Més que un club’, più che una semplice società di calcio, è il motto del FC Barcellona, che nella storia è stato simbolo della resistenza antifranchista, del nazionalismo catalano e, ultimamente, di un modo diverso di fare calcio: sia in campo, con il calcio totale di matrice olandese, sia fuori, con la decisione di puntare sullo sviluppo del settore giovanile. Ma quando il Barcellona ha deciso di intervenire anche nel conflitto tra Palestina e Israele, ha rischiato di cadere in una spirale politica di ripercussioni e boicottaggi troppo difficili da sostenere, anche per chi si vanta di essere più di una semplice squadra di calcio. Tutto è cominciato mercoledì, quando il Barça ha comunicato che avrebbe invitato come ospite d’onore allo stadio Camp Nou, ad assistere alla partita del 7 ottobre contro il Real Madrid, l’ex soldato israeliano Gilad Shalit.

Apriti cielo. Shalit fu infatti catturato dalle milizie palestinesi nel giugno del 2006, e da allora tenuto prigioniero a Gaza. E poi liberato dopo sei anni di prigionia nell’ottobre dello scorso anno, in seguito ad un accordo tra Hamas e Israele, in cambio della consegna di un migliaio di detenuti palestinesi. “Siamo increduli di vedere la nostra società esprimere simpatia e solidarietà verso l’unico soldato israeliano imprigionato negli ultimi anni, e allo stesso tempo rimanere silente davanti ai 4.600 palestinesi ancora imprigionati in Israele”, hanno protestato i tifosi con una petizione di oltre 600 firme. La protesta si è subito allargata, con minacce di ritorsioni e boicottaggi nei confronti della squadra. L’associazione dei ‘Prigionieri di Gaza’ ha emesso un comunicato in cui era scritto: “Invitare Shalit è un nuovo tentativo di coprire i crimini sionisti col pretesto dello sport. Come può un club così rispettabile invitare un assassino e criminale come Shalit per mostrargli rispetto e onorarlo?”.

I media dei Territori Occupati hanno deciso che non avrebbe più parlato del Barça nei loro notiziari. E l’ufficio stampa del primo ministro di Hamas a Gaza, Ismail Haniye, in un comunicato ha condannato la presenza dell’ex soldato al Camp Nou e ha esortato il club a impedirla. Immediato è arrivato il passo indietro della società, che ha smentito che l’invito a Shalit fosse arrivato in seguito alle pressioni dell’ex ministro laburista israeliano Itzhak Herzog – come precedentemente affermato da un dirigente del club – e che ci fosse l’intenzione di onorare l’ex soldato prima del fischio d’inizio. Poi il Barcellona è corso ulteriormente ai ripari, qualche giorno dopo, cercando di salvare la faccia con un comunicato del vicepresidente Carles Vilarrubi, in cui era scritto che non si trattava di un invito deciso dal Barcellona, bensì di una specifica richiesta presentata da Shalit, che ora lavora come commentatore sportivo del quotidiano israeliano Yediot Aharonot. E poi che, per la partita contro il Real Madrid, la società ha anche accettato la richiesta d’invito di una delegazione palestinese: l’ambasciatore Musa Amer Odeh; il presidente della federcalcio Jibril Rajoub; e Mahmoud al-Sarsak: la giovane promessa del calcio palestinese ingiustamente arrestata e detenuta nelle carceri israeliane, che ha rischiato di morire per uno sciopero della fame prima di essere rilasciata in seguito alle pressioni internazionali.

Ma è arrivata la notizia del rifiuto di Mahmoud al-Sarsak (nella foto a destra) di andare al Camp Nou, dopo quello che è stato evidentemente un invito riparatore last minute. “Vedere la partita insieme a Shalit significherebbe mettere sullo stesso piano la vittima con il carnefice – ha detto Mahmoud all’agenzia cinese Xinhua -. Quando Shalit è stato arrestato e incarcerato stava cercando di ammazzare la mia gente, mentre io sono stato arrestato mentre uscivo dalla Striscia di Gaza per andare a giocare a pallone, senza aver intenzione di uccidere nessuno. Non mi sembra corretto mettere sullo stesso piano le nostre storie”. E così, nonostante il tentativo del Barcellona di rimediare, la situazione rimane tesa. Forse per il Barça sarebbe meglio rimanere una società di calcio e basta, altro che ‘més que un club’.

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