Quando ho ascoltato, in occasione del “Festival di teatro Asti 32”, che si svolgeva preso il Teatro Alfieri-città di Asti, il recital di una giovanissima e promettente soprano, Lisa La Pietra, dedicata a quattro protagoniste del teatro operistico, Mimì, Violetta, Donna Elvira, la Regina della Notte, sono riuscito a capire fino in fondo quello che, da frequentatore del teatro d’opera, avevo intuito ‘da sempre’: la compenetrazione tra l’identità femminile e il mito della cantante che si afferma nella modernità.
Compenetrazione, riproposta in due romanzi contemporanei, nella geniale riscrittura della Tosca pucciniana in Vissi d’amore, di Paola Capriolo, una delle nostre scrittrici e traduttrici più affermate e nel racconto La rivale dello scrittore francese contemporaneo Eric-Emmanuel Schmitt.
Nel romanzo di Paola Capriolo l’invenzione letteraria più suggestiva sta nella riscoperta del diario del Barone Scarpia; tutti gli avvenimenti sono rivisitati dal punto di vista del difensore dell’ordine costituito, il Barone Scarpia che non può limitarsi a reprimere il crimine ma deve anche essere in grado di prevenirlo. E la minaccia più insidiosa e trasgressiva viene portata proprio da Floria Tosca in quanto cantante. In una sua invettiva il Barone arriva fino al punto di privilegiare la meretrice rispetto alla cantante, in fondo la funzione della meretrice è ancora ‘interna’ all’ordine costituito mentre quella della cantante si svolge completamente all’esterno.
Nel caso del racconto di Eric-Emmanuel Schmitt, ad essere in questione non è solo la cantante in generale ma colei che ha saputo personificarla fino all’estremo, Maria Callas. Nella discografia essenziale di Maria Callas commentata dall’autore si recita: “Maria Callas sembra uscita dritta dritta da una tragedia greca. La voce non le viene fuori dalla bocca, ma dalla pancia. Intensa, imperiosa, potente, perentoria, la Callas fa suoi i sentimenti, incarna i drammi. Mai cerca di schivare, mai prova ad imbrogliare. Se la cantante resta in piedi, l’attrice si rotola per terra”. Ed ancora più avanti: “Maria Callas ha la capacità di proiettare tutta un’anima in un suono”. E nella scheda concernente la Tosca con l’orchestra e il coro del Teatro alla Scala di Milano diretti da Victor de Sabata: “Nelle nostre storie della musica deve esserci un errore cronologico: sicuramente Puccini conosceva Maria Callas quando ha scritto la Tosca. E’ lei! Non soltanto Floria Tosca si addice talmente alla sua voce che riuscirà a cantarla anche quando non ne avrà più, ma il carattere ardente, irrazionale, appassionato e più che femminile dell’una si confonde con l’identico carattere dell’altra”.
In entrambi i casi, in Floria Tosca e in Maria Callas, il canto e la voce diventano sintomi di una condizione straordinaria, che si può tradurre filosoficamente nella formula ‘la voce come evento’ e ‘luogo’ in cui l’identità femminile può dare espressione a una delle sue molteplici declinazioni, proprio quello che sono riuscito ad attingere ascoltando la giovane soprano.