Eppure, nonostante il battage prevalentemente auto-prodotto dai mezzi di informazione, i numeri inquietano un poco i boss dell’azienda di Cupertino: ‘solo’ 5 milioni di pezzi venduti negli Usa nei primi 3 giorni di vendite, sono sotto le aspettative (allo stesso tempo c’è un ritardo nelle scorte che rallenta le vendite). La perfetta macchina di produzione-pubblicità-vendita è frenata in parte dalle proteste dei lavoratori della Foxconn, la multinazionale con base cinese che produce i componenti elettronici di iPhone, iPad e tanti altri prodotti occidentali. I “Cipputi cinesi”, così soprannominati dalla stampa italiana, hanno scioperato per migliori condizioni di lavoro e di salario, dopo esser divenuti famosi per il ripetuti casi di suicidio nella fabbrica (dove, nei periodi di maggior produzione, lavorano studenti universitari arruolati all’uopo).
Ma questo non scalfisce l’immagine – levigata come la superficie di un iPhone – della Apple, e dei prodotti creati – e rimpiazzati a ritmo sempre più sostenuto – dal “genio dell’era contemporanea” Steve Jobs, icona di imprenditoria e creatività senza confini il cui spirito aleggia sopra tutte le tecnologie di massa che vengono dalla California. E non importa se i cip e i circuiti che fanno funzionare l’iPhone valgano poche decine di dollari (tanto che la Apple guadagna per ogni esemplare venduto centinaia di dolllari) e il resto del valore venga dalle forme e dal packaging con il quale viene diffuso. Dopo le file per l’iPhone 5, ci si prepara all’attesa del 6, eccetera…
Il Fatto Quotidiano, 29 Settembre 2012