Il pregiudizio è sano e aiuta a vivere. Non sono il primo a dirlo, sarò sempre l’ultimo a smentirlo. Ho sempre diffidato di chi sostiene il contrario. Voglio dire: mica pensiamo che bisogna ascoltare tutte le barzellette di Berlusconi per capire che non fanno ridere, o sorbirsi tutto il chiacchiericcio quotidiano della televisione nazional-popolare per esternare un prurito di insofferenza in proposito?
Mentre tutto il mondo enologico nelle ultime settimane si dedica sostanzialmente a tre temi: la sublime paraculaggine del vino “libero” di Farinetti, le anticipazioni dalle guide di prossima uscita (di cui ogni anno il 2.0 decreta la morte e il superamento con un pizzico di arroganza) e i fantasiosi criteri di selezione alla base del “Best Italian Wine Awards” (qui un solo appunto: ma quest’ansia continua dell’elite eno-gastronomica di legittimare il loro dominio d’influenza non è un tantino goffa?), proprio dal brusio televisivo, immagini irripetibili riempiono quel calderone agonizzante chiamato Rai. E mi sembra il caso di tracciare una linea sulla sabbia.
A Uno Mattina un paio di settimane fa Adua Villa ha presentato il suo libro da “leggere in un sorso”, ovvero Una sommelier per amica. Vediamola.
Ora, la bella e un po’ ingessata Adua Villa avrà l’autoironia sufficiente per accettare qualche colpo di satira – che comunque fa bene alle 193 visualizzazioni sul tubo e ai 0 commenti del suo intervento – e mi permetterà di ironizzare non tanto sulla questione (in odor di marketing) che ha fatto il corso da sommelier come astemia affascinata dal mondo del vino, per poi cominciare a bere e sentirsi in dovere di scrivere un libro, ma sulla solita esigenza pedagogica di scrivere qualcosa “per chi non sa nulla di vino”. Non contenta dei brividi che mi scorrono lungo la schiena lei approfondisce e io sintetizzo: un libro per i principianti e per i curiosi pensato dopo un periodo tra Canada e Stati Uniti che l’ha imbevuta di pragmatismo (!). Non ho ben capito ma me ne faccio una ragione.
Magari leggendo il libro scoprirò di sbagliarmi tremendamente, ma il vino raccontato così sarà ideale per le comparsate televisive, lo small talking aziendale e probabilmente anche per un adattamento hollywoodiano con Cameron Diaz e le sue louboutin nel ruolo della protagoniste (fornisco idee preziose e nefaste…) ma questa declinazione ostentatamente antiprofessionale ha davvero stancato. Non è snobismo o adorazione della nicchia, ma salvaguardia della dignità con cui la cultura del vino si è costruita, tra le sue illimitate contraddizioni, un sistema di valori e di conoscenza che non pare bello imbarbarire così.
Vedremo che ne uscirà fuori: Il libro sarà il 3 ottobre “nelle migliori librerie”. Quelle peggiori pare si astengano. La questione rimane: ma noi abbiamo davvero bisogno di un altro libro sul vino? E di una sommelier per amica?