Di professione fa la prostituta. Ma, a 25 anni, è anche attivista e segretario del sindacato del lavoro sessuale. Ora ha scritto un pamphlet “Libérez le féminisme!” nel quale prende di mira le associazioni che si battono per i diritti delle donne: "Combattono per l'accesso a privilegi di classe senza mettere in discussione l’esistenza stessa di questi privilegi"
Di cognome fa Merteuil, in onore alla Marchesa delle “Relazioni pericolose”, libertina e abile manovratrice dei suoi amanti. Di nome Morgane. La professione, scrive sul suo account Twitter, è quella di puttana, attivista, femminista, segretario del sindacato del lavoro sessuale, lo Strass fondato in Francia nel 2009. 25 anni, Morgane ha cominciato a lavorare come prostituta a 22. La sua è stata una scelta, lo ripete più volte nel corso dell’intervista: ha abbandonato il lavoro da cameriera –pagato male – e ha deciso di mettersi in proprio prostituendosi su Internet. Ora si dedica completamente al lavoro dello Strass e ha scritto un pamphlet “Libérez le féminisme!” uscito in Francia la settimana scorsa. La Merteuil prende di mira le associazioni femministe francesi, in particolar modo una, la storica “Ni putes ne soumises” (né puttane né sottomesse) la cui colpa – spiega – è quella di imporre da decenni “un’unica e sola immagine della donne, mainstream e borghese”.
Partiamo dal libro. Perché il femminismo deve essere liberato? E da cosa?
Il femminismo istituzionale non si preoccupa di affrontare e risolvere molti problemi come quello dell’egemonia della classe bianca, borghese e eterosessuale. E’ vero le organizzazioni femministe difendono la parità dei diritti ma – come ho scritto nel mio libro – si limitano a combattere affinché le donne possano accedere a privilegi di classe senza mettere in discussione l’esistenza stessa di questi privilegi. Sono spesso troppo morbide nei riguardi del potere ma è proprio questo potere che crea le discriminazioni verso le donne.
Lei propone un modello di “femminismo plurale”. In cosa consiste?
Sono molto critica nei confronti delle associazioni come “Ni putes ni soumises” e “Osez le féminisme”perché impongono un unico modello di emancipazione della donna. La loro propaganda, costruita fondamentalmente attorno al principio di dignità della donna, erige un solo modello di emancipazione di cui tutte noi dovremmo, secondo loro, far parte. Dunque, le persone che si vogliono emancipare in un altro modo – ad esempio attraverso il sesso o decidendo di indossare il velo – vengono totalmente disprezzate da questo tipo di femminismo. Io vorrei un femminismo plurale che ammetta, riconosca e difenda anche altri modi di emanciparsi. Non tutte le donne aspirano necessariamente alle stesse cose, alcune, ad esempio, possono amare il sesso. E sì, prostituirsi può essere un modo di riappropriarsi della propria sessualità e del proprio corpo.
Sta dicendo che prostituirsi è una forma di emancipazione?
Non è una forma assoluta di emancipazione ma relativa. Relativa alle condizioni in cui si esercita e si è scelto di farlo. Voglio dire, la prostituzione non è la via attraverso la quale una donna si deve emancipare. E’ un modo di sopravvivere come un altro, non dico sia meglio o peggio di un altro lavoro. Il concetto è che ognuno deve poter scegliere il modo di liberarsi. E questo può avvenire anche attraverso il lavoro sessuale.
Ma la maggioranza delle prostitute – come lei saprà – non ha scelto di farlo. Nel suo libro si parla poco di sfruttamento della prostituzione.
Il nostro sindacato combatte da anni questo problema, lotta contro l’obbrobrio morale, la schiavitù, il traffico di essere umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini. Lo Strass è un luogo di riflessione e elaborazione di un modello di lavoro sessuale autogestito e scelto. Nel mio pamphlet mi sono voluta concentrare su come il femminismo istituzionale affronta il concetto di prostituzione e di prostituta. Come ho scritto, noi siamo pro-sesso, pro-porno, pro-puttane e per la libertà di portare il velo. Tutte le femministe dovrebbero lottare affinché ciascuna donna possa essere rispettata a prescindere dalla scelta che decide di fare.
Voi chiedete le dimissioni di Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle donne, che sta lavorando a una legge che punisce i clienti.
L’abolizionismo è una posizione paternalista e non ha alcun senso. Non farà altro che rendere il lavoro delle prostitute ancora più pericoloso. Al ministro Belkacem chiediamo di ritirare questo progetto di legge. Ai ministri del lavoro, della giustizia e dell’interno chiediamo l’abrogazione del reato di adescamento passivo, che tra l’altro il Partito socialista promette di fare da mesi.
Lei perché ha cominciato a prostituirsi?
Ero all’università, lavoravo in un bar ma guadagnavo veramente poco. Un giorno, avevo 22 anni, ho scoperto che facendo la escort a domicilio potevo diventare totalmente indipendente e lavorare quando volevo. Così ho iniziato. Ora mi dedico unicamente al Sindacato e alla militanza.