Secondo The Guardian, il Dipartimento municipale per la stampa e l'editoria avrebbe invitato gli editori della capitale a cancellare le pubblicazioni degli autori giapponesi o quelle che semplicemente abbiano il Giappone come tema. L'autorità governativa cinese ha però smentito la notizia
Il 2012 doveva essere l’anno del 40° anniversario dei rapporti “amichevoli” tra Cina e Giappone. E proprio ieri avrebbe dovuto tenersi una cerimonia pubblica per commemorarlo. Tuttavia i due Paesi al momento, ammette la Beijing Review, non sembrano essere dell’umore giusto per festeggiare. Lo scontro si è spostato dalla politica alla cultura. La popolare libreria internazionale del distretto di Wangfujing a Pechino, dall’inizio di questa settimana ha rimosso dai propri scaffali l’edizione cinese dell’ultimo bestseller del popolare scrittore giapponese Haruki Murakami, 1Q84. Come riporta poi l’agenzia di stampa di Tokyo Jiji Press, lo stesso sarebbe avvenuto per tutti gli altri libri di autori giapponesi disponibili in traduzione. Interpellato dalla stessa agenzia, un addetto alla vendita della libreria ha dichiarato: “Non so esattamente il motivo. Forse è perché le relazioni tra Cina e Giappone non sono buone”. In un’altra grande libreria della capitale nel distretto di Xidan, invece, rimangono ancora alcune copie di qualche bestseller nipponico.
Secondo il quotidiano britannico The Guardian, e il giapponese Asahi Shimbun, il Dipartimento municipale per la stampa e l’editoria della città di Pechino avrebbe invitato gli editori della capitale a cancellare le pubblicazioni degli autori giapponesi o quelle che semplicemente abbiano il Giappone come tema. L’autorità governativa cinese ha però smentito la notizia. La disputa sulle isole Diaoyu/Senkaku – piccolo arcipelago di otto isolotti conteso tra Cina, Giappone e Taiwan recentemente nazionalizzato dal governo centrale di Tokyo – avrà ripercussioni anche sull’altra sponda del bacino di mare che separa la seconda e la terza economia mondiale. Questa volta a farne le spese sarà il cinema. Il prossimo 20 ottobre prenderà il via nella capitale giapponese la 25esima edizione del Tokyo International Film Festival, grande appuntamento per l’industria cinematografica asiatica. Per il vincitore sono in palio 50 mila dollari. Uno dei film in concorso, Floating City del regista Yim Ho, coproduzione tra Hong Kong e Pechino, è stato ritirato dalla competizione. Una decisione presa “in seguito a problemi sollevati da parte della produzione”, si legge in un comunicato ufficiale riportato ancora dal Guardian.
1905 del regista Kiyoshi Kurosawa, un’altra coproduzione – stavolta sino-giapponese -, sarebbe anch’essa a rischio. Le riprese del film sarebbero dovute iniziare a Taiwan a novembre, ma il tutto è stato posticipato a data da destinarsi. Il film, che in un modo o nell’altro coinvolge tutte le parti interessate dal conflitto sulle isole Diaoyu/Senkaku, è ambientato tra il Guangdong in Cina e la città di Yokohama in Giappone ai primi del Novecento, quando il Giappone era la mecca degli intellettuali asiatici che volevano modernizzare il proprio Paese. Immagine che oggi evidentemente non esiste più. Tuttavia, appena dieci anni fa, il trentesimo anniversario dei rapporti Cina-Giappone era stato una festa, tra incontri diplomatici, spettacoli di teatro tradizionale giapponese – il No – all’Opera di Pechino, auspici di una cooperazione futura sulla base di una “relazione di amicizia” tra Tokyo e Pechino.
Sembrano passati secoli dal 2002: oggi le relazioni tra i due Paesi sono in fase di stallo. Circa due settimane fa, all’apice delle manifestazioni anti-giapponesi tenutesi in moltissime città della Cina continentale, alcuni colossi dell’industria giapponese – Toyota e Honda per il settore metalmeccanico; Canon e Panasonic per il comparto tecnologico – avevano deciso di chiudere i loro stabilimenti per qualche giorno in seguito a veri e propri “sabotaggi” ai loro impianti produttivi. In risposta, da parte cinese, sono arrivate le iniziative di boicottaggio del made in Japan e gli inviti della stampa più vicina al Partito comunista a imporre “sanzioni” commerciali al Giappone. Dopo la nazionalizzazione del piccolo arcipelago delle Diaoyu/Senkaku da parte del governo giapponese, Pechino e Tokyo hanno ingaggiato una lotta su tutta la linea su chi tra i due si dimostrerà più forte, soprattutto in vista dei prossimi rispettivi appuntamenti politici – il XVIII congresso del Partito comunista cinese e le elezioni in Giappone, previste ad agosto 2013.
di Marco Zappa