli dell’Ilva per evitare l’uscita del prodotto finito e l’entrata dei materiali che servono per la lavorazione dell’acciaio. Hanno partecipato centinaia di persone che si riconoscono nel Comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”. All’autista di un autotreno fermato dai manifestanti con il suo carico di materiali davanti alla portineria C è stato chiesto come avesse fatto a superare il blocco stradale in atto poco lontano da parte degli operai di Fim e Uilm. “Ho detto loro che dovevo scaricare – ha risposto il camionista – e mi hanno fatto passare”. “Ciò significa – ha commentato uno dei leader della protesta del Comitato – che i sindacati sono dalla parte di Riva e che il loro sciopero non ha alcuna motivazione”.
Il comitato cittadino contro lo sciopero
Come detto momenti di tensione si sono vissuti anche quando alcune centinaia di persone aderenti al “Comitato” è stato bloccato dalle forze dell’ordine mentre in corteo, guidato da un veicolo a tre ruote, cercava di avvicinarsi agli operai dell’Ilva. Dopo una trattativa con i responsabili dell’ordine pubblico, il leader del Comitato, Cataldo Ranieri, dipendente Ilva, è salito sul motofurgone – fermo a pochi metri dal blocco stradale – e ha tenuto un breve comizio. Ha poi invitato i dirigenti di Film e Uilm a intervenire per rappresentare i motivi dell’azione sindacale, da lui non condivisa. Ha accettato l’invito il responsabile locale della Uilm, Antonio Talò. Il suo intervento, teso in particolare a trovare un’azione unitaria, è stato però subissato in gran parte dai fischi degli aderenti al Comitato. Al termine i “Cittadini liberi e pensanti” si sono allontanati di alcune decine di metri dal blocco stradale.
“Siamo riusciti a convincere tantissimi lavoratori – ha detto Ranieri – fino a 700-800. Altri non hanno aderito e sono rimasti in fabbrica. Il volantino dei sindacati non ha senso. Non c’è nessuna controparte. La nostra controparte è Riva, non è la magistratura che sta facendo gli interessi nostro e delle nostre famiglie e ha dato allo Stato e alla famiglia Riva una via d’uscita per mettere a posto gli impianti come si fa in tutti i posti d’Europa. Noi non abbiamo bisogno di perizie e della magistratura per conoscere i veleni sprigionati all’interno dell’azienda. Siamo disposti a portare questo casino pacifico a Roma. Il ministro Clini continua a volerci far scegliere tra vita e lavoro. Ma noi a questa scelta non ci stiamo”.
Il governo accelera: “Domani il documento sull’Aia”
Il governo cerca di accelerare (peraltro detto di una vicenda incancrenita da anni appare singolare): “Credo che domani avremo il documento – spiega il ministro Corrado Clini – poi avremo le procedure previste dalla legge e così la conferenza dei servizi, e avremo finalizzato” la relazione per l’autorizzazione integrata ambientale, l’agognata Aia che potrebbe definire parte dei problemi. Il ministro dell’Ambiente è tornato sulla pronuncia di ieri del gip: “Stiamo continuando a fare quanto programmato – ha dichiarato Corrado Clini – Stiamo lavorando per il rilascio dell’Aia applicando la legge italiana e le direttive europee, in particolare prevedendo che Ilva debba adeguare i propri impianti ai migliori standard europei”. “Non c’è una risposta al gip – dice – c’è la conferma del lavoro che stiamo facendo, applicando la legge. Concluderemo questo lavoro nei prossimi giorni e poi rilasceremo l’Aia”. E replica ancora a quell’espressione (“mercanteggiare”) utilizzata dal magistrato nel provvedimento all’interno delle movitazioni della misura: “Mi auguro che il gip, quando dice questo, non si riferisca al governo – puntualizza Clini – perché sarebbe fuori luogo. Stiamo applicando la legge e l’applicazione spetta per le norme italiane e per le direttive Ue al Ministro dell’ambiente. Un decreto del governo a risolvere la questione? Non c’è bisogno, l’unico atto legale e vincolante per l’impresa è un atto ordinario, ovvero l’Aia”.
La Procura: “Le procedure ora vanno avanti e sono inevitabili”
Di certo c’è che dopo l’ennesima pronuncia di un tribunale a questo punto tira dritto la Procura di Taranto. “Non so l’Ilva che tipo di ricorsi deciderà di presentare – ha detto stamani il procuratore capo Franco Sebastio – Se non ci saranno modifiche ai provvedimenti esistenti le procedure andranno avanti e saranno inevitabili”. “Le procedure – ha aggiunto il procuratore – sono complesse e bisogna evitare, ove possibile, di danneggiare irreversibilmente gli impianti, così come indicato dal tribunale del riesame”. Sebastio ha anche commentato il provvedimento del giudice Todisco: “Non è vero che l’Ilva ha chiesto di produrre al minimo, non lo ha specificato. E poi lo stesso presidente Ferrante aveva detto che mantenendo la produzione al minimo l’inquinamento sarebbe aumentato”. In ogni caso la magistratura tarantina vuole stringere i tempi: “C’è un’inchiesta in corso – afferma – per la quale puntiamo ad arrivare rapidamente alla conclusione e valutare l’opportunità di chiedere i rinvii a giudizio e abbiamo il sequestro preventivo degli impianti a cui bisogna dare esecuzione. Sono gli organi tecnici, ovvero i custodi, che devono indicare modalità e tempi”.
Azienda impugna decisione del gip
L’Ilva ha in ogni caso fatto sapere che impugnerà dinanzi al tribunale il provvedimento del gip Patrizia Todisco. Lo ha detto il presidente dell’azienda, Bruno Ferrante, intervistato dall’emittente Telenorba. “Una decisione molto dura, molto severa” quella del gip, dice Ferrante.