Come una bomba a orologeria, torna la minaccia dell’insostenibilità del sovraffollamento delle carceri. E il Presidente Napolitano parla di possibili amnistie e indulti. Che tuttavia non sono rimedi duraturi e aumentano i crimini, come mostra l’evidenza empirica. Costruire nuove carceri è necessario, ma le risorse economiche scarseggiano e manca la volontà politica di realizzare opere che nell’immediato non possono dare risultati da spendere elettoralmente. Le valide soluzioni, però, non mancano: dal braccialetto elettronico per i condannati meno pericolosi alla depenalizzazione.
di Giovanni Mastrobuoni* (lavoce.info)
Ci risiamo. Passati sei anni dall’ultimo indulto del 2006, il Presidente della Repubblica torna a parlare di indulto e di amnistia. Era prevedibile visto che dal dopoguerra a oggi ci sono stati amnistie e indulti in media ogni cinque anni.
Motivo? Il sovraffollamento delle carceri. Ma è dalla metà degli anni ‘80 che l’aumento del numero di crimini (e quindi di detenuti), quadruplicati dal dopoguerra a oggi senza che venisse aumentata la capienza carceraria, genera uno squilibrio tra ingressi e uscite dalle carceri italiane che porta a un inevitabile sovraffollamento.
Chi esce di prigione e ci ritorna
Indulti e amnistie rappresentano soluzioni di breve periodo che non modificano lo squilibrio tra ingressi e uscite a meno che coloro che escono a seguito dell’indulto siano poi meno propensi a ricommettere dei crimini, cosa di cui non c’è ancora evidenza empirica. È dai tempi delle analisi del giudice Tartaglione che tale evidenza suggerisce invece che la recidiva, cioè la probabilità di finire nuovamente in carcere a seguito di una scarcerazione, non varia in modo sostanziale tra chi viene liberato a seguito di un indulto o di una amnistia e chi invece viene liberato una volta scontata la pena.
Che cosa significa questo per il cittadino? Significa che a seguito di indulti e amnistie aumentano i crimini. C’è ampia evidenza di questo effetto, e per un certo verso giustifica la precedente carcerazione. Infatti, se non ci fosse alcun effetto sulla criminalità, andrebbe rivisto l’intero sistema carcerario perché significherebbe che vengono tenute in carcere persone che non rappresentano alcun pericolo per la società.
Ma non si può neanche far finta che non ci sia un problema di sovraffollamento e mantenere lo status quo cheviola i diritti civili dei detenuti. Un carcere sovraffollato pone dei seri vincoli alla rieducazione dei detenuti: le sale comuni (biblioteche, aule studio, etc.) vengono spesso adibite a dormitori; il lavoro all’interno delle carceri scarseggia; si riduce l’attenzione dedicata a ogni singolo detenuto da medici e personale carcerario proprio quando aumenta il loro malessere, che purtroppo troppo spesso degenera in atti autolesionistici. Anche per questo la costruzione di nuove carceri, concepite con l’intento di creare un ambiente rieducativo, va valutato positivamente.
È chiaro che nel breve periodo è alquanto difficile costruire nuove carceri. E qui il problema sta sicuramente nella scarsità di fondi pubblici, ma anche nella miopia dei governi degli ultimi 30 anni. Costruire carceri significa per un governo fare investimenti il cui costo deve essere finanziato oggi ma i cui benefici vengono raccolti solo dopo molti anni e forse da forze politiche di un diverso schieramento. Inoltre il costo derivante da un aumento dei crimini lo paga prima di tutto il cittadino (in quanto vittima), poi lo stato (in quanto tutore dell’ordine pubblico). Tutto ciò genera una propensione al mantenimento dello status quo che si traduce in una bomba a orologeria che i governi si passano e che potrebbe scoppiare in un qualsiasi momento.
Né di destra né di sinistra
Che cosa fare? Occorrerebbe affrontare la questione giustizia con un approccio più scientifico e meno ideologico. Costruire nuove carceri non significa essere di destra o di sinistra ma significa riconoscere che c’è uno squilibrio che va risolto. Oltre al Piano carceri messo in atto dagli ultimi due governi (che ha aumentato la capienza carceraria da 43 mila a 46 mila posti letto tra il 2006 e il 2012), c’è la possibilità di incidere sui flussi in entrata e in uscita dalle carceri. È possibile pensare alla depenalizzazione di alcuni crimini (quelli meno costosi dal punto di vista sociale), così come è possibile fare un maggior utilizzo di sanzioni alternative al carcere, magari anche con l’aiuto delle nuove tecnologie, come per esempio il braccialetto elettronico. Tolta la costruzione di nuove carceri, le possibili soluzioni hanno in comune una più efficace separazione dei detenuti meno pericolosi (che usufruirebbero delle pene alternative) da quelli più pericolosi (che rimarrebbero in carcere). Ed è qui che gli indulti e le amnistie dal 1990 in poi hanno mostrato gravi mancanze. Il Codice penale vieta che indulti e amnistie vengano applicati ai recidivi, cioè coloro che hanno dimostrato una certa persistenza nel commettere dei crimini, proprio con l’intento di selezionare i criminali socialmente meno pericolosi. Ebbene, a partire dal 1990 questa norma è rimasta lettera morta e indulti e amnistie sono stati estesi anche ai recidivi. Se indulto e amnistia risultassero le uniche opzioni, auspico che il legislatore mantenga almeno in vita una selezione dei detenuti meno pericolosi.
*Giovanni Mastrobuoni insegna Economia Applicata al Collegio Carlo Alberto.Ha ottenuto il dottorato di ricerca all’Universita’ di Princeton, negliStati Uniti nel 2006. Inoltre ha ricevuto il John Heinz Dissertation Award 2007 come migliore tesidi dottorato in ambito di Economia del Welfare e il premio di laurea Angelo Costa della Rivista di Politica Economica.
Lavoce.info
Watchdog della politica economica italiana
Giustizia & Impunità - 29 Settembre 2012
Scontare la pena, ma non in una galera
Come una bomba a orologeria, torna la minaccia dell’insostenibilità del sovraffollamento delle carceri. E il Presidente Napolitano parla di possibili amnistie e indulti. Che tuttavia non sono rimedi duraturi e aumentano i crimini, come mostra l’evidenza empirica. Costruire nuove carceri è necessario, ma le risorse economiche scarseggiano e manca la volontà politica di realizzare opere che nell’immediato non possono dare risultati da spendere elettoralmente. Le valide soluzioni, però, non mancano: dal braccialetto elettronico per i condannati meno pericolosi alla depenalizzazione.
di Giovanni Mastrobuoni* (lavoce.info)
Ci risiamo. Passati sei anni dall’ultimo indulto del 2006, il Presidente della Repubblica torna a parlare di indulto e di amnistia. Era prevedibile visto che dal dopoguerra a oggi ci sono stati amnistie e indulti in media ogni cinque anni.
Motivo? Il sovraffollamento delle carceri. Ma è dalla metà degli anni ‘80 che l’aumento del numero di crimini (e quindi di detenuti), quadruplicati dal dopoguerra a oggi senza che venisse aumentata la capienza carceraria, genera uno squilibrio tra ingressi e uscite dalle carceri italiane che porta a un inevitabile sovraffollamento.
Chi esce di prigione e ci ritorna
Indulti e amnistie rappresentano soluzioni di breve periodo che non modificano lo squilibrio tra ingressi e uscite a meno che coloro che escono a seguito dell’indulto siano poi meno propensi a ricommettere dei crimini, cosa di cui non c’è ancora evidenza empirica. È dai tempi delle analisi del giudice Tartaglione che tale evidenza suggerisce invece che la recidiva, cioè la probabilità di finire nuovamente in carcere a seguito di una scarcerazione, non varia in modo sostanziale tra chi viene liberato a seguito di un indulto o di una amnistia e chi invece viene liberato una volta scontata la pena.
Che cosa significa questo per il cittadino? Significa che a seguito di indulti e amnistie aumentano i crimini. C’è ampia evidenza di questo effetto, e per un certo verso giustifica la precedente carcerazione. Infatti, se non ci fosse alcun effetto sulla criminalità, andrebbe rivisto l’intero sistema carcerario perché significherebbe che vengono tenute in carcere persone che non rappresentano alcun pericolo per la società.
Ma non si può neanche far finta che non ci sia un problema di sovraffollamento e mantenere lo status quo cheviola i diritti civili dei detenuti. Un carcere sovraffollato pone dei seri vincoli alla rieducazione dei detenuti: le sale comuni (biblioteche, aule studio, etc.) vengono spesso adibite a dormitori; il lavoro all’interno delle carceri scarseggia; si riduce l’attenzione dedicata a ogni singolo detenuto da medici e personale carcerario proprio quando aumenta il loro malessere, che purtroppo troppo spesso degenera in atti autolesionistici. Anche per questo la costruzione di nuove carceri, concepite con l’intento di creare un ambiente rieducativo, va valutato positivamente.
È chiaro che nel breve periodo è alquanto difficile costruire nuove carceri. E qui il problema sta sicuramente nella scarsità di fondi pubblici, ma anche nella miopia dei governi degli ultimi 30 anni. Costruire carceri significa per un governo fare investimenti il cui costo deve essere finanziato oggi ma i cui benefici vengono raccolti solo dopo molti anni e forse da forze politiche di un diverso schieramento. Inoltre il costo derivante da un aumento dei crimini lo paga prima di tutto il cittadino (in quanto vittima), poi lo stato (in quanto tutore dell’ordine pubblico). Tutto ciò genera una propensione al mantenimento dello status quo che si traduce in una bomba a orologeria che i governi si passano e che potrebbe scoppiare in un qualsiasi momento.
Né di destra né di sinistra
Che cosa fare? Occorrerebbe affrontare la questione giustizia con un approccio più scientifico e meno ideologico. Costruire nuove carceri non significa essere di destra o di sinistra ma significa riconoscere che c’è uno squilibrio che va risolto. Oltre al Piano carceri messo in atto dagli ultimi due governi (che ha aumentato la capienza carceraria da 43 mila a 46 mila posti letto tra il 2006 e il 2012), c’è la possibilità di incidere sui flussi in entrata e in uscita dalle carceri. È possibile pensare alla depenalizzazione di alcuni crimini (quelli meno costosi dal punto di vista sociale), così come è possibile fare un maggior utilizzo di sanzioni alternative al carcere, magari anche con l’aiuto delle nuove tecnologie, come per esempio il braccialetto elettronico. Tolta la costruzione di nuove carceri, le possibili soluzioni hanno in comune una più efficace separazione dei detenuti meno pericolosi (che usufruirebbero delle pene alternative) da quelli più pericolosi (che rimarrebbero in carcere). Ed è qui che gli indulti e le amnistie dal 1990 in poi hanno mostrato gravi mancanze. Il Codice penale vieta che indulti e amnistie vengano applicati ai recidivi, cioè coloro che hanno dimostrato una certa persistenza nel commettere dei crimini, proprio con l’intento di selezionare i criminali socialmente meno pericolosi. Ebbene, a partire dal 1990 questa norma è rimasta lettera morta e indulti e amnistie sono stati estesi anche ai recidivi. Se indulto e amnistia risultassero le uniche opzioni, auspico che il legislatore mantenga almeno in vita una selezione dei detenuti meno pericolosi.
*Giovanni Mastrobuoni insegna Economia Applicata al Collegio Carlo Alberto.Ha ottenuto il dottorato di ricerca all’Universita’ di Princeton, negliStati Uniti nel 2006. Inoltre ha ricevuto il John Heinz Dissertation Award 2007 come migliore tesidi dottorato in ambito di Economia del Welfare e il premio di laurea Angelo Costa della Rivista di Politica Economica.
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Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Fulco Pratesi ha saputo non solo denunciare i mali che affliggono l'ambiente ma ha saputo esercitare una grande funzione pedagogica di informazione e formazione sui temi ambientali. Personalmente ricordo il grande contributo di consigli e di indicazioni durante il periodo in cui sono stato ministro dell'Ambiente e in particolare per l'azione che condussi per la costituzione dei Parchi nazionali e per portare la superficie protetta del paese ad un livello più europeo. Ci mancherà molto". Lo afferma Valdo Spini, già ministro dell'Ambiente nei Governi Ciampi e Amato uno.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Le immagini che arrivano dalla città di Messina, dove si sono verificati scontri tra Forze dell'Ordine e manifestanti nel corso di una manifestazione no ponte, mi feriscono come messinese e come rappresentante delle istituzioni. Esprimo tutta la mia solidarietà alle Forze dell'Ordine e all'agente ferito, cui auguro una pronta guarigione, e condanno fermamente quanto accaduto. Esprimere il proprio dissenso non autorizza a trasformare una manifestazione in un esercizio di brutalità”. Lo afferma la senatrice di Fratelli d'Italia Ella Bucalo.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - “Inaccettabile quanto accaduto oggi a Messina in occasione del corteo contro la costruzione del Ponte sullo Stretto. Insulti, intolleranza, muri del centro imbrattati con scritte indegne, violenze contro le Forze dell’Ordine. È assurdo manifestare con simili metodi, coinvolgendo personaggi che nulla possono avere a che fare con il normale confronto democratico. Ferma condanna per quanto accaduto, e solidarietà alle Forze dell’Ordine che hanno gestito con grande professionalità i momenti più tesi della giornata”. Così Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata messinese di Forza Italia.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Siamo orgogliosi della nostra Marina militare italiana che, con il Vespucci, ha portato nel mondo le eccellenze e i valori del nostro Paese. Bentornati a casa: la vostra impresa, che ho avuto la fortuna di poter vivere personalmente nella tappa di Tokyo, è motivo di vanto per ogni italiano. Grazie!” Così il capogruppo della Lega in commissione Difesa alla Camera Eugenio Zoffili.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Di fronte a quanto sta avvenendo nel mondo, agli stravolgimenti geopolitici e all’aggressione subita ieri alla Casa Bianca dal presidente ucraino, troviamo gravi e fuori luogo le considerazioni dei capigruppo di Fdi. Non è una questione di contabilità ma di rispetto verso il Parlamento. E in ogni caso la premier Meloni è venuta a riferire in Parlamento solo prima dei Consigli europei, come hanno fatto tutti gli altri suoi predecessori, perché era un suo dovere. E da oltre un anno e mezzo non risponde alle domande libere di un Premier time in Aula. Oggi siamo di fronte ad una gravissima crisi internazionale e alla vigilia di un Consiglio europeo che dovrà prendere decisioni importanti per l’Ucraina e per l’Europa. Dovrebbe essere la stessa Giorgia Meloni a sentire l’urgenza di venire in Aula per dire al Paese, in Parlamento, non con un video sui social, da che parte sta il Governo italiano e quale contributo vuole dare, in sede europea, per trovare una soluzione". Lo affermano i capigruppo del Pd al Senato, alla Camera e al Parlamento europeo Francesco Boccia, Chiara Braga e Nicola Zingaretti.
"Per questo -aggiungono- ribadiamo la nostra richiesta: è urgente e necessario che la presidente del Consiglio venga in Aula prima del Consiglio europeo del 6 marzo. Non si tratta di una concessione al Parlamento, che merita maggior rispetto da parte degli esponenti di Fdi e di Giorgia Meloni che continua a sottrarsi al confronto”.
(Adnkronos) - "La scomparsa di Fulco mi addolora profondamente. Con lui ho condiviso anni di passione e impegno per la tutela dell’ambiente: io come presidente del Wwf Italia dal 1992 al 1998 (e membro del Board internazionale con il principe Filippo), lui come figura guida e poi presidente onorario dell’associazione, dopo la breve parentesi politica che lo aveva tenuto lontano. Fulco è stato un punto di riferimento per tutti noi che ci siamo dedicati alla salvaguardia della natura. Le sue idee, la sua capacità di coinvolgere e di trasmettere amore per la biodiversità resteranno un esempio prezioso". Lo afferma Grazia Francescato, già presidente dei Verdi e del Wwf Italia, ricordando Fulco Pratesi.
"Insieme -ricorda- abbiamo sognato e lavorato per un mondo più giusto e sostenibile, dividendoci persino la stessa scrivania pur di coordinare al meglio le nostre iniziative. In questo momento di grande tristezza voglio ricordarlo come un uomo coerente e generoso, che non ha mai smesso di credere nella forza delle idee e nell’importanza di agire in difesa del nostro pianeta. Ai suoi familiari e a tutti coloro che gli hanno voluto bene va il mio sentito cordoglio. Fulco resterà sempre nel mio cuore e in quello di tutti coloro che l’hanno conosciuto e hanno collaborato con lui. Il suo insegnamento e la sua dedizione alla natura continueranno a ispirare il nostro lavoro e le prossime generazioni".
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Vicinanza e solidarietà da parte di Fratelli d’Italia alle forze dell’ordine che anche oggi sono state bersaglio di violenze ingiustificate da parte dei soliti professionisti della violenza ormai sempre più coccolati dalla sinistra locale, che questa volta hanno cercato di colpire la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'Università bolognese alla presenza del ministro Bernini e al rettore, a cui va la nostra vicinanza”. Così Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.